Dogtooth
di
Yorgos Lanthimos
con
Christos Stergioglou, Michele Valley, Angeliki Papoulia
Grecia,
2009
genere:
drammatico, grottesco, thriller
durata:
93’
Il
secondo lungometraggio del regista greco Yorgos Lanthimos ha finalmente trovato
lo spazio adeguato per essere portato nelle sale cinematografiche italiane, a
distanza di ben 11 anni. Grazie al successo della sua ultima fatica “La
favorita”, presentato lo scorso anno a Venezia e che ha fatto ricevere il
premio oscar ad Olivia Colman come miglior attrice protagonista, anche
“Dogtooth” arriva nelle sale per essere gustato e forse apprezzato da un
pubblico più vasto. Si vocifera anche che presto uscirà pure “Alps”,
lungometraggio successivo.
Trovare
le parole per descrivere “Dogtooth” e scrivere una recensione non è un compito
semplice.
Etichettato
come “capolavoro surrealista”, il film di Lanthimos ha il grande pregio di
lasciare a bocca aperta qualsiasi spettatore. E riesce in questo grazie alle
immagini, ai dialoghi, alle situazioni e alla tecnica completamente fuori dagli
schemi.
La
sinossi della vicenda può anche essere semplice. Una coppia con tre figli più
che adolescenti vive all’interno di una grande casa con giardino e piscina.
Apparentemente sembrano condurre una vita tranquilla e normale, ma in realtà
sono tutti segregati all’interno delle mura domestiche (fatta eccezione per il
giardino e la piscina, appunto). I genitori, e soprattutto il padre,
impartiscono loro lezioni di vita che i figli considerano la normalità, ma che
sono completamente assurde. Emblematica a tal proposito la scena iniziale, con
la quale veniamo immediatamente immersi nella storia. I tre figli (dei quali
non sappiamo il nome, così come per i genitori) ascoltano insieme un nastro
registrato dalla madre che tenta di insegnare loro nuovi vocaboli, dando però
delle definizioni fuori dall’ordinario. Da questa scena inizia a svilupparsi la
storia, accompagnando i vari personaggi e le loro azioni. Una storia che non
segue un vero e proprio filo logico, ma anzi sembra mostrare delle “sensazioni”
se così si possono definire.
Dalle
inquadrature “mozze” ai dialoghi sconclusionati in molti frangenti, dalle
dinamiche assurde allo sviluppo dei personaggi che rimangono delle creature,
per certi aspetti, estranei alla faccenda, soprattutto a causa dell’assenza del
nome e della mancanza di un background che permetta allo spettatore di
comprendere perché si trovano in quella situazione e perché il padre (e la
madre) abbia deciso di agire in questo preciso modo con i figli.
Sono
tanti gli spunti che un film come “Dogtooth” mostra e ogni sequenza e
inquadratura meriterebbe un approfondimento particolare perché ricca di
significati nascosti, così come il titolo stesso che richiama il canino che, in
base ai racconti del padre, rappresenta il passaggio alla cosiddetta “vita
adulta”, permettendo a chi lo perde di potersene andare di casa e condurre una
vita propria.
Scene
forse eccessive, spinte, esagerate e sicuramente non adatte ad un pubblico
qualsiasi che, anzi, come detto, rimane interdetto e sconcertato al termine.
Dopo un’ora e mezza di situazioni disturbanti e surreali, ci si trova di fronte
ad un finale aperto che solo da una parte dà uno spiraglio di positività e
speranza, ma dall’altro fa capire come tutto sia comunque vincolato a
prescindere da tutto.
Una
storia sicuramente non per tutti e che merita un’attenzione particolare perché
“Dogtooth” non è un film che si lascia guardare con facilità. Anzi, fa storcere
il naso ai più, ma nasconde dentro di sé un potere molto più forte. E pensare
che era solo l’inizio del genio di Lanthimos.
Veronica Ranocchi
4 commenti:
Per me ancora oggi una delle sue opere più interessanti e più stimolanti. Bellissimo e sono contenta che, dati i successi successivi, sia stato riproposto al cinema.
in questi ultimi 20 anni ci hanno raccontato che per avere più sicurezza bisogna avere meno libertà.
il film racconta in modo perfetto questo scambio, niente libertà in cambio della sicurezza totale.
gran film!
@In The Mood For Cinema: sono d'accordo. Sicuramente un'opera interessante. E anche io sono molto felice che abbiano finalmente capito le potenzialità dell'autore e abbiamo messo in programmazione nelle sale questo film (e a breve anche il successivo)!
@Ismaele esattamente. E se si pensa che il film ha 11 anni, ma è ancora più che attuale, la cosa spaventa anche un po'...
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