venerdì, dicembre 22, 2023

LA CHIMERA

La chimera

di Alice Rohrwacher

con Josh O’Connor, Isabella Rossellini, Carol Duarte

Italia, Francia, Svizzera, 2023

genere: drammatico

durata: 130’

"Il sole ci segue" dice la giovane donna al protagonista, mentre nella soggettiva che ne incornicia l'ovale la faccia della ragazza appare e scompare davanti ai nostri occhi. Ancora una volta per Alice Rohrwacher il cinematografo è un'autentica epifania: una questione di luce e oscurità, di sogno e realtà, di essere e non essere, come è sempre stato a partire dai fratelli Lumière. L'inizio e la fine delle sue storie sembrano fatte apposta per ricordarcelo, costruite come sono attraverso due movimenti opposti ma coerenti uno con l'altro.

Il primo è quello in cui l'introduzione al racconto coincide con il "venire alla luce" dei personaggi, come accade ne "Le meraviglie" alla famiglia di Gelsomina, colta nel momento del risveglio mattutino, quando ancora la vita è sospesa tra il giorno e la notte, e come succedeva in "Lazzaro felice", laddove il presepe contadino aveva inizio con un bagliore lontano destinato a spezzare il velo della notte.

Il secondo invece, sembra voler tornare alle origini del racconto perchè l'improvvisa assenza dei protagonisti - la casa vuota e disabita de "Le meraviglie", la metempsicosi di "Lazzaro felice" - pare restituirli alla stessa fantasia che li aveva messi al mondo: ancora una volta a quel buio che va oltre la morte, vera o apparente che sia, consegnandoli ai miti dell'immaginario collettivo.

Rispetto ai lungometraggi appena menzionati, "La chimera" si può considerare una sorta di chiusura del cerchio in quanto sintesi di temi (tra cui quello importante, ma sottovalutato dello sradicamento), personaggi, ambienti e forme cinematografiche. Anche qui, come negli altri frangenti, il finale, ricollegandosi alla sequenza d'apertura, ci restituisce l'immagine di un mondo dove tutto è possibile e in cui persino la morte è costretta a fare i conti con la forza delle passioni umane. Nel caso specifico quella di Arthur (Josh O'Connor) nei confronti dell'amata Beniamina (la Yile Yara Vianello di "Corpo celeste").

Se a prima vista gli avvenimenti del racconto si concentrano sulle vicissitudini di Arthur e del gruppo di tombaroli che trafugano con alterna fortuna i siti archeologici etruschi della costa laziale, in realtà "La chimera" altro non è (o è allo stesso tempo), che una storia "d'amor perduto", quello tra Arthur e la fuggiasca Beniamina di cui il ragazzo (e non solo lui) sembra aspettare il ritorno.

Stante le premesse fatte in apertura, e dunque per le caratteristiche intrinseche di tutto il cinema di Alice Rohrwacher, i due piani di lettura si equivalgono e si scambiano spesso le parti (l'Amore così come gli Etruschi sono entrambi affascinanti e misteriosi) nello sviluppo di un racconto in cui i confini tra gli opposti sono spesso labili o inesistenti (onirico e reale hanno lo stesso peso nell'economia del racconto), come lo è la scelta dell'autrice di allentare la consecutio narrativa e la densità dialogica per mettere lo spettatore nella condizione migliore per abbandonarsi alla poesia evocativa delle immagini, capaci come poche di "raccontare ciò che le parole non riescono a dire".

Non è un caso che il punto di svolta del film, quello della consapevolezza di Arthur, coincida con il gesto con cui il ragazzo si disfa della testa della statua etrusca, ovvero di quella parte del corpo in cui lo sguardo si crea per poi essere indirizzato. Così facendo è come se la Rohrwacher, e con lei il suo film, si appellasse a quella purezza di vedute che ne costituisce la visione per invitarci a sgombrare il quadro dal superfluo.

Ecco che allora, la rabdomanzia con cui Arthur individua i tesori nascosti sotto il terreno, e dunque il suo farsi tramite tra ciò che è vivo e ciò che è morto, tra il passato degli Etruschi e il presente del film (collocato negli anni Ottanta), diventa la modalità di una ricerca più importante, quella che deve portarlo a riunirsi con la donna che gli ha rubato il cuore.

Dunque, "La chimera" non deve essere letto in maniera letterale, sperando di trovarne le risposte in una logica narrativa classica, quella in cui i personaggi sono subordinati all'azione e il legame sequenziale retto da un ferreo rapporto di causa effetto. Al contrario, come nella lettura di strofe poetiche lo spettatore di fronte a "La chimera" è chiamato ad aprire il cuore agli infiniti rimandi e alle assonanze di cui sono piene le immagini, considerando che nel suo essere una favola contemporanea il film racconta anche attraverso situazioni ad alta valenza simbolica.

A esserlo sono le sequenze sulla riva del mare, da sempre spazio cerniera tra luoghi reali e immaginari, qui funzionali a esprimere un altro topos del cinema della Rohrwacher, quello della collisione tra società agricola e sistema industriale, individuabile nell'incombenza delle ciminiere sullo scorcio marino in cui si svolge l'ultima parte della storia. E ancora mediante la presenza di abitazioni vetuste e oramai in disuso (la villa in cui abita il personaggio interpretato da una bravissima Isabella Rossellini e la ex stazione ferroviaria in cui a un certo punto ritroviamo l'altrettanto strepitosa Carol Duarte, già protagonista per chi non lo ricordasse de "La vita invisibile di Eurídice Gusmão"), riadattate a spazio di vitalità famigliare, avvalorando in questo ancora una volta l'equazione tra opposti presente in tutto il film.

Partendo da una visione francescana del paesaggio e delle sue forme di vita "La chimera" così come a suo tempo fecero "Le meraviglie" e "Lazzaro felice" è solo l'ultimo esempio di una volontà di rinnovamento che, pur non rinnegando la tradizione del nostro cinema ma anzi partecipandovi, si fa promotrice di un realismo magico e poetico in fase di riscoperta. Dopo "Nuovomondo" di Emanuele Crialese, "Bella e perduta" di Pietro Marcello, "La grande bellezza" di Paolo Sorrentino, "La chimera" è la conferma di un filone sempre più prolifico di gioielli inaspettati.


Carlo Cerofolini

(recensione pubblicata su ondacinema.it)

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