lunedì, settembre 19, 2022

VENEZIA 79: BONES AND ALL

Bones and all

di Luca Guadagnino

con Timothée Chalamet, Taylor Russell, Mark Rylance

USA, UK, 2022

genere: drammatico, horror

durata: 130’

Si potrebbe dire che Luca Guadagnino ci abbia preso gusto. A dirlo è la scelta di continuare laddove aveva smesso, girando un film come "Bones and All" che ha più di un punto in comune con "Suspiria", a partire dal fatto di essere stato invitato in concorso alla Mostra del cinema di Venezia. Per parlare del suo nuovo film la cosa migliore sarebbe quella di rivelare il meno possibile riguardo alla storia, lasciando allo spettatore il piacere di essere preso in contropiede dalla sequenza che da il là alla vicenda trasformandola in quello che nessuno si aspetterebbe (almeno per coloro che non hanno letto l’omonimo libro di Camille DeAngelis, da cui è tratto il lungometraggio). Quello che a prima vista sembrerebbe un teen movie esistenziale si trasforma quasi subito in qualcos’altro. A Guadagnino serve poco per sviarci: qualche immagine di ambientazione scolastica, il dialogo fitto tra due compagne di banco e un immaginario adolescenziale sufficiente a costruire un mondo chiuso destinato a deflagrare con un impeto d’amore che lascia spazio al dolore. Condizioni antitetiche, quelle appena dette, che del nuovo film di Guadagnino diventano lo sfondo ineludibile in cui si compie il destino di Maren e Lee, ribelli senza causa disposti a lasciarsi indietro la marginalità delle loro vite nel tentativo di essere felici. Se quella di Guadagnino è innanzitutto la storia d’amore tra i personaggi interpretati da Taylor Russel e Timothée Chalamet, "Bones and All" è molte cose insieme perché il regista italiano non si limita ad argomentare i sentimenti secondo i gusti del neo-melò, ma amplia gli orizzonti aprendosi alla commistione dei generi nella maniera in cui lo fa molto cinema d’autore contemporaneo.

Qui il primo aspetto che salta all’occhio è la gestione degli opposti intesi sia in senso formale sia in senso drammaturgico, laddove lasciando spazio tanto alla componente horror che a quella sentimentale nella maniera inaugurata dalla saga di "Twilight" (anche se la messa in scena di Guadagnino punta a un realismo che il film di Catherine Hardwicke non ha) il regista trova il punto di equilibrio nel far combaciare l’istinto famelico dei giovani protagonisti - dovuto alla natura cannibale, metafora di altri disagi e dipendenze - con le pulsioni di una sessualità che ha paura a manifestarsi (l’unione fisica dei corpi di Lee e Maren se c’è rimane fuori campo) e che dunque trova nella liturgia omicida la sua compensazione. Allo stesso modo, pur non mancando di scene cruente (viene in mente quella che vede i nostri coinvolti in un corpo a corpo finale, con il personaggio interpretato da Mark Rylance), "Bones and All" ci consegna una versione di Guadagnino più misurata, pronto a lambire il limite del verosimile senza mai superarlo come invece succedeva in "Suspiria", con la considerazione che rispetto alla maggior parte degli horror giunti in sala "Bones and All" non si risolve nella compiaciuta esibizione del bagno di sangue, attraversato com’è da una tensione costante e da un senso di pericolo in grado di far trepidare lo spettatore per la sorte dei protagonisti.

Arrivato al suo settimo lungometraggio di finzione, Guadagnino filma uno dei suoi film più personali facendo delle inquietudini della provincia americana il terreno ideale per alcuni degli elementi cardini della sua poetica. A cominciare dal tema della diversità, qui come altre volte vissuta come occasione di unione e condivisione e senza dimenticare l’importanza del paesaggio. Anche in "Bones and All", infatti, i personaggi vi sono immersi trovando accoglienza e ristoro dalle proprie pene. Come dimostra la sequenza conclusiva, imperitura nel dichiarare la forza di un amore capace di andare oltre il contingente. Taylor Russell e il più acclamato dai fan, Timothée Chalamet, sono bravi a tratteggiare l’instabilità emotiva dei rispettivi personaggi, soprattuto quando si tratta di farne emergere le fragilità all’interno di un contesto che ne caratterizza la determinazione predatoria. Per chi scrive "Bones and All" si piazza tra i film in odore di Leone d’Oro.


Carlo Cerofolini

(recensione pubblicata su ondacinema.it)

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