domenica, settembre 18, 2022

VENEZIA 79: UN COUPLE

Un couple

di Frederick Wiseman

con Nathalie Boutefeu

Francia, USA, 2022

genere: drammatico

durata: 64’

A discapito di quanto si può pensare vedendo questo titolo, l’ultima fatica del documentarista Frederick Wiseman, ultranovantenne, è quello che si può definire un vero e proprio monologo.

Nathalie Boutefeu è la sola e unica interprete del film, in concorso a Venezia 79, che ha collaborato anche alla stesura della sceneggiatura.

“Un couple” è un film su una lunga relazione tra un uomo e una donna. L’uomo è Leo Tolstoj. La donna è sua moglie, Sofia.

L’intero film si svolge come fosse un dialogo, ma è in realtà una comunicazione “a senso unico” perché Sofia parla praticamente da sola. Le parole che utilizza sono naturalmente rivolte all’altra parte della coppia, solo accennata dalla sceneggiatura, ma mai visibile in scena, ma è come se fossero indirizzate allo spettatore e a uno spettatore “universale”, colui che dovrebbe essere veicolo del messaggio in questione.

La scelta di realizzare un film “statico” è legata al fatto che si riferisce a un colosso della letteratura che, così facendo, non viene snaturato, ma anzi evidenziato. La potenza delle parole deve essere ed è superiore alle immagini. Per questo Sofia si sposta, ma solo dopo aver parlato. E noi non vediamo mai il compiersi di questo spostamento. La ritroviamo immediatamente dopo in un altro luogo, sempre “bucolico”, sempre naturale, quasi come a cercare rifugio nel mondo esterno, l’unico in grado di accoglierla, senza accusarla. Un luogo dove lei si sente protetta, mentre, contemporaneamente, “inveisce” contro il compagno.

Un film decisamente particolare, forse quello più particolare in concorso a Venezia 79.

La mano di Wiseman si nota, forse anche troppo. Da sempre abituato a muoversi nei confini del documentario, qui prova a fare qualcosa di nuovo e di diverso, pensando e sperando di applicare la sua conoscenza e la sua esperienza anche al cinema “di finzione”. In realtà il risultato è un prodotto a metà strada tra i due che, a parte qualche appassionato del regista e dell’autore e i presenti al festival, non troverà terreno fertile. Sicuramente rimarrà uno dei film che caratterizzano e hanno caratterizzato la filmografia del regista ultranovantenne, ma nulla più.

La scelta drastica delle riprese e del montaggio non favorisce la fruizione di un’opera che avrebbe potuto rendere più “vicino” un grande, ma “pesante” autore della letteratura.

La fedeltà al proprio stile vince sull’apprezzamento generale dell’opera. Peccato.


Veronica Ranocchi

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