Edge of Tomorrow-Senza domani
di Doug Liman
con Tom Cruise, Emily Blunt, Will Patton
Usa, 2014
genere, avventura, fantascienza
durata, 113'
di Doug Liman
con Tom Cruise, Emily Blunt, Will Patton
Usa, 2014
genere, avventura, fantascienza
durata, 113'
I paradossi temporali, per i nessi
che stabiliscono con mondi paralleli e realtà alternative sono parte di
una materia di cui il cinema di fantascienza si serve per raccontare le
sue storie. Specialisti di genere e autori di calibro vi si sono
cimentati, a volte sfruttandone la carica eversiva (Donnie Darko),
altre, riducendoli a una funzione narrativa capace di innescare la
componente avventurosa e actiondella
trama; come capitava in “Source Code”, il bel film di Duncan Jones da
cui “Edge of Tomorrow- Senza domani” sembra prendere spunto per
raccontare di un invasione aliena, e del soldato, il tenente William
Cage, chiamato a fermarla. Una missione impossibile per la capacità del
nemico – i Mimics,
nome che sembra pescato dall’esordio americano di Guillelmo del Toro –
di ingaggiare gli avversari conoscendone in anticipo le mosse, e per la
scarsa virilità di Cage, pubblicitario presta alle vita militare per
realizzare filmati di propaganda, e catapultato quasi per sbaglio sul
campo di battaglia. Se non fosse che una volta ucciso, l’ufficiale
invece di morire si risveglia esattamente al punto di partenza, pronto
per rivivere la medesima esperienza. Una maledizione (una gabbia, tanto
per parafrasare la traduzione italiana del cognome del protagonista) che
si trasforma in risorsa grazie all’aiuto di Rita Vrataski (Emily
Blunt), eroina della resistenza destinata a far da spalla al novello
salvatore.
Abituato a districarsi con
disfunzioni temporali di varia natura – in “Go-una notte da dimenticare”
erano il mezzo per decostruire la trama alla maniera di “Pulp Fiction“,
in “Jumper” le conseguenze di un potere sovrannaturale – Doug Liman
aveva per le mani un’arma a doppio taglio. Perchè da un lato il fatto di
poter cambiare il proprio destino, con quello che ne consegue in fatto
di empatia e immaginazione, e’ un desiderio che appartiene alla
coscienza collettiva. Dall’altro si trattava di organizzare un
meccanismo narrativo costretto a rinnovarsi all’interno di un canovaccio
risolto all’interno di due sole situazioni: quella relativa ai
preparativi del combattimento, seguita senza soluzione di continuità da
una resa dei conti definitiva e drammatica, Liman tiene alto il ritmo
con un montaggio serrato, alternando panorami desolati e cruenti
(visionario quello della spiaggia francese che sembra rievocare lo
sbarco in Normandia anche in termini di perdite umane) a riprese più
strette, che consentono di apprezzare la performance di un redivivo Tom
Cruise, a cui qualche ruga in più non impedisce di rendere crediibile la
metamorfosi del suo personaggio, dapprima spaventato e inetto, in
seguito determinato e forte. Se a farla da padrone e’ il confronto tra
la ferocia degli inquietanti alieni, e la multifunzionalità degli
esoscheletri indossati dai soldati, il punto vincente è proprio il modo
in cui viene sfruttato il rewind esistenziale. Le infinite varianti
infatti, oltre a scandire la progressione del confronto, funzionano dal
punto di vista della verosimiglianza, stabilendo una gerarchia tra
vittime (gli umani) e carnefici (i Mimic) in cui le posizioni di
partenza vengono si invertite -come vogliono i codici di genere – ma
solo dopo aver sottoposto lo spettatore a una serie di lutti che
contribuiscono a rendere il senso di un impresa che cresce e prende
corpo senza la meccanicità tipica di questi prodotti, e nel rispetto
della fragilità umana. Da vedere.
(dreamingcinema.it)
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