The Circle
di James Ponsoldt
con Emma Watson, Tom Hanks
USA, 2017
genere, drammatico
durata, 110'
Il primato della tecnica sull’insieme delle passioni e degli istinti, il disciplinamento e il controllo come categorie regolatrici dell’esistenza umana; e ancora nozioni di sociologia innestate su una cinematografia di genere che pesca a piene mani da riferimenti letterari (il grande fratello orwellliano) e dalla realtà dei nostri giorni, trasfigurata sulla falsa riga di esperienze controverse come quella di Scientology. James Ponsoldt, al quale non deve far paura confrontarsi con le grandi icone del nostro tempo per aver portato sullo schermo nientedimeno che lo scrittore di culto David Forster Wallace nello sfortunato “The End of the Tour”, si cimenta in un racconto che potrebbe essere la versione 2.0 di “Cappuccetto rosso”. Così appare infatti per candore e bontà d’animo la Mae interpretata da Emma Watson, la quale, un po' per la necessità di trovare un lavoro capace di far fronte alle cure del padre gravemente malato, un po' per attrazione nei confronti delle meraviglie tecnologiche offerte dalla società che da il titolo al film - guidata dal carismatico e mefistofelico Eamon Bailey di un Tom Hanks per la prima volta in una parte negativa - si ritrova a subire le conseguenze (negative) delle teorie imposte dal suo mentore. Sostenitore di una conoscenza onnisciente e benefica che The Circle vorrebbe ottenere mettendo in rete le vite dei suoi utenti, accompagnati in ogni secondo delle loro esistenze da microscopiche telecamere destinate a filmarle senza limiti di privacy, Bailey è in realtà un mogul animato da propositi autoritari di cui Mae con la sua contagiosa energia dovrebbe essere inconsapevole garante.
Se, come molti dicono, la caratteristica di una società tecnologica è quella di mettere in secondo piano gli interessi delle persone per favorire quelli delle macchine, “The Circle” ha lo svantaggio di prendere alla lettera questo assunto, riempiendo lo schermo di figure troppo deboli per poter competere con l’impianto teorico su cui è costruita la storia. Così facendo. la sfida tra il bene e il male messa in scena dai due protagonisti viene a mancare (anche per colpa della sceneggiatura) della sostanza necessaria a renderla interessante e cioè per l'incapacità di corredare l’architettura filosofia del conflitto con personaggi in grado di sostenerla dal punto di vista drammaturgico. Non può farlo la Watson, ridotta a bella statuina e troppo memore delle esperienze sul set di Harry Potter. Non ci riesce Hanks, monocorde ed evanescente per avvalorare l’idea dell’uomo visionario e tiranno che dovrebbe essere “The Circle”. Ne esce fuori un film non in grado di affondare il colpo, rifugiandosi in una verbosità senza costrutto, con dialoghi che vorrebbero essere profondi ed evocativi, e che invece nulla aggiungono a quanto già non si sapesse sulle derive comportamentali causate dall’uso esasperato dei social e più in generale della tecnologia che vi sta dietro.
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