giovedì, ottobre 03, 2019

RIDE: QUANDO LA COLONNA SONORA DIVENTA PERSONAGGIO. INTERVISTA AD ANDREA BONINI E MASSIMILIANO MARGAGLIO



Uno dei film più sorprendenti del 2018 è stato sicuramente Ride diretto da Jacopo Rondinelli  e scritto e supervisionato dal duo Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, già registi e autori dell’ottimo Mine del 2016. Ride si presenta come un’opera estremamente innovativa nel panorama cinematografico italiano, girato interamente con delle go pro, seguendo la tecnica del found footage, mette in scena, tra dinamiche action ed estetica da videogioco, il travagliato rapporto tra l’uomo e la tecnologia, muovendosi allo stesso tempo all’interno di un territorio naturale che moltiplica dicotomie e domande. L’intero film è accompagnato dalle musiche di Andrea Bonini  e di Massimiliano Margaglio, che proprio per la loro indole elettronica finiscono per abbandonare il ruolo di semplice contrappunto alle immagini assumendo estrema rilevanza, alla stregua di un personaggio della narrazione, ed inserendosi perfettamente nelle tematiche trattate in RIDE. Proprio con i due autori ho avuto modo di intraprendere una piacevolissima chiacchierata…


Volevo sapere prima di tutto come è nata la vostra collaborazione?

Andrea Bonini: Io venivo da Mine e avevo già capito che ci sarebbe stata una mole di lavoro assurda da portare a termine, sia come colonna sonora che come musica diegetica. Infatti nel film ci sono un sacco di musiche che escono dagli altoparlanti, dai monoliti, dai caschi per esempio;  E in più c’era un lavoro da fare sul“sound-branding” della Black Babylon, come  i pulsanti, i jingle dei personaggi. Quindi ho detto “mi faccio affiancare” e Massimiliano avrebbe sicuramente potuto darmi una mano.



Massimiliano Margaglio: Io e Andrea ci siamo conosciuti in università, studiavamo allo stesso corso, scienze e tecnologie della comunicazione musicale, un corso della statale di Milano, circa dieci anni fa. All’inizio eravamo conoscenti poi dopo aver fatto Mine lui mi ha contattato per una consulenza per fare un suo sito internet. Da lì riscoprendoci entrambi appassionati di musica elettronica  ci siamo mandati un po’ di roba trovando immediatamente dei legami e delle idee comuni, così abbiamo deciso di fare un progetto electro pop, slegato dall’idea delle colonne sonore. Dopo poco Andrea mi ha detto che lo avevano contatto Fabio&Fabio, i registi di Mine e che avevano bisogno musiche elettroniche, 8 bit per un nuovo film e che a lui ero venuto in mente io. Abbiamo deciso di fargli sentire qualcosa e di mandargli un po’ di materiale electro, chiptune e loro si sono gasati e da lì è partita la collaborazione anche per la colonna sonora del film.  

 In Ride viene trattato il rapporto tra l’uomo e la tecnologia che lo circonda, e in tal senso la vostra musica  si inserisce perfettamente in tale tematica, visto il vostro stile.  Volevo sapere se in qualche modo tutto questo ha influenzato la realizzazione dei vostri brani o il tutto è stato concepito in maniera separata

AB: È stato un ibrido, nel senso che avevamo degli input precisi, e dovevamo un po’ andare dietro a tutto l’immaginario che stavano costruendo, quindi a questa commistione tra look da videogioco, un po’ anni 90 con tratti anni 80 e suonini 8bit. Un mix di tutti questi elementi ha portato al risultato finale. Fabio e Fabio supervisionano molto la realizzazione delle colonne sonore, eravamo  liberi di spaziare e proporre le nostre idee ma l’ultima parola aspettava a loro.  Liberi di muoverci nel recinto che avevano costruito.

MM: C’è stato un lavoro di integrazione massima fin da subito. Non c’è nulla di svincolato tra musica, concetti del film, scene etc. Per questo poi tutto funziona,  perché è tutto un amalgama  sia come sincro tra suoni e immagini, che come concept delle scene. C’è stata tutta una parte di lavoro sul sound design, volto a caratterizzare il suono del monolite ma anche quello di quando vincono e perdono. Suoni tutti ideati in modo calcolato. La musica diventa personaggio sia perché ha temi ricorrenti che identificano momenti più adrenalinici, di paura, e parti più thriller ma anche perché c’è la creazione del personaggio monolite che avviene un po’ attraverso il suo suono, quasi ci fosse un’ operazione di sound branding sulla Black Babylon. L’organizzazione massonica ha una sua identità che è stata studiata a tavolino come se fosse un’azienda che chiede sound branding appunto, quindi ha un logo sonoro che la identifica per tutto l’arco del film.

Legandomi alla domanda precedente, un’altra cosa che  ho notato è la forte amalgama che si è creata tra immagini e suoni nel corso dell’intero film.  Il perfetto incastro tra il montaggio frenetico e serrato e il ritmo sostenuto della maggior parte dei brani, fin da quello iniziale che accompagna l’apertura della pellicola. Questa simbiosi è stata frutto di una richiesta nei vostri confronti da parte del regista o avete lavorato in totale autonomia, e  si è creata quindi a posteriori solamente in fase di montaggio?

AB: Tutte e due i casi.  A volte montavano su musiche che gli avevamo dato noi, mentre altre eravamo noi a dover seguire il girato. Il fatto che questa amalgama tra musica e montaggio si evidenzi più nella prima parte è dovuto al fatto che questa è quella più sportiva, in cui il rapporto tra immagine e suono si avvicina maggiormente all’estetica da videoclip, poi a mano a mano che abbandonano le bici e si scatena il delirio nel bosco il tutto vira più verso una colonna sonora classica.

MM: Diciamo che c’è stata una prima fase del lavoro in cui c’erano poche immagini e tanta fantasia. Si discuteva molto e si andava di immaginazione per cui  parte dei brani sono stati fatti prima di capire su cosa andavano effettivamente montati. C’è stato quindi più un lavoro dei montatori sulle musiche. In una seconda parte invece avevamo scene addirittura con il montaggio finale e abbiamo lavorato noi sulle immagini, componendo perfettamente in sincro anche come bpm. Quindi accadono un po’ entrambe le cose.

Una domanda per Andrea. Tu hai lavorato alla realizzazione anche delle musiche di Mine, il precedente film di Guaglione e Resinaro, che rispetto a Ride è un film decisamente più “statico” svolgendosi per quasi tutta la sua durata in un solo luogo. Come è stato lavorare alle musiche di due film, da questo punto di vista diametralmente opposti? E quali differenze hai riscontrato?

AB: Lavorarci è stato proprio l’opposto. Mine essendo un film statico bisognava “tenerlo su” con un commento tra virgolette emozionale, quindi con un appalto di archi e pianoforti, quasi melò, molto melodrammatico come accompagnamento, tutto molto classico . Ride è tutto l’opposto, è un film più “punk”, tutto cinetico, con meno emozione e più adrenalina, quindi ha richiesto una musica maggiormente dinamica e diretta. 

Volevo sapere come cambia il vostro approccio nella creazione della vostra musica in base all’utilizzo a cui sarà successivamente destinata,  e se in tal senso il fatto  che essa sia utilizzata in ambito cinematografico vi porta a lavorare in maniera differente sui brani.

AB: Sicuramente una musica che deve stare in piedi da sola richiede attenzioni in alcuni punti della struttura, per esempio nelle melodie. Paradossalmente applicando la musica sulle immagini invece ti accorgi che a volte devi andare di sottrazione, perché l’immagine è talmente forte che basta poco per sostenerla. Questa è una grossa differenza. Inoltre lavorando ad una colonna sonora devi tener conto che quello che stai facendo deve andar bene anche per il regista, il produttore e che deve essere coerente e commentare per tutto il film. È un impegno superiore anche a livello di tempo.

MM: Cambia tutto, nel senso che per quello che riguarda la musica su commissione molto dipende da chi la chiede, in questo caso Fabio Guaglione ha seguito la parte di direzione artistica anche per le musiche , quindi è stato abbastanza presente dando delle informazioni molto precise su quello che volevano. Quindi abbiamo seguito una modalità di composizione atta a sfornare quello che volevano il regista (Jacopo Rondinelli) e i produttori  artistici. C’erano quindi delle indicazioni abbastanza precise. Comporre musica invece senza indicazioni mirate, non legata quindi all’ambito cinematografico, se vuoi è un po’ più complicato da un certo punto di vista perché non hai un soggetto a cui ispirarti, parti da zero. Comporre per un film invece ti permette tramite le immagini di avere già una base , pur essendo per certi versi un impegno superiore.

Come nasce uno dei vostri brani? In qualche modo seguite un modus operandi ben preciso dividendovi dei compiti o vi lasciate andare più all’estro del momento? 

AB: Ognuno ha portato le sue caratteristiche ma  ovviamente alla fine la parola d’ordine era “ibridiamo tutto”. Ci sono pezzi fatti completamente da uno o dall’altro ma la maggior parte sono fatti a quattro mani scambiandoci i file e rielaborandoli insieme.  

MM: Inizialmente  si lavorava in modo indipendente e ognuno proponeva delle idee,  poi queste venivano manipolate da entrambi in fase successiva. Magari c’era un seme iniziale che poteva essere un riff su cui poi sviluppavamo il resto del brano. Chi faceva un pezzo mandava all’altro gli stems  in audio o in midi e dall’altra parte avvenivano degli accorgimenti. Comunque uno scambio assiduo di parti fino a quando trovavamo una quadra. Avevamo comunque due ruoli definiti:  Andrea è un compositore, un arrangiatore;  io più sound designer, pop elettronico e magari rifacevo il sound design di giri che aveva creato lui,o piuttosto lui lavorava sull’arrangiamento di mie idee.  È stato un po’ un mix di queste cose.

In Babylon rave e  in Welcome to Phase Three  c’è una forte commistione tra cori rituali e musica elettronica, come sono nati questi brani?

AB: Abbiamo seguito un po’ il discorso che i produttori e il regista stavano portando avanti. Il loro intento era di partire con i riders ipertecnologici e ma man mano che il film si sviluppa ritornare invece ad un immaginario più antico con i rituali e le maschere. Noi con i pezzi finali abbiamo cercato di unire le due anime: voci “massoniche” un po’ alla Eyes Wide Shut, con sotto una base un po’ più industrial per dare voce appunto a tutte le varie sfaccettature del film, l’antico e il tecnologico.

MM: L’idea era di creare un qualcosa simile alla musica di un rave però in cui c’è un rituale, la prima versione era senza voci ma con dei pad. Il concept comunque era di fare un qualcosa di abbastanza inquietante 

Resident green room è il brano che probabilmente si distanzia maggiormente da tutti gli altri. Potete parlarmi della sua realizzazione?

AB: È un brano di musica diegetica che esce dagli altoparlanti del bunker in cui si ritrovano i personaggi, in questa stanza un po’ anni 70. E lì è stata proprio una richiesta del produttore Fabio Guaglione di realizzare una musica tranquilla ispirata alle musiche di Resident Evil, da cui anche il nome del brano, in particolare a quelle  delle schermate di salvataggio.  Musiche stranianti e al tempo stesso concilianti, come se i personaggi nel bunker entrassero in una schermata di salvataggio di un videogioco.

MM: In quel punto è come se ci fosse una pausa anche nel film, infatti i personaggi sono “fuori” dalla gara in quel momento. Il riferimento alla musica di Resident Evil è ben congeniato e si inserisce all’interno di una serie di rimandi che hanno proprio il videogioco come punto focale. 

Avete in mente di proseguire la vostra collaborazione? E se sì , siete già al lavoro su progetti futuri?
AB e MM. CI siamo trovati bene a lavorare insieme, e a scambiarci idee. Sicuramente c’è l’idea di continuare questa collaborazione e di sviluppare una produzione che vada oltre il progetto della colonna sonora di Ride, sia legata al mondo del cinema che non. 
Andrea Ravasi













1 commento:

Elena Frankly ha detto...
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