Fin da quando è
nato - parliamo all'incirca della fine dei '70 con film come "Jaws" di Steven Spielberg e "Star Wars" di George Lucas a definirne i contorni di
una nuovo modo di fare cinema - il film blockbuster è stato
caratterizzato dalla capacità di incidere nell'immaginario popolare,
mettendo insieme nitrato d'argento e spirito dei tempi. Una miscela che,
alla pari dei poemi dell'epica classica, ha provveduto a mitizzare
diversi aspetti dell'esperienza umana. Non solo le forme astratte che
appartenevano alla condizione esistenziale ma anche gusti e tendenze che
nella storia si sono alternate nel forgiare i desideri dello
spettatore. Da qui il successo su larga scala, in parte scaturito dalla
possibilità economica di condensare il nucleo di un'idea all'interno di
un contenitore di massima spettacolarità, in parte frutto del talento
visivo di autori che riuscivano a scolpire i fotogrammi di quei film
nell'immaginario dello spettatore.
Ecco allora, a partire da quel periodo, un pupullare di immagini e sequenze destinate a entrare nella storia del cinema: come dimenticare le traiettorie stellari delle astronavi di Han Solo e Luke Skywalker, il realismo volante del "Superman" di Christopher Reeves, e di seguito ancora la pietra rotolante che insegue un Indiana Jones più fuggittivo che mai. E ancora mostri, eroi e imprese mirabolanti pronte a cristallizzarsi in fotogrammi destinate a entrare negli annali della storia popolare; alla pari dei grattacieli di "Metropolis" o della Lola di Marlen Dietrich. Una fioritura che, paradossalmente - per le possibilità offerte dalle nuove tecnologie- sembra essersi spenta nella produzione del nuovo millennio, orfana di una ricchezza che è stata polverizzata dal numero di fotogrammi, cresciuti in maniera esponenziale all'interno di una singola sequenza. Un dato di fatto che afferma in maniera inequivocabile l'egemonia di una quantita' priva di fantasia, e di una progressione narrativa poco interessata alla possibilità di cogliere i segni che compongono la cornice filmica. L'esempio più evidente e' fornito dagli "Hero Movies" della Marvel, esempio massimo di cinema ad alto tasso di spettacolarità, che alla saturazione del mercato e delle sale non fa corrispondere una proposta estetica e iconografica capace di restare nella memoria. Una carenza che i produttori ben conoscono, e che cercono di supplire con la scelta di soggetti che si portano dietro una riconoscibilità esterna, come quella derivata dai comics nel caso dei supereroi, o culturale e cinefila nel caso del "Godzilla" di Gareth Edwards.
Le cause sono da imputare alla penuria di talenti (con Peter Jackson e pochi altri a figurare come magnifiche eccezioni) così come alla mutazione antropologica di un terminale, l'homo videns, compresso all'interno di un fruizione diversia dalla sala, e perciò meno avido di grandi affreschi scenici. Ridotto in un loculo che corrisponde nella maggior parte delle volte a una stanza d'appartamento, il nuovo spettatore è alla ricerca di altre meraviglie, diverse dai pixel cinematografici usurati da una disponibilità fuori da ogni misura, e affini ai sistemi operativi e alle intelligenze artificiali dei programmi interattivi. Un pò come accade aTheodore, il personaggio dell'ultimo film di Spike Jonze (Her), innamorato di una "voce" sintetica capace di sublimarne i desideri in un modo che il cinema di oggi non riesce più a fare. Lo scollamento è evidente, e, per il momento, destinato ad aumentare. Aspettando il futuro prossimo futuro.
2 commenti:
Concordo pienamente con la tua analisi. Comunque ti suggerirei di attribuire il film "Lo squalo" a Spielberg e "Guerre Stellari" a Lucas... ;-)
aah..direi di si :-) grazie..
nickoftime
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