Apocalypto
regia di Mel Gibson
Più vicino agli estri dinamici dell'"Ultimo dei Mohicani" di Mann che al furore mistico del suo precedente "The passion", Gibson confeziona con "Apocalypto" un solido film di avventura, veloce e ferino, che supera di puro muscolo le
solite polemiche sulla violenza, nonché lo snobismo e la pedanteria di buona parte dell'intellighenzia europea per l'ennesima volta impastoiata nella stesura degli elenchi delle cantonate storiche, antropologiche e linguistiche (tutto il film e' parlato nel dialetto originale dei luoghi), anziché attenta a valutare ciò che ogni film innanzitutto e': spettacolo di finzione.
E lo spettacolo orchestrato dall'attore/regista australiano/americano funziona. Il passo dell'azione e' rapido, nella seconda parte quasi frenetico ma sempre preciso.
Nell'insieme, la durata, due ore abbondanti, non pesa mai. Jaguar Paw - Zampa di Giaguaro - guerriero e cacciatore Maya, viene fatto prigioniero da una tribù rivale e trasferito in ceppi attraverso la giungla insieme ad altri superstiti del massacro e della distruzione del villaggio natio per essere offerto come carne da sacrificio agli dei. Miracolosamente scampato al rito dell'asportazione del cuore, si da alla fuga lottando da un lato contro gli inseguitori decisi a finirlo e dall'altro contro il tempo che insidia la moglie incinta e il figlioletto (sottratti d'astuzia alla strage iniziale grazie ad una cavità del terreno dalla quale pero' non possono uscire e che alla
lunga diventerebbe la loro tomba).
Se il tema dominante del film, sottolineato dalla necessita ribadita più volte di "trovare un nuovo inizio", e' la sopravvivenza ad ogni costo, la volontà, proprio perché la fine incombe, di riaffermare la vita e con essa la possibilità di rimettere in moto la Storia, ecco che la sorte specifica del
popolo Maya diventa sfondo - a tratti brutale, a tratti intimistico, talvolta enfatico, sempre coloratissimo, comunque la parte più debole del film - di un meccanismo molto più grande e inesorabile di fronte al quale anche le beghe nozionistiche svelano la propria inconsistenza e retrocedono a pretesti, se non
a veri e propri atti di ridicolo involontario o, chissà, interessato. Ciò che
conta - sembra dire Gibson - e' l'affermazione per cui ogni società - nel caso una
società "arcaica" ma lo stesso varrebbe per qualunque avventura umana in un
altro tempo e in un altro luogo - e' un corpo vivo che cresce, invecchia e
muore (non necessariamente di morte tranquilla) e che non e' detto che quando
due civiltà vengono a contatto (il film si chiude sull'approdo dei galeoni spagnoli verso cui Zampa di Giaguaro manifesta un atteggiamento più che guardingo) hanno voglia di conoscersi, si integrano e si migliorano.
Concetti semplici all'apparenza, eppure oggi come oggi rimossi o dimenticati se e' vero, come e' vero, che la "moderna" comunità in cui viviamo si considera l'apice
perfettibile della civilizzazione solo a partire da se stessa.
Concetti che cineasti come nel caso Gibson - a modo loro - sentono il bisogno di riproporre alla nostra attenzione, privilegiando qui la semplicità della narrazione e
sollecitando quel tanto di senso del meraviglioso che ancora abita gli occhi
dello spettatore.
1 commento:
anche a me il film piacque molto ma sull'opera di Gibson pesò in maniera inesorabile la campagna stampa contro il (suo presunto o no) antisemitismo. Apocalypto pur essendo a mio avviso un lavoro eccellente sopratutto come cinema di intrattenimento pagò l'esuberanza di un regista che di lì a poco sarebbe stato travolto dalla sua vita personale.Sinceramente spero possa riprendere il suo cammino registico..non posso fare a meno di dire che la recensione rende giustizia al film
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