La vita possibile
di Ivano De Matteo
con Margherita Buy, Valeria Golino, Andrea Pittorino Italia, 2016
genere, drammatico
durata, 100'
Anna abbandona la sua abitazione romana insieme al figlio tredicenne Valerio, per sfuggire a un marito violento che la tormenta e che non si ferma nemmeno difronte a denunce e diffide. La donna si rifugia a Torino, nel microscopico appartamento soppalcato di Carla, attrice teatrale squattrinata ma ricca di entusiasmo, assai generosa nell'accogliere a braccia aperte l'amica in difficoltà. A Torino Anna cerca lavoro e una vita sicura per sé e per suo figlio, ma Valerio patisce la lontananza dal padre e dagli amici romani e cerca di alleviare la propria solitudine unendosi a due stranieri: una prostituta dell'est che potrebbe essere sua sorella maggiore e un ristoratore francese ex calciatore e, si dice, ex carcerato.
Dopo "La bella gente", "Gli equilibristi" e "I nostri ragazzi", Ivano De Matteo torna a raccontare una famiglia italiana di oggi, scegliendo l'ambiente borghese, che conosce a fondo e che è emblematica per rappresentare la crisi economica e sociale in corso nel nostro Paese. La sua attenzione è sempre per i più fragili: in questo caso Anna, vittima di un prepotente manesco, Valerio, esposto all'isolamento e alla paura, e Carla che, pur essendo caratterialmente ottimista, si ritiene fallita nel lavoro e nella vita, poiché non ha costruito né una famiglia né una carriera. In particolare la parabola di Valerio è la ricerca di un'identità maschile della quale non doversi vergognare, passando attraverso i punti nodali del percorso di crescita di un ragazzo italiano: il calcio, il sesso, la bicicletta.
Il passo della narrazione è lento, anche se il montaggio sagace di Marco Spoletini aiuta ad eliminare tempi morti ed eccessivi sentimentalismi. Resta, però, qualcosa di inerte e di irrisolto. Quel che manca a "La vita possibile" è un forte equilibrio fra le parti dolenti e quelle che potrebbero portare alla possibilità della rinascita suggerita dal titolo, che arriva solo in extremis, dopo che i protagonisti hanno affrontato una serie continua di peripezie.
"La vita possibile" è un melodramma, ma, a tratti, anche una storia di rivalsa e di riscatto: sarebbe stato più opportuno decidere per un genere solo, portandolo fino in fondo. Contribuisce a sminuire la credibilità della pellicola il personaggio di Valerio, che, se da un lato gode di una libertà forse esagerata per un tredicenne, dall'altro mostra comportamenti e reazioni da bambino, più che da preadolescente. Questo è in parte spiegabile con il trauma che ha vissuto, in parte però sembra denotare una scarsa conoscenza del mondo dei giovanissimi di oggi, cresciuti di fronte a Internet e ai tg: ragazzi per i quali, per esempio, la concretezza del lavoro di una prostituta non sarebbe certo una sorpresa.
Molto più convincente è la descrizione della stupidità di certe leggi inadeguate, che in Italia non tutelano le donne malmenate o i loro figli. Si fa fatica, però, a credere che un padre che non ha rinunciato alla patria potestà e che si comporta verso la famiglia con atteggiamento proprietario non mobiliti la polizia per rintracciare il proprio figlio minorenne, fatto scomparire dalla madre.
Riccardo Supino
con Margherita Buy, Valeria Golino, Andrea Pittorino Italia, 2016
genere, drammatico
durata, 100'
Anna abbandona la sua abitazione romana insieme al figlio tredicenne Valerio, per sfuggire a un marito violento che la tormenta e che non si ferma nemmeno difronte a denunce e diffide. La donna si rifugia a Torino, nel microscopico appartamento soppalcato di Carla, attrice teatrale squattrinata ma ricca di entusiasmo, assai generosa nell'accogliere a braccia aperte l'amica in difficoltà. A Torino Anna cerca lavoro e una vita sicura per sé e per suo figlio, ma Valerio patisce la lontananza dal padre e dagli amici romani e cerca di alleviare la propria solitudine unendosi a due stranieri: una prostituta dell'est che potrebbe essere sua sorella maggiore e un ristoratore francese ex calciatore e, si dice, ex carcerato.
Dopo "La bella gente", "Gli equilibristi" e "I nostri ragazzi", Ivano De Matteo torna a raccontare una famiglia italiana di oggi, scegliendo l'ambiente borghese, che conosce a fondo e che è emblematica per rappresentare la crisi economica e sociale in corso nel nostro Paese. La sua attenzione è sempre per i più fragili: in questo caso Anna, vittima di un prepotente manesco, Valerio, esposto all'isolamento e alla paura, e Carla che, pur essendo caratterialmente ottimista, si ritiene fallita nel lavoro e nella vita, poiché non ha costruito né una famiglia né una carriera. In particolare la parabola di Valerio è la ricerca di un'identità maschile della quale non doversi vergognare, passando attraverso i punti nodali del percorso di crescita di un ragazzo italiano: il calcio, il sesso, la bicicletta.
Il passo della narrazione è lento, anche se il montaggio sagace di Marco Spoletini aiuta ad eliminare tempi morti ed eccessivi sentimentalismi. Resta, però, qualcosa di inerte e di irrisolto. Quel che manca a "La vita possibile" è un forte equilibrio fra le parti dolenti e quelle che potrebbero portare alla possibilità della rinascita suggerita dal titolo, che arriva solo in extremis, dopo che i protagonisti hanno affrontato una serie continua di peripezie.
"La vita possibile" è un melodramma, ma, a tratti, anche una storia di rivalsa e di riscatto: sarebbe stato più opportuno decidere per un genere solo, portandolo fino in fondo. Contribuisce a sminuire la credibilità della pellicola il personaggio di Valerio, che, se da un lato gode di una libertà forse esagerata per un tredicenne, dall'altro mostra comportamenti e reazioni da bambino, più che da preadolescente. Questo è in parte spiegabile con il trauma che ha vissuto, in parte però sembra denotare una scarsa conoscenza del mondo dei giovanissimi di oggi, cresciuti di fronte a Internet e ai tg: ragazzi per i quali, per esempio, la concretezza del lavoro di una prostituta non sarebbe certo una sorpresa.
Molto più convincente è la descrizione della stupidità di certe leggi inadeguate, che in Italia non tutelano le donne malmenate o i loro figli. Si fa fatica, però, a credere che un padre che non ha rinunciato alla patria potestà e che si comporta verso la famiglia con atteggiamento proprietario non mobiliti la polizia per rintracciare il proprio figlio minorenne, fatto scomparire dalla madre.
Riccardo Supino
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