Red Lights
di Rodrigo Cortes (Usa 2012)
con Robert De Niro, Sigourney Weaver, Cillian Murphy
Una cosa si può affermare con certezza: Robert De Niro non è più una garanzia. Spinto da bulimia cinematografica che lo ha trasformato nella versione americana di Gerard Depardieu, il nostro è ormai pronto a calarsi in qualsiasi avventura, non facendo più distinzioni di ruoli e sceneggiature. Un globetrotter capace di non arretrare neanche di fronte alla format comedy nostrana (Veronesi), ed ora coinvolto in una storia ai confini del paranormale nel ruolo di un diabolico seduttore di folle convinto di poter dimostrare di fronte alla scienza la veridicità dei suoi poteri sovrannaturali. Ad impedirlo, o per meglio dire, a tentare di provare il contrario, due dottori coinvolti nella faccenda per diversi motivi - il personaggio di Cillian Murphy è anche un sensitivo mentre quello della Weaver deve esorcizzare la quasi morte del figlio ridotto ad un vegetale e tenuto in vita in maniera artificiale - e costretti successivamente a confrontarsi con la minaccia molto materiale di un personaggio che ha le movenze ed il piglio di un boss malavitoso. Ed è proprio qui il problema, e cioè nel voler prelevare l'mmagine del De Niro di "Goodfellas" per trapiantarla nelle atmosfere poco metafisiche del film di Cortes. Lo stridore è evidente e poco credibile quando l'attore deve assumere atteggiamenti da pizia e vaticinare a proposito dei misteri dell'esistenza con una faccia che rivela fissità ed imbarazzo. C'è poi la trama resa debole dalle motivazioni che spingono la squadra dei ghostbusters a smascherare l'impostore. In quel fluttuare tra scienza ed investigazione, si scorge l'indecisione di un film incapace di scegliere, arrivando addirittura a rivoltare le sue conclusioni con un finale che rilancia le ipotesi di partenza, senza però motivarlo con i fatti che l'hanno preceduto. Così, se in attesa di scoprire le sue carte "Red Lights" si lascia seguire, l'attenzione viene meno quando si entra nel dettaglio e il meccanismo della suspence viene indotto da una verosimiglianza che si perde negli snodi di un confronto risolto con troppi colpi di scena e molta frettolosità.
di Rodrigo Cortes (Usa 2012)
con Robert De Niro, Sigourney Weaver, Cillian Murphy
Una cosa si può affermare con certezza: Robert De Niro non è più una garanzia. Spinto da bulimia cinematografica che lo ha trasformato nella versione americana di Gerard Depardieu, il nostro è ormai pronto a calarsi in qualsiasi avventura, non facendo più distinzioni di ruoli e sceneggiature. Un globetrotter capace di non arretrare neanche di fronte alla format comedy nostrana (Veronesi), ed ora coinvolto in una storia ai confini del paranormale nel ruolo di un diabolico seduttore di folle convinto di poter dimostrare di fronte alla scienza la veridicità dei suoi poteri sovrannaturali. Ad impedirlo, o per meglio dire, a tentare di provare il contrario, due dottori coinvolti nella faccenda per diversi motivi - il personaggio di Cillian Murphy è anche un sensitivo mentre quello della Weaver deve esorcizzare la quasi morte del figlio ridotto ad un vegetale e tenuto in vita in maniera artificiale - e costretti successivamente a confrontarsi con la minaccia molto materiale di un personaggio che ha le movenze ed il piglio di un boss malavitoso. Ed è proprio qui il problema, e cioè nel voler prelevare l'mmagine del De Niro di "Goodfellas" per trapiantarla nelle atmosfere poco metafisiche del film di Cortes. Lo stridore è evidente e poco credibile quando l'attore deve assumere atteggiamenti da pizia e vaticinare a proposito dei misteri dell'esistenza con una faccia che rivela fissità ed imbarazzo. C'è poi la trama resa debole dalle motivazioni che spingono la squadra dei ghostbusters a smascherare l'impostore. In quel fluttuare tra scienza ed investigazione, si scorge l'indecisione di un film incapace di scegliere, arrivando addirittura a rivoltare le sue conclusioni con un finale che rilancia le ipotesi di partenza, senza però motivarlo con i fatti che l'hanno preceduto. Così, se in attesa di scoprire le sue carte "Red Lights" si lascia seguire, l'attenzione viene meno quando si entra nel dettaglio e il meccanismo della suspence viene indotto da una verosimiglianza che si perde negli snodi di un confronto risolto con troppi colpi di scena e molta frettolosità.
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