Thor: The Dark World
di Alan Taylor
con Chris Hemsworth, Tom Hiddleston, Natalie Portman
genere, fantastico
Usa, 2013
durata, 120'
A forza di frequentare gli studios hollywoodiani gli eroi della Marvel si sono imborghesiti. Da quando ha smesso di delegare ad altri l'allestimento dei suoi comics preferendo fabbricarsi in proprio l'universo che l'ha resa famosa, la casa delle idee ha dato il via ad un effetto kryptonite che annichilisce e toglie carisma alle sue rappresentazioni. Ingolosita da un affare di proporzioni colossali la corazzata di Stan Lee ha dimostrato lungimiranza dal punto di vista imprenditoriale, sfruttando al massimo le possibilità offerte dalla tecnologia in materia di effetti speciali e di computer grafica, ma al contrario si e' indebolita per quanto riguarda la creatività, il punto di forza della sua clamorosa affermazione. "Thor: The Dark World" nella trasposizione della saga del principe asgardiano appare addirittura paradigmatico rispetto alla questione. Confortato dal trionfo commerciale del primo episodio, il regista Alan Taylor o chi per lui confezionano una storia che nella volontà di sfruttare il successo di un villan come quello di Loki - e di Tom Hiddleston diventato famoso per averlo interpretato - consacrato da qusi ripiega su se stessa, immaginando un alleanza tra bene e male necessaria a scongiurare la minaccia di Malekith, metà uomo e metà diavolo, intenzionato a conquistare l'universo incominciando dall'annessione del regno di Odino. Sorvolando sulla risibilità dei motivi che danno vita al sodalizio ( perché alla fine Thor si sobbarcherà da solo la fatica dell'impresa) "The Dark World" si trasforma nell'appendice di un fantasy qualunque per organizzare una versione in tono minore del Signore degli anelli. Ma siccome la mdp di Taylor non è quella di Peter Jackson mentre gli sceneggiatori Christopher Yost e Stephen McFeely non sono Tolkien, la scontro tra Titani diventa un surrogato poco fantasioso di situazioni già viste, appena variate dal glamour di Jane Foster (peraltro totalmente stravolta rispetto al ritratto della versione a fumetti del grande Jack Kirby), impegnata a complicarsi la vita innamorandosi del Dio del tuono, e per questo omaggiata da una sottotrama che inventandosi un cortocircuito spazio temporale le regala la possibilità di rientrare in partita.
Attraversato in lungo ed in largo dall'esibizione del culturista Chris Hemsworth " The Dark World" non riesce ad andare oltre un intrattenimento privo di meraviglia, venendo meno sia all'andamento da soap opera che a partire dalla fine dei settanta - grazie al John Romita del primo Spiderman, un autore che ha insegnato molto ai grandi del fumetto contemporaneo - aveva dotato i super eroi di un cotè esistenziale degno di Pleyton Place, sia alla dimensione psicoanalitica e nevrotica innestata nelle decadi successive dal lavoro di revisione operato sul genere da artisti come Alan Moore, Alan Miller e Bill Sienkevich solo per citarne alcuni. Disponendo di una letteratura sterminata la Marvel si limita ad un pout pourri che prende a destra a manca con un rigore che si preoccupa soprattutto di mantenere inalterata la continuity con gli altri personaggi dei suoi film. Così nell'impossibilita' di un inversione di tendenza per il momento congelata da un ritorno economico che per la Marvel non è' stato mai così favorevole aspettiamo il prossimo lavoro di Brian Singer (X Men: Days of Future Past) per capire se esiste una terza via, oppure ci dobbiamo rassegnare allo standard delle ultime produzioni targati Marvel.
di Alan Taylor
con Chris Hemsworth, Tom Hiddleston, Natalie Portman
genere, fantastico
Usa, 2013
durata, 120'
A forza di frequentare gli studios hollywoodiani gli eroi della Marvel si sono imborghesiti. Da quando ha smesso di delegare ad altri l'allestimento dei suoi comics preferendo fabbricarsi in proprio l'universo che l'ha resa famosa, la casa delle idee ha dato il via ad un effetto kryptonite che annichilisce e toglie carisma alle sue rappresentazioni. Ingolosita da un affare di proporzioni colossali la corazzata di Stan Lee ha dimostrato lungimiranza dal punto di vista imprenditoriale, sfruttando al massimo le possibilità offerte dalla tecnologia in materia di effetti speciali e di computer grafica, ma al contrario si e' indebolita per quanto riguarda la creatività, il punto di forza della sua clamorosa affermazione. "Thor: The Dark World" nella trasposizione della saga del principe asgardiano appare addirittura paradigmatico rispetto alla questione. Confortato dal trionfo commerciale del primo episodio, il regista Alan Taylor o chi per lui confezionano una storia che nella volontà di sfruttare il successo di un villan come quello di Loki - e di Tom Hiddleston diventato famoso per averlo interpretato - consacrato da qusi ripiega su se stessa, immaginando un alleanza tra bene e male necessaria a scongiurare la minaccia di Malekith, metà uomo e metà diavolo, intenzionato a conquistare l'universo incominciando dall'annessione del regno di Odino. Sorvolando sulla risibilità dei motivi che danno vita al sodalizio ( perché alla fine Thor si sobbarcherà da solo la fatica dell'impresa) "The Dark World" si trasforma nell'appendice di un fantasy qualunque per organizzare una versione in tono minore del Signore degli anelli. Ma siccome la mdp di Taylor non è quella di Peter Jackson mentre gli sceneggiatori Christopher Yost e Stephen McFeely non sono Tolkien, la scontro tra Titani diventa un surrogato poco fantasioso di situazioni già viste, appena variate dal glamour di Jane Foster (peraltro totalmente stravolta rispetto al ritratto della versione a fumetti del grande Jack Kirby), impegnata a complicarsi la vita innamorandosi del Dio del tuono, e per questo omaggiata da una sottotrama che inventandosi un cortocircuito spazio temporale le regala la possibilità di rientrare in partita.
Attraversato in lungo ed in largo dall'esibizione del culturista Chris Hemsworth " The Dark World" non riesce ad andare oltre un intrattenimento privo di meraviglia, venendo meno sia all'andamento da soap opera che a partire dalla fine dei settanta - grazie al John Romita del primo Spiderman, un autore che ha insegnato molto ai grandi del fumetto contemporaneo - aveva dotato i super eroi di un cotè esistenziale degno di Pleyton Place, sia alla dimensione psicoanalitica e nevrotica innestata nelle decadi successive dal lavoro di revisione operato sul genere da artisti come Alan Moore, Alan Miller e Bill Sienkevich solo per citarne alcuni. Disponendo di una letteratura sterminata la Marvel si limita ad un pout pourri che prende a destra a manca con un rigore che si preoccupa soprattutto di mantenere inalterata la continuity con gli altri personaggi dei suoi film. Così nell'impossibilita' di un inversione di tendenza per il momento congelata da un ritorno economico che per la Marvel non è' stato mai così favorevole aspettiamo il prossimo lavoro di Brian Singer (X Men: Days of Future Past) per capire se esiste una terza via, oppure ci dobbiamo rassegnare allo standard delle ultime produzioni targati Marvel.
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