Frantz
di Francois Ozon
con Pierre Niney, Paula Beer
Francia, 2016
genere, drammatico
durata, 113
Preceduto dagli annunci della stampa francese che a proposito di "Frantz" aveva speso parole importanti al punto di scommettere su una sua possibile vittoria del suo rappresentante il film di Francois Ozon conferma la tendenza di una filmografia altalenante per l'incapacità del regista di mantenersi con costanza ai livelli delle sue opere migliori . Eppure, quella appena passata alla Mostra di Venezia aveva tutte le caratteristiche per ben figurare. La trama infatti, ambientata nella Germania del 1919 - quella uscita distrutta e sconfitta dal grande guerra - si avvaleva di un contesto storico che - caso più unico che raro - permetteva al cineasta di agganciarsi alla cronache più drammatiche della nostra contemporaneità, per le analogie tra le traumatiche conseguenze del conflitto bellico sulle vite dei personaggi con quelle sofferte da chi oggi si ritrova più o meno nella stessa condizione. Il film racconta dell'incontro tra una vedova di guerra e un musicista francese venuto a piangere sulla tomba del marito di lei a cui l'uomo era unito da amicizia fraterna. Assumendo che i parenti dello scomparso ignorano l'esistenza del suddetto legame, il lungometraggio mette in scena una storia d'amore che nasce e si alimenta sulla scia di un'assenza - quella di Frantz - che offre lo spunto per ragionare sul tema dell'identità, della dicotomia tra realtà e apparenza e sulla menzogna come condizione indispensabile della condizione umana che da sempre sono cari al cinema di Ozon. Questa volta però l'impeccabilità delle qualità tecniche (a cominciare dall'elegante bianco e nero della fotografia di Pascal Marti) il rigore formale e il controllo della messinscena non sono sufficienti a riscattare un film bello ma algido
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