La mia classe
di Daniele Gaglianone
con Valerio Mastandrea
Italia, 2014
genere, drammatico
durata,
di Daniele Gaglianone
con Valerio Mastandrea
Italia, 2014
genere, drammatico
durata,
È una linea sempre più netta quella che attraversa e
divide buona parte della produzione cinematografica italiana. Quasi
fosse il riflesso di una compagine sociale spaccata a metà dal
progressivo divario che divide i ricchi dai poveri, il cinema italiano
sembra assorbire la disfunzione prima ancora di girare, con una serie di
regole (referring system, tax credit) che ne
sanciscono all'origine l'insanabile dicotomia. Da una parte agglomerati
di investimenti finanziari, colletti bianchi ed indagini di mercato
pronti a ragionare in termini di numeri e di profitto, dall'altra
guerrilleros all'arma bianca decisi a resistere per il trionfo dei
principi e della idee. Uno scenario contraddittorio e con poche
sfumature, nel quale però pur con tutte le difficoltà del caso si stanno
facendo strada una serie di coraggiosi decisi a non mollare.
Antesignani di un onda lunga che ha visto recentemente alla ribalta
autori indipendenti come Gianfranco Rosi, Roberto Minervini e non ultimo
Ciro De Caro, torna sugli schermi una delle coppie più collaudate del
nostro movimento, parliamo di Daniele Gaglianone e del suo storico
produttore Gianluca Arcopinto, con un film, "La mia classe" che si
affaccia senza sconti su uno degli temi più caldi e più problematici del
nostro paese e non solo, quello dell'integrazione e della tolleranza,
raccontando le giornate scolastiche di un maestro alle prese con una
classe di studenti sui generis. A frequentarne le lezioni è infatti un
gruppo di persone eterogeneo, uomini e donne di età ed esperienze
diverse giunte in Italia nella speranza di un'esistenza migliore.
L'apprendimento della lingua insieme al riconoscimento che ne deriva è
il punto di partenza necessario per ottenere il permesso di soggiorno,
ma non solo, perchè quell'angolo di mondo funziona anche come un vaso
comunicante di sentimenti ed esperienze spesso indicibili, rivissute
attraverso il racconto che gli allievi decidono di condividere con il
loro mentore. La comunione di spirito è però interrotta dalla cronaca
quando uno degli allievi è costretto a lasciare la scuola per il mancato
rinnovo dei termini di soggiorno. Un fulmine a ciel sereno che fa
tornare a galla vecchi fantasmi, e mette il maestro di fronte alle
responsabilità di una società incapace di prendersi cura della sua parte
più fragile. Gaglianone decide di affrontare la questione partendo dal
basso, preoccupandosi, come sempre ha fatto, di dar voce a chi non ne ha
mai avuta. In questo caso al gruppo di extracomunitari chiamati ad
interpretare se stessi in un gioco di specchi tra finzione e realtà a
cui Valerio Mastandrea si presta con il carico di umanità ed empatia che
l'understatement recitativo gli garantisce, e che in questo
caso era indispensabile per sintonizzare il suo personaggio al resto del
gruppo.
Con questi presupposti "La mia classe" diventa un invito a
ritornare sui propri passi-la sequenza d'apertura sviluppata sul filo
del tempo con i pensieri del protagonista doppiati dal percorso a
ritroso effettuato in direzione opposta da quella da cui era
venuto-riscrivendo la Storia dal punto di vista di chi l'ha subita,
seguendo l'esempio dell'insegnante che invita gli allievi a completare
il pensiero che ha scritto sulla lavagna. E poi, decostruendo le varie
fasi dell'osmosi con il paese straniero, attraverso la proposizione di
una serie di lezioni che nella struttura narrativa dell'opera funzionano
come altrettanti capitoli del libro che prende forma sotto i nostri
occhi. Argomenti (la casa, l'integrazione, i diritti ed i doveri) che
danno modo a Gaglianone di mettere davanti alla mdp una
coralità di pensieri ed esperienze ora divertite, quando si tratta di
correggere lo strafalcione del compagno di banco, ora drammatiche, nel
momento in cui a venir evocata sono i trascorsi di una vita lontana ma
ancora presente nella voce rotta dal pianto di dolore per quello che non
si riesce neanche a pronunciare (la ragazza iraniana che non riesce a
proferir parola) oppure che prende il volto nel ricordo del corpo senza
vita dell'amico caduto per affermare i diritti di un intero popolo
(quello egiziano della primavera araba).
Consapevole della
retorica e delle ipocrisie che si nascondono dietro il soggetto che
prende in considerazione Daniele Gaglianone si prende i suoi rischi, non
solo nella scelta di realizzare un film che si svolge dentro un aula
scolastica ed intepretato da attori sociali - da Vittorio De Seta con il
suo "Diario di un maestro" a Laurent Cantet di "La classe - Entre le
murs" l'elenco di chi l'ha preceduto è lungo e prestigioso - ma
soprattutto in quello di esporsi in prima persona quando si tratta di
giustificare agli studenti le ragioni di una legge che impedendo ad uno
di loro di frequentare la scuola mette sullo stesso piano vittime e
carnefici. Ed è proprio questa mancanza di confine tra campo e fuori
campo, tra ciò che è in scena e quello che ne dovrebbe restare fuori che
permette al suo cinema di esprimere in maniera concreta la ribellione
nei confronti di un sistema che non riesce a condividere. L'effetto è
straniante con sequenze che assomigliano a making of in cui i fonici
intenti a sistemare i microfoni si alternano agli assistenti che mettono
a punto gli ultimi dettagli ed una morte simulata preceduta da dettagli
che provocano il riso di chi sarà costretto a fingerla per la prima
volta. Sulle prime si può rimanere interdetti ma alla fine a prevalere
sono la verità dei contenuti e la sincerità di un opera suggellata dal j'accuse
di Valerio Mastandrea straordinario nella potenza del monologo finale
che tira le fila del discorso del film e di un personaggio che ad un
certo punto si ritroverà a vivere la condizione di fragilità e debolezza
dei suoi interlocutori. È nella capacità dell'attore di romano di
diventare una cosa sola con la materia narrata che "La mia classe"
riesce a trasformare il cinema in un documento di bruciante attualità.
(pubblicata su ondacinema.it)
1 commento:
La prima metà del film è veramente impeccabile, poi la gestione dei codici tra filmico e pro-filmico fatica un po' a protrarsi verso la fine. Una visione sicuramente da non metabolizzare a caldo, il giudizio è tutto sommato positivo.
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