Romeo è Giulietta
di Giovanni Veronesi
con Pilar Fogliati,
Sergio Castellitto, Maurizio Lombardi
Italia, 2024
genere: commedia
durata: 112’
Un’ottima base di
partenza e un sodalizio sempre più affermato quello tra Giovanni Veronesi e
Pilar Fogliati che non è più solo un “caso”, ma una collaborazione vincente e
riuscita.
A dimostrarlo, per
l’ennesima volta, è il film “Romeo è Giulietta”, una commedia che si distacca
da quelle che hanno consacrato l’autore toscano e che cerca di affacciarsi nel
non semplice mondo del dramma (contemporaneo).
“Romeo è Giulietta” è il
tentativo di mettere in scena la celebre opera di Shakespeare da parte
dell’acclamato regista Landi Porrini (un Sergio Castellitto in stato di
grazia). A mettergli i bastoni tra le ruote c’è però Vittoria (l’ormai lanciata
e affermata Pilar Fogliati), aspirante attrice (ostacolata da un’accusa di
plagio mossale in passato) che, con il fidanzato, anch’egli alla ricerca di un
ruolo nello spettacolo, si dimostrerà una vera e propria spina nel fianco del
regista tanto acclamato quanto incapace di vedere oltre il suo naso.
Una storia che sa di
moderno o che almeno tenta di far respirare una ventata di freschezza al pubblico,
partendo da basi che ricalcano l’attualità, strizzando l’occhio al
politicamente corretto, all’accettazione e alla differenza di genere.
Le premesse ci sono tutte
e la base di partenza è innovativa a tal punto da poter permettere al regista e
agli attori di giocare con qualcosa che rappresenta la classicità per
eccellenza.
Quando si pensa a
Shakespeare, e a “Romeo e Giulietta” in particolare, si pensa inevitabilmente a
qualcosa di “tradizionale”, ma anche di statico e intoccabile. Veronesi,
invece, con la sua commedia ci dimostra il contrario; ci dimostra che si può
giocare, scherzare e plasmare anche un’opera classica come questa se si toccano
gli elementi (e le corde) giusti. Si comprendono le scelte e le motivazioni che
portano i personaggi ad agire in quel determinato modo.
Risulta difficile
empatizzare con la follia del regista interpretato da Castellitto, ma è
semplice capire la sua voglia di dimostrare al mondo che, nonostante tutto e
nonostante tutti, è ancora in grado di trasmettere emozioni nuove, seppur
attraverso “materiale più datato”.
Se, quindi, il
personaggio di Sergio Castellitto, anche fin troppo sopra le righe,
contribuisce sicuramente alla buona riuscita del film, insieme a una sempre più
affermata (e poliedrica) Pilar Fogliati, ci sono anche elementi che fanno da
contraltare.
L’aver calcato la mano su
tutto ciò che contribuisce a rendere la pellicola “politicamente corretta” se
da una parte può strizzare l’occhio positivamente a tutti coloro che ci vedono
un’apertura e lo considerano come un ulteriore passo avanti, dall’altra sembra “stereotipizzare”
fin troppo il tutto, tanto da rendere quasi surreale l’incontro tra tutti
questi personaggi e questi elementi.
L’elogio al teatro e il
porlo al centro della scena (anche con l’intervento, seppur breve, di una “nonna”
Margherita Buy letale) è indubbiamente un punto a favore del regista pratese
che, così facendo, dimostra anche una maturazione dietro la macchina da presa.
Ma questo basta per far decollare davvero una commedia come questa? Forse si
sarebbe potuto osare (e sviluppare) di più determinati aspetti. Come le
divertenti incursioni di Geppi Cucciari nei panni di una truccatrice in cerca
di una rivalsa, o anche quelle delle due metà dei protagonisti: da una parte
Maurizio Lombardi, che interpreta un riuscito Lori, storico compagno del
regista Landi Porrini, e dall’altra Domenico Diele, fidanzato di Vittoria, con
il sogno da sempre di interpretare Romeo. Tutti personaggi destinati a sfumare,
inglobati dai protagonisti e dal cercare di andare oltre una barriera che,
però, si fatica a scavalcare subito completamente.
La chiave c’è, adesso va
solo inserita correttamente nella toppa e fatta girare, così come gira il misterioso
Otto Novembre.
Veronica Ranocchi
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