Yuni
di Kamila Andini
con Arawinda Kirana,
Kevin Ardilova, Dimas Aditya
Indonesia, Singapore, Francia,
Australia, 2021
genere: drammatico
durata: 95’
Tante emozioni in “Yuni”,
in concorso alla Festa del cinema di Roma.
Yuni, oltre ad essere il
titolo del film, è anche una ragazza indonesiana, protagonista della vicenda e
di una vita per lei troppo stretta, con troppe restrizioni e regole ferree da
seguire.
Un’adolescente brillante
e intelligente che sogna di poter frequentare l’università, ma che, per farlo,
deve “combattere” contro la propria famiglia e le usanze del proprio paese.
Quando due uomini che lei nemmeno conosce la chiedono in moglie, la giovane
rifiuta le proposte innescando una serie di chiacchiere e maldicenze tra tutti
coloro che la incontrano. Anche perché secondo una leggenda, la donna che rifiuta
tre proposte di matrimonio non si sposerà mai. E tutto si complica ancora di
più nel momento in cui arriva un terzo pretendente a chiedere nuovamente la
mano di Yuni.
Non ci è dato sapere, per
tutta la durata del film, se la giovane sia preoccupata più per il fatto di non
poter entrare all’università se non si comporta secondo i rigidi dettami del
paese o se per i continui rifiuti che la porteranno, probabilmente, a non
riuscire mai, nemmeno in futuro, a crearsi una famiglia. In alcuni momenti la
scelta sembra orientarsi in una direzione, in altri nell’altra. E la giovane interprete
è molto brava a far percepire questo contrasto interno che non può mai
veramente esternare del tutto. Non ha nessuno con cui parlarne, non ha nessuno
con cui confidarsi e a cui chiedere consiglio. È e vuole essere sola. O meglio
libera. Per Yuni l’essere sola e non essere obbligata a instaurare legami e
relazioni è sinonimo di libertà. La stessa libertà che la potrebbe portare,
senza alcuna difficoltà, all’università, date le sue grandi doti intellettive.
E sono proprio quelle che la fanno emergere rispetto agli altri, rispetto alle
sue amiche, ai suoi compagni e ai suoi conoscenti. Nessuno può comprenderla completamente
perché nessuno sa abbastanza. Fatta eccezione solo per Yoga, l’unico in grado
di capirla e accettarla. Yoga è innamorato di lei da sempre, di un amore sincero
e autentico, tanto da impedirgli di proferire parola in sua presenza. Ed è lo
stesso amore che permetterà ai due di diventare sé stessi, lasciando da parte
tutto il resto.
Anche se tutto ruota intorno
alla questione del matrimonio combinato, sono in realtà molte di più le
tematiche affrontate in questa bella storia di formazione, di adolescenza, di
crescita e di accettazione.
E oltre a questo c’è
tutta una serie di simbologie che, se analizzate attentamente, possono far
andare oltre la semplice comprensione della storia. Uno su tutti l’uso del
colore viola al quale Yuni ricorre continuamente, quasi come via di fuga a
tutto quello che la circonda. Ne è ossessionata, tanto da vestirsi con qualche
accessorio viola quando possibile, ma anche portandolo via ai suoi compagni e compagne
in una sorta di raptus morboso, come se da quello dipendesse la sua intera
esistenza.
Esistenza che è costantemente
in bilico e che spetta al pubblico osservare e comprendere, fino all’ultimo
istante con l’ultima decisione presa da Yuni. Una decisione che decide di
condividere con il pubblico che, a sua volta, è “libero” di interpretare a
proprio piacimento.
Cosa sceglie veramente
Yuni? E la scelta che fa è quella più giusta?
Un’indicazione di quello
che rappresenta veramente questa scelta la si può ritrovare nell’ottima
costruzione della storia e, più precisamente, della sequenza iniziale e di
quella finale. La prima che va dal particolare al generale e la seconda al
contrario. Ma soprattutto lo spettatore entra nella vicenda attraverso il
personaggio di Yuni che, una delle tante mattine, si prepara per uscire di casa
e andare a scuola. La prima immagine che vediamo è quella di una ragazza che si
sta vestendo in camera sua e che la macchina da presa segue attentamente, senza
mai andarsene. La scena finale è, invece, il contrario e fa da contraltare, appunto,
alla primissima immagine che ci permette di conoscere Yuni. Alla fine, infatti,
la giovane si spoglia di tutto ciò che è superfluo, di tutto ciò che non
appartiene alla Yuni che vuole essere, di tutto ciò che non la rende libera.
Una liberazione in tutti
i sensi, mitigata anche dall’acqua, vista come fonte di salvezza.
Un viaggio tra le
emozioni di un’adolescente e di un intero popolo. Un viaggio di formazione e di
conoscenza. Un viaggio da fare.
Veronica Ranocchi
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