Man of Thai Chi
di Keanu Reeves
con Tiger Hu Chen, Keanu Reeves, Karen Mok
Usa, Cina, 2013
genere azione, arti marziali
durata 105’
Il giovane Tiger Chen (Tiger Hu Chen) è l’unico discepolo di un’antica scuola dell’arte marziale Tai Chi che professa l’armonia con il mondo e la meditazione, ma Tiger è pieno di rabbia repressa e il suo maestro fatica a indicargli la via. Vive lavorando come fattorino a Pechino, correndo con il suo camioncino nel caotico traffico della capitale cinese a consegnare pacchi arrivando sempre in ritardo. Senza l’approvazione del maestro partecipa a un torneo di discipline di arti marziali, utilizzando il Tai Chi come metodo di combattimento vincente. Viene notato dal misterioso e spietato Donaka Mark (Keanu Reeves), a capo di una multinazionale di sistemi sicurezza, ma in realtà usata come copertura di un’organizzazione che produce uno show per ricchi voyeur di combattimenti fino alla morte.
Questa la trama di L’uomo del Tai Chi che, realizzato nel 2013 e distribuito nei mercati orientali e statunitensi, è la prima (e al momento unica) regia dell’attore americano, famoso per la trilogia di Matrix delle sorelle Wachowski e di tanti film d’amore e d’azione – l’ultimo in ordine di tempo la serie del killer John Wick .
La pellicola è uscita in Italia direttamente in Home Video e il Keanu Reeves The Club Italy, tra le tante attività per far conoscere come persona e artista, ha organizzato martedì 7 novembre a Milano la proiezione della pellicola sul grande schermo dando la possibilità agli invitati di rivedere il film.
Reeves ha iniziato a interessarsi alla filosofia orientale fin dalla sua partecipazione a Piccolo Buddha di Bernardo Bertolucci. Cintura nera di Ju Jitsu, l’attore ha incontrato sul set di Matrix Tiger Hu Chen diventandone amico e poi suo allievo. Sul set ha conosciuto anche Yuen Wo Ping, celebre per aver organizzato le sequenze di lotta in Matrix e La Tigre e il Dragonedi Ang Lee a cui ha delegato la coreografia dei combattimenti del suo film e chiesto a Tiger di interpretare il protagonista.
L’uomo del Tai Chi è un omaggio ai film di arti marziali: un terzo della pellicola è composto da una ventina di combattimenti di arti marziali, molto spettacolari e coreografati in maniera perfetta e avvincente. Il film è ispirato al cinema di Hong Kong e alle pellicole di Bruce Lee, in mix tra moderno e il vintage accattivante.
Il tema principale però parla di quanto sia potente la società della comunicazione, dove l’organizzazione dei combattimenti sono solo episodi di un real show mediatico riservato a pochi iscritti, con protagonista un giovane puro che viene trasformato in un lottatore senza scrupoli assetato di potere. Il contrasto tra la via fisica (quella del Male) e la via meditativa (quella del Bene) vede Tiger come il fulcro dello scontro interiore dove prevale prima l’uno poi l’altro. Il potere dell’equilibrio del Chi, il suo controllo, porterà Tiger ha comprendere la via corretta da perseguire. Questo tema viene messo in scena come una sintesi tra The Truman Show di Peter Weir e Fight Club di David Fincher.
La regia di Reeves è ordinata e didascalica, sufficiente per le parti migliori della pellicola, cioè i combattimenti. L’uomo del Tai Chi pecca però di un eccesso di citazionismo e di una sceneggiatura a volte incoerente nel suo sviluppo drammaturgico, con la sequenza finale della lotta nel tempio tra Tiger e Donaka che appare una replica di quelli già visti in Matrix. Detto questo, il film, come spettacolo di arti marziali, risulta divertente e piacevole, visto che poi lo scopo dell’attore era fare un “classico film di kung fu”.
Antonio Pettierre
1 commento:
La trama non è nulla di particolare (penso a Danny the dog o Ong Bak), ma se lo scopo era (ri)fare un film di arti marziali vecchio stile, omaggiando Bruce Lee, why not? :)
Moz-
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