mercoledì, ottobre 20, 2021

MOTHERING SUNDAY

Mothering Sunday

di Eva Husson

con Odessa Young, Josh O’Connor, Colin Firth

Gran Bretagna, 2021

genere: drammatico

durata: 110’

Una domenica molto particolare quella di Jane e Paul, amanti segreti e protagonisti di “Mothering Sunday” di Eva Husson, presentato alla Festa del cinema di Roma nella sezione “Tutti ne parlano”.

La storia, ambientata nell’Inghilterra 1924, vede al centro tre famiglie, unite sotto più punti di vista. Ci sono gli Sheringham, nobile famiglia della quale fa parte Paul, il giovane e unico figlio rimasto in vita alla coppia di genitori che attende le nozze con la giovane Emma. Ed ecco la seconda famiglia, quella di quest’ultima, giovane promessa in moglie a uno dei due fratelli di Paul, caduto in guerra, e, quindi, destinata a passare il resto della propria vita al fianco del gentile e premuroso protagonista che, con lei, condivide solo lo status sociale e nulla più. Infine ci sono i Niven, ricchi coniugi rimasti soli e senza figli, che hanno assunto la giovane orfana Jane Fairchild come domestica.

Durante una domenica di primavera, coincidente con la festa della mamma, Jane si accorda di nascosto con Paul per passare una giornata insieme, lontani dagli altri e vivere serenamente il loro amore proibito.

Peccato, però, che il destino abbia progetti particolari per i due amanti.

Il ricco cast di richiamo che vede, tra i vari nomi, Olivia Colman e Colin Firth, nei ruoli dei coniugi Niven, deve, in realtà, molto a Odessa Young e Josh O’Connor, rispettivamente Jane e Paul.

Un film che si ancora molto alle interpretazioni e alla fotografia, guidata da una regia (fin troppo) artistica. Attenzione fin troppo esagerata anche a un contesto che non aiuta e non si integra appieno con la narrazione.

“Mothering Sunday” è il “Downton Abbey” del 2021. Ambientazione temporale e spaziale praticamente identica. Avvenimenti praticamente identici. Personaggi che devono molto a quelli che tanti hanno conosciuto sul piccolo schermo grazie alla serie britannica.

A livello di tematiche sicuramente la perdita e l’elaborazione del lutto sono, dopo l’amore, quelle principali e funzionali allo sviluppo della vicenda. Ogni personaggio ha il proprio modo di vedere il mondo e la realtà dei fatti. Ognuno reagisce al distacco in maniera diversa. Ed è interessante apprezzarne le differenze, alcune quasi all’eccesso tanto da far pronunciare al personaggio di Olivia Colman una frase emblematica nei confronti di Jane. La donna si rivolge, infatti, alla propria domestica dicendole che può ritenersi fortunata di essere orfana perché non avendo conosciuto i propri genitori non dovrà provare dolore a differenza sua che, invece, ha perso un figlio.

Una chiave di lettura che poteva essere approfondita in maniera diversa e non limitandosi a dilatare il tempo di un pranzo che è la maschera dell’intera esistenza delle tre famiglie.

La spinta d’interesse che Eva Husson vuole dare e suggerire con il suo film va troppo oltre. È la nudità a prendere il sopravvento e a far dubitare lo spettatore che, invece di seguire linearmente lo sviluppo della narrazione, si concentra sui dettagli, tutt’altro che funzionali.

E anche l’escamotage utilizzato per raccontare gli avvenimenti sa di già visto, non integra e anzi risulta piuttosto banale.

Forse la direzione presa dalla Husson è quella di un riferimento a momenti d’altro tempo che, però, invece di essere solamente poetici e fini a sé stessi, avrebbero potuto osare e raccontare di più.

E poteva essere sfruttato maggiormente anche il cast, come detto, pieno di volti noti che tendono a perdersi e mimetizzarsi con il contorno.


Veronica Ranocchi

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