Tutti vogliono qualcosa
di Richard Linklater
con Austin Amelio, Zoey Dutch, Will Brittain
USA, 2016
genere, commedia
durata, 119'
di Richard Linklater
con Austin Amelio, Zoey Dutch, Will Brittain
USA, 2016
genere, commedia
durata, 119'
Richard Linklater ricomincia da
dove aveva lasciato riprendendo il filo del discorso di quel romanzo sulla
gioventù americana che a parte qualche rara eccezione costituisce il filo rosso
e il tema principale della sua intera filmografia. Nella fattispecie “Tutti
vogliono qualcosa” sembra fatto apposta per rafforzare il legame di continuità
con la produzione più recente del regista americano e in particolare di quello
che l’aveva preceduto. Di quest’ultimo “Tutti vogliono qualcosa” sembra la
naturale prosecuzione perché Jake, studente universitario e lanciatore di baseball
della squadra dell’università di Austin, in
Texas, dove il ragazzo sta per cominciare il proprio corso di studi, potrebbe
essere l’alter ego del Mason di “Boyhood” che alla soglia dei vent’anni
lasciava la famiglia per proseguire la propria istruzione accademica. Lasciate
da parte le beghe adolescienziali e temporaneamente allontanate le complicazioni
legate alle disfunzioni del consesso familiare il nuovo film si presenta con un
piglio più divertito che riflessivo, andando a pescare in quel clima da permanent
vacation che a partire da “Animal House” è
diventato il cotè prediletto dei cosiddetti college movie.
Con la differenza che la
goliardia, pur entrando nella storia in virtù del contagioso cameratismo che
regola i rapporti tra Jake e i propri compagni di squadra, non diventa mai il
fine ultimo del film e, di conseguenza, il serbatoio infinito di una serie di sketch esilaranti ma fini a se stessi. Certo, in alcuni
passaggi è il buon umore e il divertimento a farla da padrone ma in generale la
verve dei personaggi viene
utilizzata da Linklater per esprimere il vitalismo che appartiene a una fase
della vita in cui ogni cosa sembra possibile e dove anche l’anelito di
diventare un campione sportivo o una grande giornalista è alla portata di chiunque
sia in grado di desiderarlo. Come accade nel film del regista americano il
quale, per non venire meno all’originalità della sua nomea isola la vicenda dal
punto di vista temporale, collocandola nei giorni che precedono l’inizio delle
lezioni. L’anomalia della scelta dal punto di vista drammaturgico produce due
effetti: il primo è quello di aumentare l’emotività della storia che, oltre a
contare sull’effetto nostalgia derivato dalla decisione di collocare gli
avvenimenti nell’agosto del 1980, vede amplificare il sentimento d’euforia che
normalmente precede la vigilia del grande evento; il secondo, forse meno
vistoso ma comunque forte, è dato dalla prospettiva dello spettatore il quale
da una parte è immerso - grazie anche all’apporto della musica come sempre
parte in causa dei film di Linklater -
in un’atmosfera da sogno (non è un caso se il film si conclude con
l’immagine di Jake addormentato sul banco del primo giorno di scuola) e
dall’altra rimane cosciente della caducità di questo rito di passaggio che
Linklater pur evocando con il conto alla rovescia che segnala il passare dei
giorni lascia però fuori campo. Presente
come un fantasma che aleggia sulle vite dei protagonisti, preservati ma non
immuni dal destino delle cose umane. Delicatezza di sguardo e umanesimo
narrativo completano le qualità di uno dei lungometraggi più belli della
stagione.
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