lunedì, ottobre 30, 2017

LA RAGAZZA NELLA NEBBIA

La ragazza nella nebbia
di Donato Carrisi 
con Toni Servillo, Alessio Boni, Lorenzo Richelmy
Italia, 2017
genere, thriller
durata, 127’

La sedicenne Anna Lou, brava ragazza dai lunghi capelli rossi, appartenente ad una confraternita religiosa molto conservatrice, scompare dal paesino montano di Avechot. A interessarsi del caso è l'ispettore Vogel, che ha una reputazione professionale da salvare e una propensione a fare leva sui mass media. Considerato che ad Avechot si è appena trasferito un professore di liceo con moglie e figlia, chi meglio di un estraneo alla comunità può candidarsi come principale sospettato?
Donato Carrisi esordisce alla regia con l'adattamento di uno dei suoi romanzi di maggiore successo, “La ragazza nella nebbia”, firmandone anche la sceneggiatura, e fa dire al professore che "la prima regola di un grande romanziere è copiare".
Fedele al suo motto, procede ad attingere a piene mani da molto del cinema che l'ha preceduto e in particolare da alcuni autori di culto: da David Lynch, innumerevoli i riferimenti a “Twin Peaks”, al David Fincher di “L'amore bugiardo” e di “Seven”, passando per il Giuseppe Tornatore di “Una pura formalità” e Tomas Alfredsion, cui lo accomuna la difficoltà di portare sul grande schermo un noir di successo. “L'uomo di neve” e “La ragazza nella nebbia”, infatti, si somigliano non solo per atmosfere e inquadrature nordiche, ma anche per l'affastellamento delle trame e sottotrame e l'eccessiva sottolineatura esplicativa della vicenda nelle sequenze finali.
Carrisi cita anche molte serie televisive recenti, a cominciare da “Fargo”, e struttura la sua narrazione più secondo le regole del piccolo che del grande schermo, inserendo dettagli didascalici, come le locandine che denunciano la scomparsa di Anna Lou. Anche la scelta delle inquadrature, spesso dall'alto, con inserto di diorama, cerca di dare un'impostazione insolita all'insieme, rivelando, però, il punto debole dell'intera operazione, ovvero la mancanza di originalità autoriale.

Anche la trama è inutilmente contorta, invece di svilupparsi rapidamente, si perde in ridondanze ed eccessi che tolgono potenza narrativa, e il montaggio in flashback e flash forward confonde anziché depistare e, alla fine, chiarire. La narrazione abbandona bruscamente i personaggi, per poi riprenderli e riaccantonarli di nuovo, disturbando il racconto e non creando suspense, col risultato che alcuni personaggi restano fortemente sottosviluppati e altri macchiettistici. Il regista perde, così, l'occasione di esplorare uno dei temi più interessanti della sua storia, ovvero l'interferenza mediatica nella vita delle piccole comunità: e sarebbe stato il primo a farlo in forma drammatica compiuta, dopo la lettura comica di “Omicidio all'italiana” e “Chi m'ha visto?”.

Ciò che è apprezzabile è la buona capacità compositiva delle inquadrature e la recitazione di alcuni membri del cast, in particolare Alessio Boni, Lucrezia Guidone nel ruolo di sua moglie e Daniela Piazza e Thierry Toscan nei panni dei genitori di Anna Lou. Toni Servillo è eccessivamente manierato, e Jean Reno ha un ruolo troppo poco sviluppato per consentirgli l'interpretazione stratificata che il personaggio richiederebbe.
Riccardo Supino

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