Made in Italy
di Luciano Ligabue
con Stefano Accorsi, Kasia Smutniak, Fausto Maria Sciarappa, Alessia Giuliani
Italia, 2017
genere, drammatico
durata, 104'
Parlando di un film italiano o straniero, non succede quasi mai di incontrare un regista versatile ed eclettico come Luciano Ligabue. Consultando un ipotetico archivio oltre al nome di Franco Battiato, musicista che al pari di Ligabue si è cimentato un alcune prove di regia, peraltro accolte con favore da pubblico più colto e cinefilo, non risultano agli atti esempi altrettanto eclatanti. Se, poi, aggiungiamo che il nostro ha pubblicato a varie riprese racconti, romanzi e pure poesie, inducendo i milioni di fan a seguirlo con il medesimo entusiasmo in ognuna di queste prove, si capisce quale fosse l'attesa per l'uscita del suo terzo lungometraggio. Se si esclude "Ligabue Campovolo", testimonianza filmata del concerto tenuto dal rocker di Correggio all'aeroporto di Reggio Emilia del 2011 in cui Ligabue figurava assoluto protagonista davanti e non dietro la macchina da presa, era dal 2002 ("Da zero a dieci") che Ligabue non dirigeva un nuovo lungometraggio. Un'assenza che "Made in Italy" dà la sensazione di voler colmare con una voglia di esserci presente in ogni fotogramma, e che viene testimoniata a partire dalla locandina, in cui il bacio nuziale dei protagonisti Riko (Stefano Accorsi) e Sara (Kasia Smutniak) si sposa con un tripudio di un'umanità che fatica a contenere il proprio entusiasmo. Tutto questo, nonostante Ligabue - pur sullo sfondo di una fiducia che non viene meno anche nei momenti più drammatici della vicenda - continui comunque a esplorare (come aveva già fatto in "Radio Freccia") sentimenti e stati d'animo che si confrontano con il male di vivere nella consapevolezza di quanto sia faticoso mantenersi coerenti di fronte alle contraddizioni del mondo. Come sanno bene Riko e Sara, coppia quarantenne con adolescente a carico, colta nel pieno dell'empasse matrimoniale, quello in cui i tradimenti (di lui) e le stanchezza (di lei) gli fanno considerare se è il caso di mollare tutto e ricominciare da qualche altra parte. Ed è è proprio il dove, inteso sia nell'accezione esistenziale di luogo in cui vivere, sia in quella legata al concetto di paesaggio, preso in esame soprattutto dal punto di vista estetico e culturale, ad avere una ruolo importante nell'economia della storia.
Nella sua natura derivativa (ricordiamo che il film nasce come estensione dell'omonimo album pubblicato alla fine del 2016) "Made in Italy" presentava due incognite: la prima gli veniva dal dover conciliare il formato musicale con quello cinematografico, il secondo dalla necessità di far coesistere - sul piano narrativo - due tipi di innamoramento. Quello interno al film, relativo alla storia tra Riko e Sara e l'altro, frutto dello sguardo con cui il regista si rivolge ai personaggi. A questo proposito non tutto risulta utile alla causa. Non certo la cornice del filmino girato dal figlio di Riko che, inserendosi di tanto in tanto come spazio di riflessione e commento al corso delle vicende, sembra più che altro il pretesto per giustificare la presenza di immagini che altrimenti faticherebbero a conciliarsi con il resto del tessuto narrativo. Altrettanto debole è l'andamento della narrazione, organizzata su una struttura che appare suddivisa in tanti episodi quanti sono i brani che compongono il disco in questione, e perciò a mal partito quando si tratta di evitare che il passaggio da un capitolo all'altro sia più meccanico che spontaneo. Cosa che al contrario non succede all'interno delle singole sezioni, in cui, oltre alla consueta energia fornita dal sound di Ligabue, a far la parte del leone sono l'alchimia e la bravura della coppia formata da Accorsi e Smutniak, così come le performance di coloro che sono chiamati a fargli da spalla, come Fausto Maria Sciarappa e Alessia Giuliani, impeccabili nei ruoli degli amici di turno. Di Ligabue stupisce la capacità di parlare al proprio pubblico indipendentemente dallo strumento utilizzato e senza perdere nulla di ciò che da sempre lo ha reso popolare presso milioni di italiani. Da non sottovalutare come molti sono tentati di fare.
Carlo Cerofolini
(pubblicato su ondacinema.it)
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