Ben-Hur
di Timur Bekmambetov
con Jack Huston, Morgan Freeman, Toby Kebbell
USA, 2016
drammatico, storico, avventura
durata, 123'
Se il cinema è un’arte che più delle altre lavora sull’immaginario collettivo e popolare della gente non c’è dubbio che il remake in quanto copia conforme di qualcosa che già esiste funziona come una macchina del tempo che senza farsene accorgere cancella l’eta anagrafica di un determinato film riproponendolo come fosse la prima volta. Apparentemente semplice il compito di chi se ne fa carico è tutt’altro che facile perché il nodo della questione non è solo quella di mettersi in competizione con un modello il più delle volte irraggiungibile ma di giustificarne la necessità di farlo. Nel caso di “Ben-Hur” questi vincoli risultavano moltiplicati dal fatto che quello di Timur Bekmambetov oltre a seguire il classico di William Wyler che nel ’59 era stato capace di portarsi a casa ben 11 statuette rappresentava la quarta versione cinematografica del romanzo di Lee Wallace. A priori quindi quella di Bekmambetov più che una sfida si profilava come una missione impossibile da vincere e così risulterà al termine della sua visione. Tanti i motivi della disfatta, primo tra tutti la decisione di dimezzare la lunghezza del film ridotto di circa due ore rispetto al lungometraggio di Wyler mantenendone inalterata la trama.
Giova ricordare che “Ben Hur” nel raccontare l’odissea di Judah Ben Hur, principe giudaico ridotto in schiavitù per una colpa mai commessa e come tale deportato nella capitale dell’impero romano si imbatte più di una volta nella figura di Gesù di Nazareth la cui vicenda esistenziale e il paesaggio che fa da sfondo alla sua predicazione finisce per determinare le scelte del protagonista nel modo che lo spettatore avrà modo di vedere. Quello che a noi interessa in questa sede è però far notare la complessità del materiale letterario per sottolineare quale sia la ragione del mancato funzionamento di “Ben-Hur” che nella drastica sintesi rilasciata dal regista perde coerenza drammaturgia quando dopo oltre 2 ore di guerra fratricida in sole 3 minuti riesce a far conciliare Ben Hur e Messala, il fratello adottivo nel frattempo diventato il maggiore persecutore della sua famiglia. Il resto è occupato da un sottotetto politico che in maniera didascalica paragona l’Impero Romano agli Stati Uniti di Bush e Obama e dalla performance di un attore - Jack Huston, nipote del grande Jack - privo del necessario carisma. La cosa più bella sono i Sassi di Matera che insieme a Cinecittà forniscono le location di un film che non riesce a decollare.
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