Beckett
di Ferdinando Cito
Filomarino
con John David
Washington, Alicia Vikander, Vicky Krieps
Italia, Brasile, 2021
genere: thriller
durata: 108’
Solo contro tutto e
tutti. Ecco cos’è “Beckett”. Il film di Ferdinando Cito Filomarino disponibile
su Netflix e con protagonista John David Washington.
La storia è apparentemente
semplice. Washington è Beckett, un giovane americano in vacanza con la
fidanzata April in Grecia. Tutto sembra procedere nel migliore dei modi fino a
un incidente in auto: Beckett, per la troppa stanchezza, si addormenta alla
guida; l’auto nella quale si trovano lui e la fidanzata precipita e quest’ultima
perde la vita. Lui, invece, sopravvive. Da quel momento nulla sarà più come
prima. L’uomo si troverà a fuggire da chiunque, civili e non, alla disperata
ricerca dell’ambasciata americana.
Quella davanti alla quale
lo spettatore si trova guardando “Beckett” è una vera e propria caccia all’uomo.
Il protagonista è completamente solo e abbandonato a sé stesso, non può contare
su nessuno e non può fidarsi di nessuno. Inizialmente cerca di trovare supporto
e conforto, ma capisce subito che non può né fidarsi né essere aiutato perché
chiunque gli si avvicini per prestargli soccorso è destinato a subire
importanti e gravi ripercussioni.
A mescolarsi nella
storia, oltre allo smarrimento di Beckett (e con lui anche dello spettatore) ci
sono varie tematiche. Quello che nasce come “semplice” thriller è in realtà
qualcosa di più. Accanto alle (dis)avventure del protagonista si vanno a
mescolare questioni politiche, sociali e tanto altro che Filomarino cerca di
condensare in quasi due ore.
Ciò che colpisce, però,
in primo luogo, è l’asetticità che, invece di essere un punto a sfavore, è un
qualcosa di positivo. Beckett è un uomo qualunque che, come sottolineato anche
nel film stesso, si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Accanto a
lui niente, nel senso che il luogo nel quale si ritrova è la Grecia, ma
potrebbe essere qualsiasi altro luogo. L’unico elemento che caratterizza il
posto è il fatto che quasi nessuno parla inglese. È questa l’unica discriminante
che fa comprendere l’estraneità del luogo. E come è estraneo per Beckett lo è
anche per chi guarda il film. Anche lo spettatore non comprende quello che sta
succedendo, sia perché accade tutto all’improvviso senza il minimo preavviso o
sospetto sia perché, come il protagonista, anche noi siamo nella stessa
posizione: non conosciamo il luogo né la lingua. Un bel tentativo, quindi, per
immedesimarsi nel personaggio al centro del film, anche se, naturalmente, portato
all’estremizzazione. Pensare al percorso rocambolesco di Beckett può, per certi
versi, far storcere il naso, ma, per certi altri, strizza l’occhio a tanti
titoli che lo hanno preceduto e dai quali trae ispirazione.
Un film moderno, ma d’altri
tempi. O un film d’altri tempi, ma moderno? Sicuramente un lavoro che pone lo
spettatore di fronte a vari interrogativi e a cercare di mettere insieme alcune
situazioni al limite dell’assurdo che non rendono poi troppo credibile la
vicenda. Accanto a questi dubbi, e a fare da contraltare agli elementi positivi
del film, c’è anche una recitazione di John David Washington talvolta sopra le
righe che in alcuni frangenti fa empatizzare immediatamente, mentre in altri fa
storcere il naso.
Sicuramente un film che
tiene incollati allo schermo (uno grande possibilmente) e che porta anche a
riflessioni più grandi di quelle che effettivamente sono. Nascoste tra le righe,
a volte nemmeno troppo, le domande e le tematiche portate avanti da Filomarino
sono tante e meriterebbero un approfondimento a parte.
Veronica Ranocchi
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