A Chiara
di Jonas Carpignano
con Swamy Rotolo, Grecia
Rotolo, Claudio Rotolo
Italia, 2021
genere: drammatico
durata: 121’
Finisce così la trilogia
di Gioia Tauro d Jonas Carpignano. Con il suo “A Chiara” che con quella “a”
vocativa sembra quasi essere una dedica. A chi lo ha seguito fin dall’inizio,
con il primo film della trilogia, nonché primo lungometraggio in assoluto “Mediterranea”,
al quale è succeduto “A Ciambra”.
“A Chiara” racconta la
vita di Chiara, appunto, una giovane quindicenne che si trova in una fase
particolare della vita: quella in cui vorrebbe sapere tutto, ma in cui non
ottiene niente. È grande per stare dietro ai capricci, seppur minimi, della
sorellina e per iniziare a fumare e a farsi considerare. Ma è piccola per
sapere tutto della sua famiglia, per sapere tutti i segreti che si nascondono
tra le mura di quella che lei ha sempre considerato la propria casa. Al
diciottesimo compleanno della sorella Giulia, che coincide con l’apertura del
film, Chiara fa capire allo spettatore di essere particolarmente legata al
padre con il quale si sente sempre protetta. Ma, subito dopo la festa, nel
momento in cui il padre fugge e non si fa più né trovare né vedere, Chiara
inizia ad interrogarsi. Vuole sapere perché tutte le notizie dei tg parlano di
suo padre come di un latitante, vuole sapere chi è veramente e vuole sapere
come mai è stata tenuta all’oscuro di tutto. Ma le domande che fa sono troppe e
troppo scomode. Per questo deciderà di cercare risposte da sola. Perché la sua
caratteristica principale, oltre alla curiosità, è la tenacia e il fatto di non
lasciarsi abbattere dalle difficoltà.
Un film che lascia tanto
spazio a una ricerca della verità silenziosa. Soprattutto la prima parte del
film, fatta eccezione per la festa e i rumori che essa si porta dietro, è
prevalentemente muta, nel senso che la macchina da presa segue i personaggi e
si lascia guidare da loro (e soprattutto da Chiara) senza dover dare o ricevere
spiegazioni. È lo sguardo, quasi magnetico, della protagonista che, con quei
profondi ed enormi occhi neri guarda la realtà che la circonda, cercando di
scoprirla e svelarla a poco a poco.
Carpignano lascia la
riflessione allo spettatore che cerca di indagare insieme alla stessa Chiara,
costantemente dilaniata dalla scoperta e accettazione della verità e dall’amore
per la propria famiglia. Lei sa, fin da subito, come stanno le cose e cosa è
giusto e cosa no. Ma continua a sperare che non sia come lei pensa. Quando si
trova di fronte alla cruda verità deve, prima di tutto capirla, e poi, una
volta archiviata la “batosta”, accettarla e prendere la decisione giusta. Per
il proprio bene e per quello delle persone che la circondano.
Oltre alla situazione che
la circonda che rappresenta il fulcro dell’intero film premiato a Cannes, nella
Quinzaine, a colpire particolarmente è il coraggio di Chiara. Un coraggio non
scontato, soprattutto se si considera il fatto che ha solo 15 anni. Scopre una
verità nascosta da chissà quanto tempo, si sente tradita da tutto e da tutti,
da tutte le persone a cui lei voleva bene e nelle quali aveva riposto fiducia e
inizia a interrogarsi. Fin da subito il suo comportamento e la sua reazione sono
quelli di qualsiasi persona nella sua posizione. Pensa di poter affrontare la
cosa “a muso duro”, ma la realtà intorno a lei le fa capire che non può
permetterselo.
Lo sguardo sempre guardingo
di Chiara, sottolineato dagli enormi occhi neri, già citati, è emblematico
della situazione che lei vive. Si guarda attorno, aspettandosi, a ragione, che
succeda chissà cosa da un momento all’altro. E, alla fine, posta di fronte a un
bivio, è costretta a scegliere.
Una vera famiglia (Rotolo)
anche nella realtà quella reclutata da Carpignano per il film che, quindi, per
certi aspetti, non ha avuto difficoltà a rendere autentici e reali scambi di
battute e situazioni all’ordine del giorno. La naturale confidenza di Chiara
con la famiglia è la reale confidenza che Swamy Rotolo, interprete della
giovane protagonista, ha con il resto della sua propria famiglia.
Una storia nella storia,
insomma, quella raccontata dal regista italiano e statunitense che chiude in
maniera efficace la sua trilogia.
Veronica Ranocchi
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