domenica, dicembre 15, 2013

SOLE A CATINELLE


di: G.Nunziante
con: C.Zalone, R.Dancs, M.Dalmazio, A.Erguy, R.Aprea, V.Cavalli.
- ITA 2013 -
Commedia - 85 min

Checco Zalone (all'anagrafe Luca Medici) e' un tipo simpatico. E di questi tempi e, soprattutto, da queste parti, dove abbondano i finti antipatici, per non parlare dei cortigiani di lungo e lunghissimo corso, sembra quasi un attestato "doc" di spontaneità e freschezza. L'apprezzamento assume, volendo, perfino i contorni dell'originalità se messo a fianco dello stato di trista routine in cui si pasce buona parte della cosiddetta "nuova commedia all'italiana". Zalone naviga più dalle parti di un semplice quanto lucido intento dissacratorio da diffondere attraverso l'ennesima variazione di una delle tante maschere nazionali: il cialtrone, gaglioffo e opportunista, di fatto quasi sempre vile come spesso e volentieri maramaldo, pronto a ribaltare la situazione e a negare le più ovvie evidenze pur di trarsi d'impaccio. Le differenze innestate dall'artista pugliese - e dall'amico e sodale Nunziante - su un prototipo di arci-italiano che ha avuto in Sordi il suo fuoriclasse (mai tanto rimpianto, oggi, in specie se ci si mette a scorrere l'infinito elenco dei pigri saccheggiatori delle sue invenzioni), oltre all'ovvio adeguamento di certi tic al tritume morale e sociale contemporaneo, vanno cercate, ad esempio, nella predilezione per lo sberleffo fulminante e la battuta salace e/o truce (in scia con certe commedie di grana grossa di Adam Sandler) su cui Zalone si e' a lungo esercitato - sovente anche in musica, come pure qui in questo "Sole a catinelle" accade, a margine di un'intera colonna sonora da lui scritta ed eseguita - durante la parentesi trascorsa ad animare il cabaret televisivo di "Zelig". Così come l'assenza pressoché totale di quel cinismo e di quella "cattiveria" (ingrediente questo squisitamente sordiano ed essenza della nostra migliore commedia) a cui si tenta di ovviare con un'insolenza naïf, un po' di faccia tosta e, a conti fatti, con un candore di fondo e un cuore-grande-così, seppure non proprio "di panna".

Dall'alto dei suoi fantastilioni (l'ordine di grandezza provvisorio dell'exploit di una singolare trilogia "meteo" cominciata con "Cado dalle nubi", nel 2009, ribadita con "Che bella giornata", del 2011 e giunta a questo "Sole a catinelle", si aggira sul centinaio di milioni di euro d'incasso), Zalone si e' via via ritagliato addosso i suoi film e un personaggio - giovane uomo con pochi capelli, silhouette da buongustaio, quasi sempre male in arnese, l'aria timida e un tanto triste che trova nell'ironia un'efficace leva di contrasto - senza grosse pretese ma pure senza spocchia e vezzi improbabili. Il Checco che qui scarrozza suo malgrado il piccolo Nicoló, figlio/spalla (divertenti i siparietti tra i due) per una vacanza che vira subito in farsa, e' ancora il Checco degli sketch e delle serate di gala televisive con, in meno, una struttura narrativa consistente (storia esile, personaggi secondari che non superano la condizione di macchietta, una certa generale piattezza, limiti tutto sommato da considerarsi intrinseci ad una formula che prevede - per ora - solo il brio comico del nostro), in più, una sottolineatura di carattere linguistico (talune espressioni tipiche dell'intercalare pugliese borbottate o smozzicate ad arte) e un qualcosa - e sono i momenti più spassosi - che somiglia ad una elementare ma arguta ricognizione sui costumi oramai sbracati di questo paese, a cavallo tra l'eterna tentazione auto-assolutoria e il graffiante sghignazzo che non risparmia niente e nessuno. Ecco quindi che l'insistenza parodistica sull'"ottimismo" e il pericolo "comunista", la spilorceria contadina, gl'imbonimenti new-age, l'ostentazione pacchiana della ricchezza, l'ipocrita sussiego della pseudo aristocrazia del denaro, la grottesca presunzione "artistica" di certo cinema, un qual piagnisteo sociale e le miserie pedagogiche e dell'inconscio ("Gli psicologi non capiscono un cazzo"), si ritrovano in fila, tutti sulla linea di risucchio dell'aspirapolvere di Checco (venditore per modo di dire, nel film, di tale elettrodomestico), ingoiati e risputati fuori per quello che sono: l'istantanea di un paese allo sbando - accidioso e furbastro, fatalista ma incarognito, spaccato tra chi ancora si gingilla in un allucinatorio sogno di benessere e sempre più persone stremate dalle difficoltà, in cui anche l'annoso conservatorismo e' ormai solo un'altra forma di disperazione - scattata da un tipo impertinente che apposta t'inquadra a meta' e prima che tu apra bocca dice: "tie'". Basterà cinematograficamente parlando ? Chiaro che no. Come e' chiaro che questo Zalone lo sa.


TFK

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