sabato, aprile 29, 2017

LA GUERRA DEI CAFONI

La guerra dei cafoni di Davide Barletti, Lorenzo Conte
con Pasquale Patruno, Letizia Pia Cartolaro, Donato Paterno
Italia, 2017 
genere, commedia
durata: 90' 


A Torrematta, territorio selvaggio e sconfinato, in cui non vi è traccia di adulti, se si esclude il gestore di un capanno-bar, ogni estate si combatte una lotta tra bande: da una parte i figli dei ricchi, i signori, e dall'altra i figli della terra, i cafoni. A capo dei rispettivi schieramenti si fronteggiano il fascinoso Francisco Marinho e il cupo Scaleno. Il prologo, che fa emergere quale fosse la differenza tra il padrone e il cafone in epoca medievale, funge da chiave di lettura per l'intera opera; poi si passa agli anni Settanta del secolo scorso, in cui le due bande formate da chi ha troppo e chi non ha nulla combattono senza tregua, cercando al contempo di conoscersi. Un santo protettore dei cafoni, che si chiama Papaquaremma, un cane di nome Mosè e un ragazzo e una ragazza che, come Romeo e Giulietta, appartengono alle classi opposte, possono essere validi esempi di un rimando ad archetipi narrativi forti. Si avverte anche un'eco de "Il signore delle mosche" di Peter Brook, senza, però, che vi sia la minima perdita di originalità. Qui il dramma è temperato dal sorriso suscitato dal personaggio del piccolo Tonino; ma soprattutto, l'analisi socio-antropologica di quell'Italia che non c'è più è acutamente aspra e priva di eufemismi. Il conflitto sociale degenera in una mutazione in cui è determinante la temibile figura di Cuggino, che segna l'ingresso ufficiale della malavita organizzata nel tessuto sociale: i cafoni non vogliono diventare delinquenti, come viene detto in un battuta, ma i delinquenti sapranno come progressivamente espropriarli della loro valenza che ha radici ancestrali. Davide Barletti e Lorenzo Conte sono riusciti a portare sullo schermo con successo un progetto che sulla carta avrebbe potuto sembrare troppo ambizioso. A partire dal casting, formato da adolescenti alla loro prima esperienza cinematografica e chiamati a interpretare con un dialetto stretto, tanto da necessitare dei sottotitoli, un passaggio d'epoca per loro lontanissima. Un lungo percorso di studi li ha condotti a prestazioni di estrema naturalezza, fondamentali per l'esito di una messa in scena complessa, ispirata al romanzo omonimo di Carlo D'amicis.
Riccardo Supino

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