In occasione dell'anteprima del suo ultimo film Uberto Pasolini ha ricevuto il premio Pasinetti, assegnatogli dai critici italiani per Still Life presentato nella sezione Orizzonti dell'ultimo festival di Venezia. L'evento è stata l'occasione per conoscere un autore arrivato al cinema quasi per caso. In attesa di presentarvi il resoconto del film vi offriamo in esclusiva alcuni dei passaggi più importanti della conferenza stampa alla quale abbiamo assistito.
L'idea del film mi è venuta dopo aver letto un articolo in cui venivano intervistati gli impiegati del comune di Londra incaricati di occuparsi delle persone che muoiono in totale solitudine. Quello che mi colpì fu che è che a fronte di un operosità generalmente burocratica emergeva di tanto in tanto la consapevolezza del valore umano del proprio mestiere, messo in pratica con una dedizione che compensava in parte l'assenza di parenti ed amici.
L'idea di
partenza è stata l'immagine di una sepoltura effettuata in
solitaria, senza alcuna presenza umana che non fosse quella degli
operai incaricati della tumulazione. Da lì ho proceduto a ritroso nella
costruzione della storia. Trattandosi di una vicenda incentrata sul tema
dell'isolamento e della solitudine mi è sembrato opportuno rispettare il
clima di quella visione, senza tradirla in nessun momento del film.
Il motivo che
mi ha spinto a fare il film è sempre lo stesso, da quando dopo 30 anni
di lavoro in banca ho deciso di occuparmi di cinema, e cioè la curiosità
di esplorare background umani e geografici che sono estranei alla mia cultura. Io
sono una persona privilegiata, che a differenza di molti non mi è mai
dovuta preoccupare di lavorare per vivere. Forse per questo motivo i miei
personaggi sono pieni di queste vicissitudini. Tra l'altro reputo la mia esistenza e l'ambiente da cui provengo molto poco stimolante.
Sono stato
sposato per anni ed ho vissuto circondato dalle mie figlie e da mia
moglie. Poi ad un certo punto ho deciso di separarmi, ed anche se di
fatto frequento molto la mia famiglia mi sono trovato per la prima volta
ad aprire la porta di casa ritrovandomi nel silenzio più assoluto.
Still Life è partito da un'analisi sociale per poi diventare una storia
personale.
Avevo
già lavorato con Eddy Marsan ne "I vestiti dell'imperatore". E' un
attore fantastico perchè ha la capacità di recitare con movimenti
impercettibili che però restituiscono una grande intensità emotiva. In Inghilterra lo conoscono per via dei suoi ruoli molto violenti, io invece l'ho utilizzato in una parte totalmente opposta.
Per
quanto riguarda lo stile sono da sempre convinto dell'efficacia di un
linguaggio cinematografico a "basso volume". L'overdose sensoriale
utilizzata dal cinema mainstream va bene sul momento ma è destinata a sparire quasi subito, mentre i toni bassi costringono lo spettatore a fare più
attenzione, permettendo alle emozioni di entrare sotto la pelle. Nel mio
film tutto questo si traduce nell'assenza di movimenti della mdp, in una
recitazione pacata e realista. Diciamo che Ozu è il mio modello ma
ovviamente sono lontanissimo dai suoi risultati.
2 commenti:
Sembra un uomo veramente modesto, lo apprezzo molto. Il suo film è valido, e onesto.
Così è apparso anche a me: il film e l'uomo..
nickoftime
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