Past Lives
di Celine Song
con Greta Lee, Teo Yoo, John
Magaro
USA, 2023
genere: drammatico,
sentimentale
durata: 106’
Sembra proprio sia ancora
possibile raccontare grandi storie con pochi elementi e con grande semplicità. Perché
è questa la vera e forse più importante lezione da apprendere dopo la visione
di “Past Lives” di Celine Song.
L’esordio alla regia di
questa regista coreana, che ormai vive in America, è forse il film che più di
tutti elogia la semplicità, la quotidianità e la normalità (sulla scia del
recente “Perfect Days”).
La protagonista della
vicenda è Nora (il cui nome di battesimo coreano è Na Young) che all’età di 12
anni deve trasferirsi insieme alla famiglia (la madre scrittrice, il padre
regista e la sorellina) dalla Corea all’America. Nel paese natio deve lasciare,
quindi, la sua vecchia vita e soprattutto il suo primo amore (Hae Sung) con il
quale, però, riesce a mettersi nuovamente in contatto dall’America 12 anni dopo,
salvo poi bloccare le comunicazioni perché troppo distanti e probabilmente
senza futuro. Nel giro di poco tempo in una residenza per artisti (a New York
Nora è una sceneggiatrice) la protagonista incontra Arthur del quale si innamora.
I due si sposano, ma cosa succederà quando dopo altri 12 anni Nora incontrerà
nuovamente sulla sua strada il suo primo amore?
Un film nel quale, come “spiegato”
nel titolo, si intersecano vite passate (o presunte tali) con un presente e un
ipotetico futuro, andando a scavare nelle profondità dell’animo di ognuno di
noi.
Quante volte è capitato
di dire o di pensare “e se fosse andata diversamente?”. Ecco, “Past Lives”
mette sullo schermo la risposta (e le tante ulteriori domande che ne derivano)
a questo quesito quasi impossibile.
Ma a colpire, al di là
della visione alla “Sliding Doors”, sono la semplicità e la delicatezza, a
volte anche crudele, con le quali Celine Song mette in scena la vita di Nora. Continuamente
di fronte a bivi, dualismi e contrasti, Nora deve sempre cercare la soluzione
che non è quasi mai quella semplice o quella che vuole/vorrebbe.
A incarnare, anche
visivamente, queste scelte obbligate ci pensa anche la messa in scena sempre
attenta a creare una sorta di contrapposizione. Dagli elementi fisici, che
sembrano frapporsi tra i protagonisti, alle dinamiche umane. Perché se le scale
rappresentano metaforicamente la scalata sociale (e non solo) compiuta da Nora,
sono le sue affermazioni e il suo modo (semplice) di vedere la vita, le persone
e i rapporti umani a decretarne il successo.
Celine Song parla di
assenza di supereroi in una storia semplice che elogia la semplicità attraverso
personaggi che potrebbero essere chiunque. Ma forse è proprio questa la magia
di una storia comunque unica perché “personale”.
Bivi e scale sono solo la
rappresentazione fisica delle difficoltà alle quali andrà incontro Nora nella
propria vita. Difficoltà che si iniziano a presentare fin dall’infanzia e che
andranno ad aumentare con l’andare avanti del tempo, messe in evidenza dalla
saggia decisione di ricorrere non soltanto a una barriera linguistica, ma anche
a una barriera reale e ancora più difficile da superare: la distanza. Una
distanza che, grazie al progresso e alla modernità, può essere scavalcata
tramite alcuni mezzi, ma solo in parte. Il filtro dello schermo, infatti, è
solo un esempio. Un esempio concretizzato poi dalle differenze linguistiche e
di usi e costumi. E non è un caso che la storia inizi da una situazione ben
precisa che viene scardinata, mostrata ed elaborata tornando indietro di
diversi anni. La primissima scena mette in evidenza tutte queste differenze e
lo fa senza dare spiegazioni. Le voci fuori campo commentano quello che vedono
come farebbe qualsiasi spettatore. Le differenze sono tante e fin troppo
evidenti e l’obiettivo diventa quindi quello di scardinarle. Cos’è che è “troppo
coreano” come Nora tenta di spiegare al marito? E cosa non lo è? Come ci si
avvicina (o allontana) da una cultura, da un modo di vivere e di essere? Lo si
può fare davvero?
Alla fine la lingua
diventa solo un pretesto per avvicinarsi o allontanarsi e, nel caso di “Past
Lives”, per far (ri)vivere a Nora qualcosa che forse, nonostante tutto, non
potrà più vivere.
Un dualismo continuo e
perenne che si evolve e si intreccia attraverso la figura di Nora che cerca,
per quanto possibile, di far avvicinare due persone, due culture, due lingue,
due mondi diversi ricorrendo comunque, anche se involontariamente, a situazioni
diverse e contrapposte. Cosa è giusto e cosa sbagliato? Per chi fare il tifo? Non
ci sono schieramenti in “Past Lives”, ma solo grande consapevolezza. Di ognuno
di noi e del mondo che ci circonda.
Veronica Ranocchi
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