lunedì, agosto 26, 2013

L'evocazione - The Conjuring

L'evocazione - The Conjuring
di James Wan
con Patrick Wilson, Vera Farmiga
Usa 2013
Genere, horror
durata, 112'



Il nemico si nasconde dove meno te lo aspetti. Nel cinema americano l'ubicazione preferita è quella degli interni di lussuosi appartamenti e di ville isolate, scelte non a caso per rappresentare la quintessenza di un benessere familiare e borghese che potrebbe estendersi con un pizzico di fantasia a quello di una nazione ossessionata dalla paura di perdere i propri privilegi. Se è chiara quindi la simmetria tra le storie di famiglie minacciate da un nemico occulto, e l'escalation geopolitico che ha colpito il cuore della Nazione con terribili attentati, e di conseguenza il successo commerciale ed anche critico di film apparentemente innocui al di fuori di quel contesto, questo non toglie nulla ad un fenomeno cinematografico che riesce a coinvolgere ripetendo sempre lo stesso schema narrativo. E' così nell'economia di un'annata che aveva già timbrato il cartellino con i prodotti della Blumhouse (da Paranormal Activity 4 a Sinister solo per dirne due), e che proprio in questo scorcio di stagione aveva mostrato sorprendente capacità di variazione, trasformando il diavolo in una nuova "arancia meccanica" nel cult La notte del giudizio, tocca ora a James Wan ed al suo "L'evocazione - The Conjuring" tenere alto il vessillo del cinema horror rafforzando il primato di un genere che non accenna a diminuire il suo indice di gradimento.

Certamente l'abbondanza produttiva così come il consenso al botteghino non sono di per requisito di sicura qualità, anzi. Ma nel caso del regista malese e del suo film conviene soffermarsi con attenzione perchè il virgulto dopo un periodo di appannamento conciso con lo sconfinamento in territori altrui - parliamo di "Death Sentence"(2007) epigono della serie del giustiziere di Charles Bronson - sembra aver ritrovato l'ispirazione degli inizi ("Saw", 2004) e soprattutto i favori degli studios, decisi ad affidargli le redini del prossimo "Fast and Furious 7". Diciamo innanzitutto che Wan lavora su forme cinematografiche ampiamente consolidate, e se vogliamo anche convenzionali, perché la storia della famiglia (Perron) che si trasferisce nella casa dei sogni senza sapere che la stessa è infestata da presenze demoniache, ed anche le modalità del loro salvataggio, realizzato grazie all'intervento di una coppia di indagatori dell'incubo che rispondono al nome di Ed (Patrick Wilson) e Lorraine Warren (Vera Farmiga) risalgono alla notte dei tempi. Dagli haunted house movie ("Amityville Horror", 1979) a capolavori come L'esorcista ma anche Sleepy Hollow, presente nel tentativo d'ingabbiare l'irrazionale con i parametri della scienza e della logica. Ma più degli altri Wan cita se stesso ed il suo penultimo lavoro - Insidious (2010)- di cui "The conjuring" sembra non il seguito ma la versione sofisticata e più teorica del precedente.


Partendo dallo stesso argomento - la parabola di una possessione che si trasforma in un'epopea del bene contro il male - e da situazioni pressoché identiche - senza elencarle tutte basta ricordare il misto di fede e ragione messo in mostra da coloro che si incaricheranno di salvare i malcapitati di turno - "The conjuring" se ne distacca sia dal punto di vista formale che dei contenuti. Innanzitutto per la decisione di collocare la vicenda negli anni '70, che, al di là delle presunte ragioni filologiche è un modo per mantenersi lontano dalla sbornia di realismo found footage nel nuovo cinema horror.
Wan per contro torna all'antico nel vero senso della parola, con una messa in scena che diventa evidente (nei colori, nelle scenografie, nei costumi), citazionistica (proprio alla fine degli anni 70 il filone cinematografico relativo alle case infestate ebbe il suo rilancio dopo i prodotti della Hammer di Roger Corman) e pure demodè. Una scelta che si confà ad una capacità di raccontare alimentata da una fantasia che in questo caso trova sfogo nel parallelismo tra le due famiglie della storia, quella dei Perron, spaventata ed in pericolo, e quella dei Warren, antitetica alla prima ma allo stesso tempo simile. Un dualismo usato per allargare i punti di vista del racconto ed offrire alla vicenda un respiro più ampio (succedeva anche in Insidious con l'espediente del viaggio nell'"altrove") capace di evitare sviluppi monotematici. Passando ai contenuti "The conjuring" dapprima li teorizza sotto mentite spoglie, enunciando la struttura del film attraverso le lezioni universitarie tenute dai Warren ("Infestazione", "Oppressione" e "Possessione" sono insieme l'argomento di studio per chi ascolta, ed insieme i capisaldi attraverso cui si sviluppa la storia del film) e poi li manifesta dando per scontato l'esistenza di una dimensione metafisica e quindi del male, qui depurato dagli scetticismi normalmente usati per costruire la drammaturgia necessaria ad enfatizzare la successiva presa di coscienza. Ma il film è anche in grado di assimilare lo spirito dei tempi, ed in particolare la sfiducia nella chiesa e nei suoi strumenti di intervento, giudicati tardivi ed inefficaci - vedi il caso degli scandali di pedofilia della curia americana - e per questo giubilati a favore di un interventismo tutto laico, presente in "The conjuring" nella consapevolezza di cui Ed e Lorainne fin dal primo momento si fanno pragmaticamente portatori.
Il cinema di Wan non riflette sul male e neanche si preoccupa di costruire impalcature intellettuali per cercare di comprenderlo. Il dato di fatto diventa allora la giustificazione per articolare un intrattenimento fatto di tensione e coinvolgimento, spettacolarità ed identificazione. In questo senso la faccia monoespressiva di Patrick Wilson, attore feticcio del regista, diventa funzionale ad un meccanismo che si spiega da solo, ed in cui c'è bisogno solamente di qualcuno che abbia voglia di tirarsi su le maniche.(pubblicato su ondacinema.it)

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