Confortati dai risultati del box office che preferisce la popolarità dell’interprete alla coerenza dell’opera, e costretti da una mancanza di idee che è diventata la caratteristica principale della maggior parte del cinema di quelle parti, i Mogul Hollywoodiani confermano la tendenza di un cinema palcoscenico, con la star di turno ingaggiata per attraversarlo con i segni caratteristici della sua popolarità. E’ il cinema di Adam Sadler e del primo Jim Carrey e diventa da oggi anche quello di Kevin James, assurto a massima popolarità cinematografica dopo varia gavetta televisiva e la parte da coprotagonista in “Hitch”, dove interpretava il tipo a cui Will Smith dispensava i consigli per conquistare il cuore della ricca finanziera.
Dotato di naturale leggiadria a discapito di un fisico a dir poco debordante, il nostro è diventato famoso per l’interpretazione di personaggi costretti a sfoderare la propria vitalità per sopperire ad un appeal lontano dai canoni richiesti dal mercato. Gli svantaggi costruiti dal copione uniti alla contaggiosa empatia dell’attore costituiscono una miscela irresistibile per il pubblico americano che finisce per immedesimarsi così tanto alle imprese del nostro eroe da decretarne il successo indipendentemente dalla qualità dell’operazione in cui è coinvolto. Caratteristiche che questo film conferma a partire dal titolo originale (Paul Blart: small cop), in cui i dati anagrafici messi in bella vista esauriscono ed insieme enfatizzano i contenuti di una storia costruita addosso all’attore chiamato ad interpretare un addetto alla sicurezza di un grande magazzino che aspira a diventare poliziotto e nel frattempo è costretto ad affrontare un manipolo di manigoldi che vuole impossessarsi degli incassi dell’esercizio in cui lavora. Alle prese con una missione impossibile, Paul avrà modo di andare oltre le apparenze rivelando un coraggio da leoni e finirà per conquistare il cuore di Amy, la commessa di cui è innamorato, a sua volta coinvolta come ostaggio nella vicenda. Ambientato per la maggior parte all’interno del grande magazzino che fa da sfondo alla storia, “Il superpoliziotto del supermercato” cerca di assecondare i gusti del pubblico semplificando al massimo il canovaccio e facendo del personaggio un emblema di una bontà ai limiti dell’autolesionismo. Ma è proprio la mancanza di cattiveria e conseguentemente di un Villain che renda credibili le fatiche del personaggio ad azzerare i motivi del divertimento. Con le armi spuntate e per nulla supportato da una regia che confonde il minimalismo con la superficialità, James si limita a fare quello per cui è stato ingaggiato, sfoderando l’ennesima versione dello sfigato dal cuore tenero. Massimo risultato con il minimo sforzo se è vero che il botteghino americano ha ampiamente ripagato gli sforzi messi in campo, facendo de “Il superpoliziotto” uno dei film più visti della stagione.
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