Ritorno in Borgogna
di Cedric Kaplish
con Pio Marmai, Ana Girardot, Francois Civil
Francia, 2017
genere, commedia, drammatico
durata, 113'
Considerato che, alla pari di altre cinematografie, anche quella francese arriva in Italia con il contagocce e attraverso una selezione che premia soprattutto i prodotti più leggeri, sorprende in positivo il fatto di ritrovare tra le uscite settimanali il nome di Cedric Kaplish, regista transalpino tra i più eclettici della sua generazione per la capacità di muoversi tra generi e produzioni di diverso segno. In questo contesto, “Ritorno in Borgogna” rischia di apparire quasi autobiografico nella carriera del regista poiché il ritorno a casa di Jean, uno dei protagonisti, costretto a lasciare l’Australia per accorre al capezzale del padre morente e, successivamente, per aiutare i fratelli nella conduzione dei vigneti di famiglia, è, allo stesso tempo, anche quello dell’autore, il cui ultimo film, risalente al 2013 (“Rompicapo a New York”), era stato girato - a differenza di questo, - sul suolo americano.
Sarà stata la lontananza dal set, o forse la presa di coscienza del tempo che passa, fatto sta che “Ritorno in Borgogna”, pur presentando le caratteristiche tipiche dei film di Kaplish, - a cominciare dalla partecipazione corale dei personaggi all’evoluzione della storia - introduce nella filmografia del regista consapevolezze nuove, che riguardano tanto la narrazione, sviluppata con passo da cine romanzo, quanto la drammaturgia dei personaggi che, un po' per il lutto provocato dalla scomparsa del genitore, un po’ per il senso di inadeguatezza che ne contraddistigue le relazioni interpersonali, si colora di sfumature più drammatiche e seriose rispetto a quelle tratteggiate nei lavori precedenti. Ciò non toglie che essendo un film di Kaplish, anche “Ritorno in borgogna” è maggiormente propenso a intrecciare i fili che regolano le esistenze dei personaggi piuttosto che affondare il coltello nei problemi della realtà contemporanea. La quale, pur facendo capolino attraverso gli echi della crisi economica e le problematiche lavorative inerenti alla conduzione dell’azienda vinicola da parte dei tre fratelli, deve comunque sottostare allo swing narrativo del regista, sempre pronto a cambiar musica, alternando senza soluzione di continuità ambienti, situazioni e tipi umani. A venirne fuori è una sorta di soap opera d’autore, in cui Kaplish, senza ruffianeria ma con tanto mestiere, ci coinvolge nelle vicende del film e nelle scelte del sodalizio familiare. Per gli amanti del regista francese “Ritorno in Borgogna” è un film da non mancare.
Carlo Cerofolini
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