martedì, novembre 20, 2018

WIDOWS


Widows
di Steve McQueen
con Viola Davis, Michele Rodriguez, Elizabeth Debicki
Gran Bretagna, 2018
genere: thriller - drammatico
durata, 128’



Veronica Rawlins ha una relazione appassionata e sensuale con Harry, che però muore durante un agguato perpetrato ai danni del gangster nero Jamal Manning, che sta cercando di entrare in politica. Jamal vuole soffiare il distretto di Chicago in cui vive alla famiglia Mulligan, la quale lo controlla da sempre; commette, però, un errore: candida il meno esperto Jack, dopo che alcune accuse e l'età hanno reso impresentabile il suo oppressivo padre Tom. Il colpo di Harry finisce non solo in una strage in cui muore tutta la sua banda, ma pure in un incendio che brucia il denaro, tanto che Jamal decide di chiedere un risarcimento a Veronica, cui il marito ha lasciato una bella auto e un lussuoso loft, oltre a una cassetta di sicurezza in cui è nascosto il suo quaderno degli appunti su un prossimo colpo. Veronica decide di realizzare quella rapina e cerca di convincere le altre vedove della banda, Linda Perelli e Alice Gunner, a essere sue complici.

Colmo di intrighi politici e drammi personali, “Widows” ha ricchezza e profondità drammaturgica oltre a uno sguardo spiccatamente autoriale come quello di Steve McQueen, che lascia in più punti le proprie tracce.

Per esempio, già l'incipit giustappone in montaggio alternato la ferocia del colpo, con tanto di sparatoria e corpi crivellati, alla passione a letto tra Veronica e Harry. C'è poi un lungo piano sequenza in cui la macchina da presa è fissata sul cofano dell'auto di Jack Mulligan e si guarda intorno nel passaggio da una zona dismessa di Chicago alla ricca villa di lui, mentre ascoltiamo il dialogo tra Jack e la sua assistente che rimangono però nascosti dietro un vetro nero. Una rappresentazione molto evocativa dell'urbanistica del distretto in cui ha luogo la vicenda. 

Notevoli i primi piani sul predicatore nero, geniale imbonitore di folle interpretato con rara intensità da Jon Michael Hill. Anche nelle scene di violenza, perpetrate per lo più dal fratello di Jamal, il feroce e psicopatico Jatemme, c'è un'esibizione di sadismo raggelante, 

Tratto da una miniserie televisiva inglese di Lynda La Plante del 1983, “Widows” è ricco di materiale narrativo, tanto da reggere senza problemi le oltre due ore di durata. L'adattamento è firmato da Gillian Flynn, scrittrice ora ricercatissima a Hollywood che aveva adattato per David Fincher il proprio romanzo “L'amore bugiardo - Gone Girl” e ha firmato il libro da cui è stata tratta la miniserie “Sharp Objects”. L'azione viene spostata da Londra a Chicago e il cast si fa etnicamente molto più diversificato, tanto che l'unica a restare bianca tra le vedove è Alice, che comunque qui è figlia di un'immigrata. Linda è diventata latina e Veronica è nera con tanto di taglio di capelli afro, così come l'autista del gruppo che era l'unica nera anche nella miniserie originale. 

L'etnia ha un ruolo importante perché “Widows” lentamente si rivela essere un film sulla convivenza impossibile tra gruppi di persone che sono trattate in modo radicalmente diverso dal sistema. È dunque un'opera fortemente politica, oltre che di genere, d'autore e d'intrattenimento al tempo stesso.
McQueen fa un ottimo lavoro nella direzione del cast, tanto che tutti, dalle tre protagoniste fino agli ultimi comprimari, risultano umani e credibili, delineati anche se presenti in pochissime scene, come nel caso della quarta vedova, interpretata da Carrie Coon, o il vecchio Tom Mulligan, feroce e razzista, con il volto del grande Robert Duvall. Interessante, poi, il controcasting di Michelle Rodriguez, che veste i panni della vedova che non sa sparare e guida come una donna normale, mentre la delicata Alicia (Elizabeth Debicki) attraversa una radicale trasformazione, divenendo vera e propria pari della dura Veronica, la carismatica Viola Davis. Incredibilmente incisiva è poi Cynthia Erivo nei panni di Belle, sorta di working class anti-hero, indomabile e agile come una pantera, lascia il segno e la si sarebbe voluta vedere di più. 
McQueen imbastisce con dovizia di dettagli un intrigo tra crimine e politica, congiungendo questi elementi lentamente ma in modo credibile e articolato; inoltre, pur incorporando il colpo di scena più eccessivo della miniserie originale, trova il modo di dargli un senso e farne il momento catartico della sua protagonista.
Riccardo Supino

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