Il peccato – Il furore di Michelangelo
di Andrej Končalovskij
con Alberto Testone, Jakob Diehl, Francesco Gaudiello
Italia, Russia, 2019
genere, biografico, drammatico, storico
durata, 134’
Michelangelo Buonarroti è stato indubbiamente uno dei massimi artisti, non solo italiani, ma anche mondiali che ha realizzato opere di immane e obiettiva bellezza conosciute da chiunque e tramandate nei secoli. Per questo motivo riassumere la sua vita in un film, in un documentario o in qualsiasi altra forma artistico spettacolare risulta, se non impossibile, sicuramente molto difficile. Ma il regista russo Andrej Končalovskij ha comunque provato a dipingere questa figura, seppur non in maniera globale, in un certo periodo della sua vita. Da qui nasce “Il peccato – Il furore di Michelangelo”.
Il film, evento di chiusura del Festival del cinema di Roma, cerca di delineare, per quanto possibile, il genio e la follia di un artista con la a maiuscola. Il momento scelto dal regista è quello che vede Michelangelo alle prese con due importanti commissioni scultoree: la tomba di papa Giulio II Della Rovere e la monumentale facciata della chiesa di San Lorenzo.
Un dualismo continuo quello all’interno del film che vede contrapporsi non solo queste due importanti commissioni, ma anche due città importanti e forti, quali Roma e Firenze, con le quali l’artista si trova talvolta addirittura a conversare. Per non parlare, poi, del dualismo intrinseco di Michelangelo stesso, un uomo controverso, nel quale superbia e avarizia sembrano avere la meglio, portandolo a compiere determinate azioni ritenute, poi, in qualche modo “folli”.
Ma la saggezza di Končalovskij sta anche nel disegnare attorno al protagonista tutto un contorno reale e abbastanza fedele della realtà del tempo. Chiaramente più romanzato rispetto alla vera vita dell’artista, il film aiuta comunque lo spettatore ad entrare dentro la storia, a immedesimarsi con le azioni dei personaggi e a capire il perché di determinati comportamenti. La cornice della narrazione è parte integrante della storia vera e reale.
Elemento, poi, al quale prestare particolare attenzione è l’uguaglianza della prima e dell’ultima sequenza, come ad indicare, in un certo senso, un cerchio che si chiude. Ed è degno di nota il sovrapporsi delle immagini, attraverso dettagli che sono, però, nell’immaginario comune di chiunque e che tutti riconoscono e riconoscerebbero senza esitazione, delle opere più belle realizzate da questo grande genio. Ovviamente solo quelle antecedenti alla realizzazione delle due commissioni del film, anche per una continuità storica. E quindi lo spettatore, dopo aver vissuto a fianco di Michelangelo per un paio d’ore e aver provato con lui gioia, rabbia, frustrazione e follia, vede passare davanti ai suoi occhi La Pietà, il David e Mosè. E capisce e perdona tutto.
Veronica Ranocchi
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