Elvis
di Baz Luhrmann
con Austin Butler, Tom
Hanks
USA, Australia, 2022
genere: biografico,
drammatico, musicale
durata: 157’
Un nome che ha fatto la
storia, non solo della musica, ma della cultura in generale. La figura di Elvis
Presley ben si presta alla realizzazione di continui biopic che riescono ogni
volta a mettere in evidenza tratti, caratteristiche e momenti diversi, ma
sempre degni di attenzione.
E infatti è proprio
quello che è accaduto con il nuovo film di Baz Luhrmann.
Un film incentrato sull’eclettica
figura di Elvis che conosciamo fin da giovanissimo, ancora agli esordi e in
preda ad attacchi di panico e preoccupazioni tipiche dell’età e dell’ansia di
doversi rapportare con il mondo esterno e con un pubblico continuamente
desideroso di novità. La paura di non essere all’altezza, di non essere mai
abbastanza e di deludere le aspettative è ciò su cui si focalizza la prima
parte del lungometraggio. Film che poi vira verso il grande successo dell’artista,
impersonato da un ottimo e talentuoso Austin Butler che, oltre alla somiglianza
fisica, si impone sullo schermo anche grazie all’atteggiamento e alle movenze tipiche
del grande cantante.
Ma la caratteristica
principale del film di Luhrmann è il raccontare la storia da un punto di vista
quasi inedito, per certi versi. “Elvis” è infatti narrato dal colonnello Tom
Parker, al quale presta il volto un convincente Tom Hanks, invecchiato da un
trucco mai sopra le righe. Il colonnello Parker è il controverso e famigerato
manager del re del rock and roll che conosciamo nell’incipit del lungometraggio
mentre questi è sul letto di morte e ripercorre la sua vita completamente
cambiata nel momento in cui ha avuto modo di conoscere Elvis Presley. Luhrmann
sfrutta il particolare rapporto tra Elvis e il manager per mettere in luce la versione
dei fatti di quest’ultimo.
Una via di mezzo tra “Bohemian
Rhapsody” e “Rocketman”, “Elvis” è indubbiamente un modo per conoscere una
delle personalità più importanti e un modo per continuare il filone dei biopic
musicali che riescono a fondere insieme due filoni della cultura e dell’arte,
il cinema e la musica, appunto.
Con continue
interpretazioni canore, il film di Luhrmann non riesce, però, a dare il giusto
spazio ai tanti e vari aspetti della vita della star. Probabilmente scegliere
di ripercorrere l’intera esistenza (o quasi) del re del rock and roll ha
inevitabilmente portato a dover fare delle scelte e, quindi, “sacrificare”
qualcosa per dare più spazio ad altro. E non è mai un compito facile quello di selezionare
certi aspetti.
Nonostante ciò, però, “Elvis”
cerca, pur mostrandosi dal punto di vista di quello che, a cose normali,
sarebbe il “nemico”, di dare ancora più vita ed energia a un artista che non aveva
bisogno di niente e nessuno per colpire il pubblico e “bucare lo schermo”. Si
riconoscono le scelte alla Luhrmann che, in alcuni momenti, sembrano quasi
richiamare il suo precedente film, “Il grande Gatsby” e che comunque sono parte
integrante della sua cifra stilistica. La predilezione per determinati generi
di film, ambientati in determinati momenti storici hanno permesso e permettono
al regista di portare sempre sullo schermo qualcosa di originale, qualcosa che
si può facilmente associare al suo nome.
Veronica Ranocchi