sabato, agosto 17, 2013
Film Telecomandati: HULK
"Hulk"/"The Hulk"
di: A. Lee
con: E. Bana, J. Connelly, S. Elliot, N. Nolte, J. Lucas
- USA 2003 -
138 min
La cupidigia di Hollywood e' pari solo alla sua tracotanza di ragazzina capricciosa. Persuasa - per costituzione ? (e forniamo così, diciamo per lealta' sportiva, un'attenuante generica) - di poter lucrare su tutto, da circa un decennio, per l'ormai cronica mancanza di idee, si e' messa a spremere il mondo dei Supereroi col chiaro intento di passare da un blockbuster all'altro. Dopo gl'iniziali successi (Uomo Ragno e X-men, soprattutto, e restando al comparto Marvel, "casa delle meraviglie", notiamolo di sfuggita, tutt'altro che tetragona di fronte alle lusinghe a sette, otto zeri del grande schermo) dovuti più che alla novità della proposta ad una sorta di ineluttabilità assecondata dal grado di perfezione raggiunto dalla tecnologia di settore, l'inerzia - e la corrente dei dollari - e' un tanto scemata, come diluita, trascinando fra i detriti anche prodotti che avrebbero meritato miglior sorte.
Uno di questi "frantumi" - piuttosto ingombrante, in verità, vista la stazza dell'eroe di cui stiamo parlando - e' proprio "Hulk" affidato (parliamo del 2003) alle mani di un regista come Ang Lee, forse non in grado di regalare chissà quali punti di vista innovativi ma nemmeno tacciabile di corrivita'. Proclive, infatti, ad una messinscena minuziosa ed elegante, ad una certa attenzione per i caratteri, il regista taiwanese trapiantato negli States si e' ben presto dimostrato in grado di svariare tra i generi riuscendo spesso a collocare la propria opera a cavallo di una medieta' dignitosa che al suo meglio si accoda con buona lena al passo dei classici. Riversando tali caratteristiche, tale mondo espressivo, sull'orizzonte di un personaggio dei fumetti, l'ibrido che ne scaturisce rappresenta di per se' una variazione non completamente assimilabile dalla logica azione+effetti speciali. Anche in questo senso, cioè, può essere letto il mezzo fiasco al botteghino ($ 250 mln ca.) patito da un esperimento come quello operato su "Hulk" secondo una formula escogitata da un autore come Ang Lee. (La grinta corrucciata di Miss Hollywood, invece, la possiamo solo immaginare).
La stessa parabola del brillante quanto timido e controverso biotecnologo Bruce Banner che un malaugurato incidente a base di raggi gamma trasforma durante gli accessi d'ira in un colosso verde, reinquadrata secondo parametri che spostano sensibilmente le consolidate direttrici supereroistiche illustra - almeno per un terzo abbondante della sua durata e al netto di debiti "facili" pagati all'estetica di riferimento, tipo l'uso insistito dello split-screen e un cromatismo pop targato anni '60 filologicamente ineccepibile - un vero e proprio viaggio tra scienza, psicanalisi e melodramma nel rapporto faticoso e spesso amaro tra padri e figli/e: il legame interrotto/rimosso che collega Banner/Bana al padre David/Nolte (tutto da vedere il suo insidioso furore), anche lui in qualche maniera illuso/tradito dalla Scienza (Scienza qui doppiamente matrigna in quanto oltre a non fornire risposte e a moltiplicare le domande, letteralmente "genera mostri": sul serio siamo persino oltre l'"instauratio magna" di Bacone per cui "Scientia est potentia") e' con tutta evidenza speculare a quello antagonista e senza reale comunicazione tra Betty/Connelly (vd. profilo) e il di lei genitore, il generale Ross/Elliot, chiuso da una "sordità" di fondo operante nei due sensi prima ancora che dalla più ovvia ragion di stato e di portafoglio (la creatura praticamente indistruttibile generata da uno scherzo del caso, da un "errore" della ragione calcolante, e' si' un problema ma pure l'ipotesi più prossima alla sempre cercata e mai trovata "arma totale"). Allo stesso modo risulta palese la volontà di sottolineare nella "differenza" e in un sentimento di sostanziale marginalità, l'itinerario interiore di esseri umani che cominciano a misurare la consistenza del vuoto che li assedia e li angustia dalla mancanza di affetti sinceri e duraturi, derivandone la consapevolezza dolorosa (ma tardiva) oltreché della propria solitudine, di un mondo costitutivamente ingordo e arido verso cui l'altrettanto "primitiva" risposta di Hulk - gigante sgraziato, seminudo, in grado di emettere solo suoni gutturali - con la sua carica distruttiva senza mediazioni, sembra l'unica via esperibile, solo in parte disinnescata dalla tenacia e dalla passione di Betty - ex fidanzata, amore mai sopito ma più sogno irraggiungibile di pacificazione tout court che agognato approdo dei sensi .
Non c'è da stupirsi, allora, che il taglio impresso da Lee alle vicende del "Golia verde" abbia scontentato i fan ortodossi dei comics-al-cinema come azione pura mescolata alle meraviglie effettistiche e lasciato più o meno perplessi o indifferenti gli altri. Azione e mirabilia ("dulcis in fundo", si potrebbe dire, come pero' altrettanto obiettare "in cauda venenum) che comunque si appropriano della seconda parte del film, snellendolo e velocizzandolo per farlo planare su coordinate già tracciate oltreché ampiamente percorse, riuscendo lo stesso, pero', a realizzare un interessante connubio tra manifestazione di forza e furia devastatrice (calibrata eppure "sofferta" la trasformazione Banner/Hulk con un occhio grato a Jekyll/Hyde e l'altro memore di "Un lupo mannaro americano a Londra", tutto adeguato ai tempi del computer e della grafica digitale, nel caso quella della ILM; davvero prodigiosi i balzi a piedi pari, smisurati e in linea con lo stupore che suscitavano quelli disegnati negli albi; devastante la possanza muscolare dei gesti: paratie divelte a forza di pugni; carri armati sventrati; automezzi scaraventati in aria; elicotteri abbattuti a colpi di macigno o rilanciando missili schivati di un niente) e imprevedibile dolcezza (brevi tregue in cui le esitazioni si colorano di toni infantili; la grossa mano offerta a Betty come sostegno e appoggio, chiaro omaggio alla celeberrima "galanteria" di King Kong nei confronti della sua bionda impossibile e ammicco in filigrana alla fascinazione prepotente e alla sensualità interdetta tra la Bella e la Bestia).
In definitiva, "Hulk" può essere annoverato, usando l'espressione non in senso spregiativo, tra gli "aborti ben riusciti", un'opera, a seconda dell'angolo di osservazione, vittima delle sue ambizioni di rettifica del genere di appartenenza o singolare tentativo di forzatura dei canoni del mainstream fantastico. A giudicare dagli esiti raggiunti dal reboot di Leterrier ("The incredible Hulk/"L'incredibile Hulk", 2008), risulta fin troppo chiaro il giudizio e il punto di fuga prevalente, almeno quello emesso e preteso da Miss Hollywood.
("Hulk", sabato 17/08, Italia 1, ore 20,45 ca.).
TFK
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