giovedì, agosto 30, 2012

Festival del cinema di Venezia 69 (2)




Identificazione di una mostra: la 69 edizione del Festival di Venezia lontano dagli schermi - 1 giornata

Dunque la mostra ha preso il via ieri sera con la cerimonia di presentazione ed il film d’apertura di Mira Nair dedicato al confronto multiculturale tra oriente ed occidente dopo l’11 settembre. Una via di mezzo tra spettacolo ed impegno com’è nella consuetudine delle opere chiamate a tagliare il nastro di partenza del carnevale festivaliero. Se dovessimo affidarci alle prime sensazioni desunte dalla lettura dei giornali e dai primi post comparsi sulla rete “The Reluctant Fundamentalist” sembra il classico film girato per accontentare tutti e quindi per non soddisfare nessuno. Vi si narra di un prodigioso analista di Wall Street di origine pakistano perfettamente integrato nel sistema americano costretto a rivedere le sue posizioni quando l’attentato dell’11 settembre lo rende il terminale dei sospetti di un America ferita e xenofoba. Un soggetto di massima attualità travasato sullo schermo dall’omonimo romanzo (di successo) il film della Nair corre il rischio di semplificare troppo e di romanzare molto a favore di una storia che si lascia contaminare anche dal sentimento amoroso quando si sofferma sulla relazione del protagonista con una bella e ricca ragazza che ha la faccia di Kate Hudson. La critica si è divisa ma in modo tiepido, come se già sapesse che in fondo il primo giorno serve solo a scaldare la dialettica in attesa dei nomi che contano, quelli per cui vale la pena spendere ossequi o lanciarsi in quei dissensi che come a San Remo non solo fanno parte del gioco ma assicurano anche l’innalzamento dell’audience, imprescindibile anche da queste parti. La musica è invece protagonista del documentario “Enzo Avitabile Music Life”che il grande Jonathan Demme ha dedicato al poliedrico Enzo Avitabile ed alla sua World Music: il ritratto dell’uomo e dell’artista è ancora più eccezionale se pensiamo alla caratura del regista americano, al talento di uno sguardo capace di fissare per sempre le imprese dei “Talking Heads” nel bellissimo “Stop Making Sense”, e poi alla valorizzazione di un musicista che in Italia conoscevano in pochi e che per Demme è invece oggetto di sconfinata ammirazione.
Al contrario è di una popolarità da rotocalco che si riempivano le immagini provenieti dal lido, ieri monopolizzato da bellezze nostrane e d’importazione si alternavano sul red carpet: da Letizia Casta promossa giurata ma sempre intenzionata ad investire sulla bellezza con un completo di pizzo nero che prometteva il paradiso, al confronto tra signore in rosso targato Violante Placido in vacanza di lavoro e Katia Smutniak madrina della mostra, ed ancora Kate Hudson in versione nude look e poi, quasi per confermare un presente italico pieno di derive Valeria Marini con vestito che lasciava scoperta la parte bassa della schiena quasi a voler indirizzare i flash su quel tatuaggio a livello gluteo distogliendo l'attenzione da un viso irriggidito dai bisturi della chirurgia (si fa perdire) estetica. Uno spettacolo mediatico sobrio a detta dei presenti nel rispetto del momento presente e con il direttore della mostra Alberto Barbera lui si riluttante, assente vistoso al momento della presentazione delle giurie capitanate da un emozionatissimo (anche lui, si anche lui) Michael Mann. Insomma tutto nella consuetudine per una giornata d’apertura che si chiude con un dubbio: ma sarà vera la voce che la divina Casta è in rotta con Stefano Accorsi? E’ con questa domanda senza risposta che si chiude il sipario, forse nei prossimi giorni ne sapremo di più.
Abbiamo parlato di:
The Reluctant Fundamentalist (Usa 2012) di Mira Nair con Ritz Ahmed, Kate Hudson, Liev Schreiber, Kiefer Sutherland. Genere: drammatico
Enzo Avitabile Music Life (Usa/Italia 2012) di Jonatham Demme. Genere: documentario 

2 commenti:

Fabrizio ha detto...

che razza di titolo è "il fondamentalista riluttante"?

Anonimo ha detto...

rispondo solo adesso perchè ho il pc fuori uso..il titolo è un ossimoro che dovrebbe riferirsi alla dicotomia del personaggio..pakistano di nascita e quindi mussulmano e quindi terrorista suo malgrado dopo l'11 settembre ed il suo essere perfettamente integrato nel sistema americano in cui vive, lavora e si innamora...

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