Auguri per la tua morte
di Christopher Landon
con Jessica Rothe
USA, 2'017
genere, horror, thriller
durata, 96'
All’inizio la curiosità nei riguardi de “Auguri per la tua morte” era conseguenza del fatto che il lungometraggio di Christopher B. Landon fosse stato realizzato dalla Blumhouse Productions, la casa di produzione indipendente capace di contendere alle major la fetta di mercato relativo al cinema horror. Questo, fino al giorno del debutto nelle sale americane e al responso del box-office che ha visto il lavoro di Landon scalzare dalla vetta nientedimeno che “Blade Runner 2049”, costato cento volte di più, eppure incapace di tenere testa alle schiere di fedelissimi che hanno premiato il debutto del film in argomento. Detto che questo tipo di operazioni rappresentano la specialità della casa creata da Jason Blum, da sempre artefice di progetti a basso costo destinati a realizzare ricavi stratosferici, bisogna dire che la fortuna del brand non è solo una faccenda di semplice contabilità ma risiede nella felicità di certe intuizioni (come quella di rivitalizzare il genio in ambasce di MN Shyamalan) e nella capacità di lavorare sull’immaginario dello spettatore. Sotto questo profilo “Auguri per la tua morte” offre motivi di discontinuità rispetto alla vitalità dei prodotti della blumhouse, essendo troppo deboli le ragioni che giustificano l’urgenza della riproposta in chiave orrorifica del seminale “Ricomincio da capo”, appena utilizzato come modello per il drammatico “Before I Fall”.
Rispetto al film di Ry Russo-Young, la conquista del “paradiso” da parte della protagonista - chiamata espiare le colpe delle proprie manchevolezze - passa dal rewind narrativo in cui la poveretta è costretta a rivivere la propria morte per mano del suo assassino. Considerato che l’orizzonte del thriller messo in scena da Landon è quello di mettere Tree (Jessica Rothe, al suo primo ruolo importante dopo essere apparsa “La La Land”) nella condizione di scoprire l’identità del suo assalitore, “Auguri per la tua morte” si sviluppa in maniera prevedibile, agganciando di sequenza in sequenza particolari e situazioni che, tra gli altri, si rifanno a un classico come “Scream” , riciclato attraverso il rapporto esistente tra le dinamiche di gruppo, tipiche dei teen movie di ambientazione studentesca (dalla supremazia sulla compagine maschile alle invidie di rivali e colleghe) e la ritualità degli omicidi, anche questi segnati da un mascheramento irriverente e un po' grottesco. Non è dunque un caso se, dopo il boom fatto registrare nella prima settimana di programmazione il film sia rientrato nei ranghi di una normalità comunque premiante, ma non in linea con l’andamento degli incassi iniziali.
Carlo Cerofolini
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