La visita del Papa a Rio de Janeiro costringe i governanti della città a ripulire la favela che si affaccia sulla dimora del Santo Padre. Un impresa che rasenta l’impossibile per l’efficacia dell’azione malavitosa, organizzata e crudele come quella di Gomorra, ma anche per il contrasto di una polizia endemicamente corrotta. Una resa a priori, che le istituzioni sanciscono con l’impiego della cosiddetta “Tropa de elite”, corpo para militare con licenza di uccidere ed una giurisdizione che si sovrappone alle forze regolari: di nero vestiti ed equipaggiati come Rambo, i soldati si muovono all’unisono sotto la guida del loro capitano, un tipo ferocemente determinato ma qui in crisi di coscienza per la nascita del figlio, e per questo ansioso di sganciarsi da un incarico che diventa sempre piu’ pericoloso. Il compito istituzionale e le istanze private si incrociano con un susseguirsi serrato di azione e spunto sociologico, in un quadro generale di violenza in cui bene e male si fondono in un macabro balletto che non risparmia niente e nessuno: dall’idealismo dei due poliziotti, co protagonisti del film e contraltare al cinismo del loro mentore, alla studentessa benestante e progressista, schiacciata da un ideologia che le impedisce di intuire i pericoli dell’ umanitarismo a tutti i costi, alla stessa favela, erma bifronte, capace di ammaliare con il colore delle sue notti ma anche di uccidere tra l’inconsapevole accondiscendenza dei suoi abitanti.
La scelta di aprire con una scena che si colloca cronologicamente a metà del film catapulta lo spettatore nel vortice dell’azione ed insieme cristallizza il punto di non ritorno dopo il quale moralità e politicamente corretto lasciano il posto ad una resa dei conti fatta di istinto e polvere da sparo, di squarci di luce ed improvvise oscurità,ed in cui la dignità dell’uomo è scavalcata dall’istinto di sopravvivenza. Cadenzato sui ritmi di una colonna sonora che si fa beffa della morte e sembra richiamare nostalgie guerrafondaie, il film ci mostra immagini ipertrofiche che raccontano di uno stato emozionale sempre al limite e di uno sguardo che potrebbe sembrare presuntuoso per l’ipercinetismo della mdp ed invece è il risultato di una rappresentazione del dolore che vuole essere anche una provocazione verso il terzomondismo di facciata che riempie i mezzi di informazione e che è diventato un modo come un altro per rimuovere fastidiosi rimorsi di coscienza. Guardare la favela attraverso gli occhi del potere era una scelta a rischio, per la carica di machismo ed esaltazione connaturata nello spirito di chi si sporca le mani, ma il regista la compie in maniera consapevole, lontano da visioni maniche e senza proporre soluzioni, ma puntando tutto sull’impatto del messaggio. La sguardo, seppur carico di connotazioni che richiamano i peggiori spettri del totalitarismo ( le divise nere ed il teschio assunto come fregio, l’addestramento delle reclute e l’onnipotenza dei comandanti) non è mai fino a se stesso ma teso a definire i limiti di questa follia collettiva. Ne deriva uno stile dinamico che mischia documento e finzione, con la telecamera che rincorre gli eventi e talvolta li precede mentre la pellicola gioca con i colori alterandone la consistenza. Si arriva alla fine con il cuore in gola, attaccati ed insieme respinti da una storia che ti entra nella pelle e li rimane per ricordarti che quello che hai visto esiste e continua ad accadere.
4 commenti:
Leggenda vuole, che prima dell'uscita in sala una copia del film sia stata trafugata e ovviamente diffusa in dvd. Si calcola che il film sia stato visto clandestinamente da almeno 3 milioni di brasiliani prima della sua uscita.
....e nonostante questo è stato un successo al botteghino.
Film controverso fin dalla sua prima apparizione internazionale al festival di Berlino 2008 dove poi ha vinto il leone d'oro: addetti ai lavori divisi a metà con taluni che accusavano il film di essere l'estremo rigurgito fascista di una nazione che in passato aveva protetto pericolosi criminali di guerra.
Anche in italia non sono mancati dissensi, soprattutto da parte di quella critica militante che vorrebbe il cinema sudamericano ancora fermo alle forme pauperistiche di qualche hanno fà.
In realtà questo cinema si è emancipato dal passato ed ora guarda alla realtà con uno stile simile a quello del cinema statunitense e con forme che prediligono il genere NOIR.
Per mè è cinema ai massimi livelli tanto da inserirlo nella sezione CULT.
ehm...ehm..scusi egregio nickoftime probabilmente ha sbagliato animale, forse a Berlino ha vinto l'ORSO d'oro, il leone si vince da un'altra parte:-))
esatto...ho sempre problemi a distinguere un animale da un altro
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