Dune
di Denis Villeneuve
con Timothée Chalamet, Rebecca
Ferguson, Oscar Isaac
USA, Ungheria, Canada,
2021
genere: avventura, fantascienza,
drammatico
durata: 155’
Parlare del nuovo e
attesissimo film di Villeneuve, presentato a Venezia, è tutt’altro che
semplice.
Dovendo scegliere un aggettivo,
sicuramente “imponente” è quello che più si avvicina al concetto. Un film tanto
atteso quanto poi apprezzato da pubblico e critica. Già David Lynch, negli anni
70, aveva fatto un primo tentativo: quello di portare sullo schermo il grande
successo letterario di Frank Herbert. Ma con scarso successo. Addentrarsi,
quindi, in un’opera del genere, dopo i vari tentativi già fatti in passato non
era scontato. Ma Denis Villeneuve è ormai abituato al genere così come è
abituato a toccare grandi must del cinema (vedi Blade Runner 2049).
Siamo in un futuro distopico
dove il duca Leto Atreides, padre di Paul, accetta la gestione di un pericoloso
pianeta, Dune, unica fonte di una droga in grado di allungare la vita e fornire
eccezionali capacità mentali. Ma, viste le potenzialità della spezia, ci
saranno anche altri contendenti.
Insomma personaggi,
tematiche e dinamiche si intrecciano in quella che si trasforma in una vera e
propria avventura e in uno scontro per il potere.
Una delle abilità di
Villeneuve è anche quella di essere riuscito a inserire riferimenti al contemporaneo
in un’opera che, per certi versi, si presta a questo tipo di lavoro. Dall’ecologia
agli scontri per la spezia e per il potere, gli accenni del regista alla
società contemporanea sono molteplici.
A livello, invece, di
tematiche si possono ritrovare tutte quelle tipiche del cinema di fantascienza
e quelle del cinema d’avventura. Il filo conduttore che tiene in piedi un’opera
di 2 ore e 35 minuti è quello di uno scontro. Uno scontro che inizialmente
sembra quello tra due fazioni, ma che, con l’andare avanti della vicenda, si
trasforma in qualcosa di più. Uno scontro con sé stessi e con le proprie paure,
debolezze, incertezze.
Un’ambientazione “neutra”,
nuda e scarna che aiuta, da questo punto di vista, lo spettatore a entrare in
sintonia con i personaggi e capirne le dinamiche (solo talvolta un po’
rallentate). Personaggi ben caratterizzati e interpreti riusciti. Un Paul
Atreides, interpretato da Timothée Chalamet, che si pone domande, si interroga
su sé stesso e sul futuro. E questo contrasto interno è ben reso dal giovane
attore che soffre internamente e, con lui, lo spettatore.
A fare da cornice a una
vicenda che, come pecca, ha forse il fatto di dare troppo per scontato alcuni
passaggi, soprattutto per i non lettori o appassionati del genere, c’è la
musica di Hans Zimmer che richiama un mondo futuro, incerto e pieno di dubbi e
domande.
Abilissimo il regista nel
rendere lo spazio e il tempo come entità quasi del tutto prive di connotazioni.
Quello che Herbert dipinge come qualcosa di infinito e indefinito è reso in maniera
praticamente perfetta dagli scenari privi di connotazioni, ma che, anzi, richiamano
questa asetticità voluta.
Un primo capitolo e una
lunga introduzione necessaria che getta le basi per quella che Villeneuve ha
anticipato essere una trilogia e che darà lo spazio e il tempo necessario ai
vari protagonisti.
Intanto gli spettatori,
protagonisti incontrastati, hanno tutto il tempo che serve per vivere un’avventura
fuori dall’ordinario.
Veronica Ranocchi