Rapito
di Marco Bellocchio
con Paolo Pierobon,
Fausto Russo Alesi, Barbara Ronchi
Italia, Francia,
Germania, 2023
genere: drammatico,
storico
durata: 134’
“Rapito” come lo
spettatore, catturato non solo dalle immagini degne di un grande maestro come
Marco Bellocchio, ma anche dalla storia, talmente assurda quanto realmente
accaduta.
Siamo a Bologna nella
metà del 1800. Nella numerosa famiglia Mortara di religione ebraica sembra che
uno dei fratelli, Edgardo, sia stato battezzato e, secondo le regole
dell’allora Stato Pontificio, deve, quindi, essere istruito secondo la dottrina
della Chiesa. Per questo, dopo una segnalazione, il piccolo Edgardo Mortara, di
nemmeno sette anni, viene strappato via alla famiglia per essere portato a
Roma, al cospetto di Papa Pio IX. Qui pensa inizialmente di riuscire a tornare
dai genitori e dai fratelli solo se obbedirà a quello che gli verrà detto. Ma
non andrà tutto come previsto.
Una storia incredibile
che sembra nata dal più fantasioso sceneggiatore, salvo poi apprendere che in
realtà è una storia tristemente vera. E Marco Bellocchio la racconta come suo
solito ricorrendo ad alcuni “trucchi” del mestiere ormai fatti propri. Dal buio,
quasi onnipresente, a indicare sia le macchinazioni “segrete”, sia l’oscurità
che irrompe all’improvviso in casa Mortara alla scelta, in qualche modo
conseguente, di colori scuri e tetri.
Una storia che, seppur
narrata con relativa calma, riesce a creare un importante effetto di suspense
nello spettatore, in trepidante attesa di capire come si evolverà il tutto.
Il cast, ben assortito,
alterna volti più noti a volti in ascesa, ma una menzione speciale va al
piccolo Edgardo (Enea Sala), in grado di vincere e convincere. Circondato, a
scuola, nella camera e nei momenti di preghiera, da coetanei che non vogliono
rimanere indietro e che, aiutati da uno sguardo connotato di grandi (e diversi)
significati, bucano letteralmente lo schermo. Anche se a conquistare e mettere
d’accordo tutti ci pensa Elia, il giovanissimo nuovo amico di Edgardo che, con
l’espressione, e soprattutto con il modo di parlare, è il piccolo, ma talvolta
necessario, elemento comico. Ma non solo, è anche simbolo di autenticità e
veridicità della storia, altrimenti troppo rigida e impostata.
Una narrazione, quella di
“Rapito” di Bellocchio, che ricorre spesso alle didascalie per
contestualizzare, sia storicamente che geograficamente, gli eventi, influenzati
inevitabilmente dai fatti storici realmente accaduti. Didascalici, però
funzionali al racconto solo nei momenti principali che poi si perdono nello
spiegare quasi tutto ciò che vediamo. Al di là di questo come non citare il
frequente e sintomatico uso di scene che appartengono al sogno e che sono ormai
diventati dei marchi di fabbrica del pluripremiato regista. Se in “Esterno
notte” c’era stata la via crucis di Moro, in “Rapito” ci sono gli incubi del
Papa e il sogno di Edgardo che spera, in cuor suo, di riabbracciare i genitori
nonostante tutto. E ancora il sogno della madre stessa che vede la sua intera
famiglia riunita in un abbraccio.
Proprio a proposito della
madre occorre fare una riflessione che, di pari passo con la contemporaneità e
la lotta ai valori, pone la figura a un livello più alto rispetto a tutti gli
altri. Se da una parte è dipinta come l’unica che davvero lotta, con le unghie
e con i denti, per riavere il figlio, dall’altra è anche il punto di
riferimento per l’intera famiglia (persa quando lei non si reca a tavola) che
si rivolge sempre (o quasi) prima a lei. Non è quindi un caso che il piccolo Edgardo
si apra veramente solo con lei e non con il padre (con il quale comunque sembra
avere un conto in sospeso nel momento in cui questi tenta di lanciarlo dalla
finestra appena arrivano le autorità a prelevarlo).
E poi naturalmente la
critica, aspra, ma comunque sempre oggettiva e raccontata con attenzione, di
due realtà che si contrappongono. Due mondi così vicini eppure così lontani.
Una “condanna” quella inflitta al piccolo protagonista, costretto a separarsi
dalla propria famiglia contro la sua volontà che lo segnerà per sempre, da
qualsiasi punto di vista si guardi e si consideri la storia. E che, in parte,
segna anche noi spettatori.
Veronica Ranocchi
Nessun commento:
Posta un commento