giovedì, agosto 14, 2014

Durak

Durak
di Yuri Bikov
con Artem Bystrov, Darya Moroz, Kirill Polukhin
Russia, 2014
genere, drammatico
durata, 116'

Nell'era della globalizzazione e della postmodernità può succedere di tutto, ma questa non l'avevamo ancora vista. L'occasione ce la offre il cartellone del festival di Locarno che mette in concorso un film come "Durak", produzione russa firmata dai Yuri Bykov autore che, a dispetto dei suoi natali, dei capitali che gli hanno permesso di realizzare il film e, non ultimo, di una storia che è lo specchio delle contraddizioni del suo paese, sembra essere il prodotto di un cineasta di scuola americana. In "Durak" è quasi tutto ad andare verso quella direzione. A cominciare dallo stile, classico, tanto nel modo di concepire la storia, quanto in quello di trasporla sullo schermo, con le componenti del dispositivo pensate in funzione narrativa e di definizione dei personaggi. Ma non è finita qui, perché la vicenda di Dima Nikitin (Artem Byrtov, praticamente identico a Heat Ledger), idraulico umile e onesto costretto a pagare le conseguenze della propria integrità morale, assomiglia da vicino agli eroi del quotidiano che hanno fatto la fortuna del grande cinema hollywoodiano. Ma "Durak" è anche la radiografia di una società post sovietica, razzista e corrotta, in cui tutti hanno qualcosa da nascondere o di cui sentirsi in colpa. Un realtà deprimente e depressiva che si tinge di nero quando Dimak, scopre per caso l'imminente crollo di un palazzo dormitorio, e ne denuncia la notizia alle autorità. Indecise sul da farsi, -perché l'evacuazione dei condomini costerebbe denaro, per buona parte dilapidato dalla dilagante corruzione-, la giunta distrettuale guidata da una donna carismatica e potente si rimpalla decisioni e responsabilità, lasciando alla coscienza del protagonista il compito di trovare una via d'uscita.

Concentrato nel tempo e nello spazio "Durak" è costruito su un meccanismo narrativo a orologeria che, da una parte incalza protagonista e spettatori, messi sullo stesso piano nel tentativo di salvare centinaia di innocenti; dall'altra li svia, con una serie di colpi di scena, sostenuti da una logica che riesce a combinare gli elementi della spettacolarità con quelli del reale, questi ultimi derivati da un analisi psicologica e sociale di rara precisione. Se a questo si unisce il senso di fatalità e di cupo determinismo che muove i personaggi, la dimensione da incubo in cui è immerso il protagonista, solo contro tutto e tutti, e il clima allucinatorio, enfatizzato dalla mancanza di riferimenti, umani e topografici, tolti di mezzi dal buio indistinto di una notte invernale, allora non si può fare a meno di collegare "Durak" a certo noir americano e, in particolare a quello dei film di James Gray, accanto ai quali il film di Bykov di certo non sfigurerebbe. Anche a lui va la nostra candidatura per la vittoria finale.

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