mercoledì, gennaio 10, 2018

NAPOLI VELATA

Napoli velata
di Fernand Ozpetek
con Giovanna Mezzogiorno, Alessandro Borghi, Anna Bonaiuti
Italia, 2017
genere drammatico 
durata, 113’


Adriana, anatomopatologo a disagio coi vivi, incontra Andrea, un giovane uomo che la seduce e la ama una notte intera, appassionatamente. Adriana è travolta, finalmente viva. Al risveglio gli sorride e dice accetta il primo appuntamento. Ma Andrea non si presenta. È l'inizio di un'indagine poliziesca ed esistenziale che condurrà Adriana nel ventre di Napoli e di un passato, dove cova un rimosso luttuoso.
Protagonista dichiarata del film, Giovanna Mezzogiorno deve vedersela con Napoli, che assurge in primo piano col suo potenziale esplosivo, la sua straordinaria energia linguistica, le sue contraddizioni interne.
Così la religiosità popolare, nelle sue forme più esasperate (culti, icone, maschere, santini), in Napoli Velata si coniuga con un sostrato pagano, che unisce le tradizioni folcloriche antiche e moderne.
Mescolando i generi, ma privilegiando l'approccio plastico a tutto tondo del melodramma, Ferzan Ozpetek traduce la forza dirompente della città in una struttura narrativa che intreccia fili in profondità. Al cuore del film c'è una conversione che si genera dall'interazione fra una perdita e un incontro.
Questi due elementi in  “Napoli Velata” coincidono, in uno spazio che si fa sempre più fantasmatico e labirintico, dentro una geografia sotterranea, metropolitana, laboratori, gallerie, botteghe, instabile e cadaverica, che dialoga con una geografia superficiale, barocca, scenica, vitale. Lungo il confine che invita all'infrazione, Ozpetek introduce un rito pagano ("La figliata dei femminielli"), una performance antropologica che partorisce un bimbo priapesco e concepisce la passione di Adriana e Andrea.
Andrea inietta nella vita di Adriana il fuoco divampante di un sentimento che resta allo 'stato nascente' ma avvia l'odissea (sessuale) del personaggio. Sarà l'inchiesta a rivelare poi la natura segreta dell'eroina, i suoi segreti e la sua sessualità risvegliata. Inscritto nel quadro di un'indagine poliziesca, il film non è mai realmente interessato al suo intrigo; coglie, invece, e rende visibili i flussi emotivi della sua protagonista e le correnti passionali che legano i personaggi agli amanti. Al ruolo virile e fragile di Alessandro Borghi replica il corpo assediato di Giovanna Mezzogiorno, musa di Ozpetek e soggetto scopico desiderante e immaginifico.


Ma a questo giro di vite alla sua protagonista non basta guardare al di là della strada per compensare con l'immaginazione la vita in cui permane. Sensuale e sensibile, la messa in scena riflette i vacillamenti percepibili della protagonista e tutta l'urgenza dell'attrazione carnale. Un tumulto che Adriana non può evitare e tantomeno dimenticare.

Cupo come un mystery e debordante come un mélo, “Napoli Velata” è un film ambizioso che non nasconde i modelli alti, come Hitchcock, e restituisce in maniera efficace l'incandescenza della passione. A volte l'autore cede al turgore della storia e non riesce a evitare la caduta nella ridondanza e nell'eccesso, ma gli viene in soccorso l'interpretazione di Giovanna Mezzogiorno, unica possibile valvola di sfogo in cui lascia passare il dolore e la perdita, l'infiammazione e lo scacco. Il proprio non poter essere, malinconicamente, che una figura dello scacco. In un film fatto di primi piani intensissimi e sguardi folgoranti, è giusto che la storia rimanga aperta e che sia un ultimo movimento 'a seguire' a chiedere allo spettatore di produrre senso.
Riccardo Supino

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