martedì, novembre 13, 2018

TUTTI LO SANNO


Tutti lo sanno 
di Asghar Farhadi
con Penélope Cruz, 
Spagna-Francia, 2018
Genere: drammatico
durata, 130’

Laura ritorna nel paese della sua infanzia per partecipare al matrimonio della sorella. Lasciata anni prima la Spagna per l'Argentina, si è sposata con un uomo che non ama più e ha due figli che ama sopra ogni cosa. Nella provincia della Rioja, con gli affetti più cari, ritrova Paco, amico di gioventù e compagno per una stagione. L'accoglienza è calorosa, il matrimonio da favola, i festeggiamenti esultanti, i gomiti alzati; la gioia, però, lascia improvvisamente il posto alla disperazione. La figlia di Laura viene rapita. Una sparizione che fa cadere le maschere in famiglia e in piazza, dove 'tutti sanno'.

Cambiamento di lingua (spagnolo), di genere (noir) e di attori (Javier Bardem e Penélope Cruz) per il regista iraniano Asghar Farhadi, che esce dai sentieri battuti, restando, però,  fedele al suo universo e ai suoi temi (il sospetto, la colpa, le crepe familiari).

“Tutti lo sanno” gravita intorno a una relazione privilegiata, consumata in un passato non tanto lontano. Un amore che cova ancora il fuoco, due iniziali incise sul muro di un campanile da due adolescenti persuasi di aver trovato l’anima gemella. Se il campanile è quello hitchcockiano de “La donna che visse due volte”, che evoca un romanticismo inscindibile dal crimine, la relazione mai finita è quella tra Paco e Laura, amici d'infanzia che sono stati innamorati, che sono stati una coppia. 

Concentrati di drammi intimi, i film di Farhadi dimostrano come un evento imprevisto possa rivelare a ciascuno le proprie debolezze, e come, in quella circostanza, le cose non dette, i segreti troppo a lungo custoditi disorientino fino a sconvolgere le relazioni. Nei suoi racconti morali tutti hanno torto e allo stesso tempo ragione. Ciascuno giudica sulla base dei propri criteri personali, gettando sul mondo e sull'altro uno sguardo che resta parziale, soggettivo, ridotto. 

“ Tutti lo sanno” osserva dall'alto di un campanile e di un drone una cascata di menzogne e di piccoli accomodamenti morali, trasformando un décor a cielo aperto in un labirinto angosciante. Nella Spagna rurale e nelle vigne contese tra transazioni sentimentali, giuridiche ed economiche, l'autore dispiega una suspense che indugia su un'importante somma di denaro che deve essere raccolta in poche ore.

Farhadi si prende tutto il tempo per recuperarla e per sviluppare la sua ricerca con scarti un po' forzati e pause esplicative che frequentano i cliché sulla Spagna (sole, vino, fiesta, carattere caliente) che Almodóvar riesce sempre a scansare. Un altro problema è l'esposizione interminabile dei fatti. Tuttavia, a Farhadi, con la complicità dei suoi attori, riescono comunque passaggi di grande cinema, come la disputa esacerbata tra Paco e la sua compagna, alle cui spalle prospera incurante e rigogliosa la vigna per cui si è tanto battuto e che adesso permuta con la vita e con la donna dei suoi sogni. 
Riesce anche a insinuare in uno scambio di sguardi il potenziale avvelenato di una tragedia greca. Ammainando il loro statuto di star, Javier Bardem e Penélope Cruz interpretano febbrilmente tutti i rimorsi, tutto il rammarico, tutte le ombre, i dubbi e l'inquietudine morale dei loro personaggi, sprofondati in una notte senza corrente e dentro un dramma in cui l'eccitazione del ritrovarsi cede il passo alla recrudescenza dei rancori. Secondo esperimento europeo per Asghar Farhadi, dopo la Francia de “Il passato”, che guadagna in competenza tecnica quello che perde in originalità.
Riccardo Supino

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