Lucy
di Luc Besson
con Scarlett Johannson, Morgan Freeman
Francia, Usa
genere, azione, fantascienza
durata, 90'
Che Luc Besson sia un artista bulimico lo dice non tanto la mole della sua figura, esibita ieri con pantagruelica stazza sul palco di Locarno in occasione della presentazione di "Lucy", blockbustercampione d'incassi dell'estate statunitense, quanto piuttosto la spasmodica onnipresenza che da sempre spinge il mogul francese a occuparsi di tutti gli aspetti del giocattolo cinematografico.
Regista, sceneggiatore, produttore, titolare di una Major in grado di far concorrenza alle sorelle americane, Besson non ha mai nascosto il bovarismo che lo lega alle creature dei suoi film, a cui corrisponde per ragioni creative ma non solo, se è vero che ad un certo punto della carriera le interpreti delle sue storie diventavano inevitabilmente amanti e persino mogli. Il caso di "Lucy" però ha un sapore diverso e particolare, perché a fronte di uno schema narrativo che ricalca a grandi linee quello dei film più famosi (da "Nikita" a "Angel-A"), con la protagonista chiamata suo malgrado a indossare i panni della giustiziera, sostituendosi per efficacia e determinazione alla controparte maschile generalmente inetta, assistiamo qui a uno slittamento fuori campo della componente romantica e sentimentale che in precedenza aveva fatto da contrappunto agli eccessi action movie delle sue opere. Il risultato è un film dalla struttura "fredda" e matematica, in cui i barocchismi e le iperboli del passato vengono assorbiti da una ragnatela visiva che moltiplica i rimandi interni, facendo germogliare una serie di corrispondenze tra la metamorfosi della protagonista - innescata dall'assunzione fortuita di una droga che le dona poteri strabilianti - e le teorie scientifiche sulle infinite possibilità della mente umana, esposte dal suo "mentore", il professor Norman, interpretato da Morgan Freeman.
In questo modo l'evoluzione fisica e mentale della ragazza, testimoniata dalla facilità con cui si sbarazza dei cattivi, va di pari passo con una serie d'inserti "documentari" che, alla maniera di un programma del National Geographic, spingono il film verso una parvenza di verosimiglianza, confermando sul piano del reale quello che Besson racconta in termini di fantasia e meraviglia. Senza rinunciare al lato più ironico e ludico del suo cinema, presente nella scelta di sbaragliare l'immaginario dei cinefili assegnando il ruolo del villain all'Oldboy (Choi Min sik) del film di Park Chan-wook , Besson punta punta dritto alla sensibilità contemporanea con uno shock sensoriale che fa piazza pulita di coerenza narrativa e psicologie dei personaggi. In "Lucy" quello che conta è imbrigliare lo spettatore in una rete di personaggi funzionali allo scopo, come nel film lo è anche la protagonista, per motivi di sceneggiatura "costretta" a una consapevolezza trascendentale che le fa perdere la sua parte piu' umana. Senza dimenticare la furbizia dell'imprenditore che si adegua al mercato con un prodotto globale, in cui l'oriente la fa da padrone sia a livello di location (Taipei è la metropoli che fa da sfondo alla vicenda) che di quello creativo, se è vero che "Lucy" deve molto al cinema di Hong Kong, evidente nelle coreografie dei combattimenti e delle sparatorie così come nell'utilizzo del corpi, energetici ma come trattenuti da una fisicità sempre sul punto di implodere. Pensato a misura delle nuove generazioni di moviegoers, la seconda giovinezza di Besson potrebbe lasciare perplessi i vecchi fan del regista.
(pubblicata su ondacinema.it)
di Luc Besson
con Scarlett Johannson, Morgan Freeman
Francia, Usa
genere, azione, fantascienza
durata, 90'
Che Luc Besson sia un artista bulimico lo dice non tanto la mole della sua figura, esibita ieri con pantagruelica stazza sul palco di Locarno in occasione della presentazione di "Lucy", blockbustercampione d'incassi dell'estate statunitense, quanto piuttosto la spasmodica onnipresenza che da sempre spinge il mogul francese a occuparsi di tutti gli aspetti del giocattolo cinematografico.
Regista, sceneggiatore, produttore, titolare di una Major in grado di far concorrenza alle sorelle americane, Besson non ha mai nascosto il bovarismo che lo lega alle creature dei suoi film, a cui corrisponde per ragioni creative ma non solo, se è vero che ad un certo punto della carriera le interpreti delle sue storie diventavano inevitabilmente amanti e persino mogli. Il caso di "Lucy" però ha un sapore diverso e particolare, perché a fronte di uno schema narrativo che ricalca a grandi linee quello dei film più famosi (da "Nikita" a "Angel-A"), con la protagonista chiamata suo malgrado a indossare i panni della giustiziera, sostituendosi per efficacia e determinazione alla controparte maschile generalmente inetta, assistiamo qui a uno slittamento fuori campo della componente romantica e sentimentale che in precedenza aveva fatto da contrappunto agli eccessi action movie delle sue opere. Il risultato è un film dalla struttura "fredda" e matematica, in cui i barocchismi e le iperboli del passato vengono assorbiti da una ragnatela visiva che moltiplica i rimandi interni, facendo germogliare una serie di corrispondenze tra la metamorfosi della protagonista - innescata dall'assunzione fortuita di una droga che le dona poteri strabilianti - e le teorie scientifiche sulle infinite possibilità della mente umana, esposte dal suo "mentore", il professor Norman, interpretato da Morgan Freeman.
In questo modo l'evoluzione fisica e mentale della ragazza, testimoniata dalla facilità con cui si sbarazza dei cattivi, va di pari passo con una serie d'inserti "documentari" che, alla maniera di un programma del National Geographic, spingono il film verso una parvenza di verosimiglianza, confermando sul piano del reale quello che Besson racconta in termini di fantasia e meraviglia. Senza rinunciare al lato più ironico e ludico del suo cinema, presente nella scelta di sbaragliare l'immaginario dei cinefili assegnando il ruolo del villain all'Oldboy (Choi Min sik) del film di Park Chan-wook , Besson punta punta dritto alla sensibilità contemporanea con uno shock sensoriale che fa piazza pulita di coerenza narrativa e psicologie dei personaggi. In "Lucy" quello che conta è imbrigliare lo spettatore in una rete di personaggi funzionali allo scopo, come nel film lo è anche la protagonista, per motivi di sceneggiatura "costretta" a una consapevolezza trascendentale che le fa perdere la sua parte piu' umana. Senza dimenticare la furbizia dell'imprenditore che si adegua al mercato con un prodotto globale, in cui l'oriente la fa da padrone sia a livello di location (Taipei è la metropoli che fa da sfondo alla vicenda) che di quello creativo, se è vero che "Lucy" deve molto al cinema di Hong Kong, evidente nelle coreografie dei combattimenti e delle sparatorie così come nell'utilizzo del corpi, energetici ma come trattenuti da una fisicità sempre sul punto di implodere. Pensato a misura delle nuove generazioni di moviegoers, la seconda giovinezza di Besson potrebbe lasciare perplessi i vecchi fan del regista.
(pubblicata su ondacinema.it)
4 commenti:
L'ho trovato molto interessante come trama e sensazionale l'interpretazione di Scarlett Johansson, su cosa potremmo fare utilizzando le nostre capacità cerebrali!
Una sostanza chimica che permette di accedere a nuove aree del cervello.. e se fosse già possibile aumentare le proprie capacità senza l'utilizzo di alcuna sostanza chimica o strumento sofisticato?
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Ciao cari amici cinemaniaci!
Quanto devo scorrere indietro ogni volta che commento un film che ho intravisto sulle vostre preziose pagine! Come vi racconto sempre, non mi guasto mai la sorpresa leggendo le recensioni prima di andare al cinema, e da noi in genere tutto arriva tardi o non arriva (abbiamo festeggiato il Natale a Febbraio, lo scorso anno). Avevo anche lasciato un lungo commento su "Anime Nere", ma devo essermi imbrogliata con l'anteprima, perchè s'è perduto.
COMUNQUE! Sinceramente avrei voluto sentire qualcosa in più su questo film. A me è piaciuto, e mi ci sono anche commossa (L'Ominide Lucy nella nostra famiglia è una figura molto amata).
Tutto vero il gioco cinematografico, ecc, ma la battaglia determinismo/indetrminismo l'avete percepita o è stata solo una mia impresisone? E poi, perchè usare il tempo come misura? Evidentemente c'è dietro un messagggio filosofico/gnoseologico che mi sfugge.
Alla fine l'indeterminismo madre del tutto si lega a quel simbolo detrrministico delle due dita che si toccano, laggiù, su quel tetto di Roma. E il film si tradisce.
In ogni caso oltre a Nikita, c'era molto "Quinto elemento" e "Tree of Life" e un po' anche "Avatar" e "Contact", se vogliamo.
Perciò dico il film non era originalissimo e ha tradito il suo messaggio, ma a me è comunque piaciuto per il suo non essere "calci e pugni" come al solito.
E se lo dico io che Scarlett la digerisco solo in "Scoop"...
Un'ultima cosa: non iniziamo, vi prego, a dire assurdità sul potere della mente. Noi sottoutilizziamo tutti gli organi, non solo il cervello. È come se fossimo "sovradimensionati" (come ad esempio un grande traliccio per una piccola pala eolica), perché se non lo fossimo, non riusciremmo a sopravvivare. Probabilmente è il cervello inutilizzato che consente a quello utilizzato di funzionare. E comunque siamo una specie in evoluzione, ricordiamocelo.
Ciao Lidia.
Per quanto riguarda Lucy, trovo sia un bel film d'azione con un pretesto filosofico di fondo che, ahimé, ad un certo punto inizia a fare acqua da tutte le parti. Un tentativo pregevole per un'esecuzione limitata (del resto Besson è più bravo come "tecnico" che come "pensatore").
Detto ciò restiamo in attesa del tuo lungo intervento su "Anime nere".
Saluti
A.R.
Ciao Antonio, in effetti è proprio così.
Il commento su "Anime nere" nonm l'ho salvato, dovrei riscriverlo, ma era stata una faticaccia prima, non so se ce la farò a riscriverlo... sob sob!
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