venerdì, novembre 04, 2016

ANIMELAND - RACCONTI TRA MANGA, ANIME E COSPLAY: INTERVISTA A FRANCESCO CHIATANTE

Presentato in anteprima mondiale a Roma, alla nona edizione del Roma Fiction Fest, “Animeland – Racconti tra Manga, Anime e Cosplay”  è un documentario ideato e interamente realizzato in low budget dal regista Francesco Chiatante, che ne ha curato anche montaggio, fotografia e post produzione. Alla vigilia della proiezione al Lucca Comics & Games abbiamo chiesto all’autore di parlarcene più diffusamente. 


La prima domanda è d’obbligo: come nasce il progetto di “Animeland”


Il progetto "Animeland – Racconti tra Manga, Anime e Cosplay" nasce dall’unione di tre mie grandi passioni: quella per manga e anime (e per tutto l’immaginario pop giapponese, cosplay inclusi), quella per gli aneddoti in genere e i racconti (soprattutto quelli confidenziali) e il grande amore per film e documentari.E poi, per certi versi, ho sempre avuto voglia di poter contribuire in qualche maniera alla diffusione e ad una maggiore comprensione di questi immaginari che hanno segnato più generazioni di ragazzi italiani e stranieri!
L’ opera prima rappresenta una sorta di stella cometa per la capacità di annunciare seppur in nuce la poetica dei nuovi autori; rispetto a ciò “Animeland” quanto e in che modo è indicativo del tuo cinema.


"Animeland" è un progetto talmente particolare da essere, anche solo in parte, fuori dagli schemi tipici sia dei film che dei documentari, infatti per certi versi e nonostante il massiccio lavoro di ricerca che c’è dietro (a più livelli) il risultato è probabilmente, narrativamente parlando, più vicino ad una “chiacchierata tra amici” che ad un tipico film o un documentario (almeno per come si è abituati, di norma, a concepirli). Ma questo è voluto. L’idea originaria era proprio quella di ottenere quest’effetto “chiacchierata tra vecchi e nuovi amici” che ricostruiscono una buona parte di quel periodo ripartendo dai ricordi della loro infanzia! Ragionando su ANIMELAND da questo punto di vista non c’è dubbio che c’è tantissimo del mio immaginario e della mia visione cinematografica del mondo perché io sono da sempre un cultore di ricordi, in maniera assoluta, e della “memoria” di un tempo che non c’è più rispetto a quello di oggi.

L’organizzazione del film sembra fare capo a tre linee guida: la prima più nostalgica è legata al ricordo, la seconda più analitica compie una sorta di analisi critica dell’argomento mentre la terza si confronta con il senso di identificazione tra opera e lettore.


E’ indubbiamente così. C’è una parte che coinvolge infanzia e adolescenza dei personaggi pop (italiani e non), un’altra basata sulle opinioni degli esperti e un’altra ancora che tira una linea tra tutti questi mondi di fantasia (e l’identificazione con questi inclusa) da fine anni ’70 fino al giorno d’oggi.


Il documentario italiano rifugge le forme di racconto tradizionale mentre “Animeland” ricorre alle cosiddette talking heads e riesce a vincere la sua scommessa grazie alla dimensione pop dei suoi protagonisti. Mi riferisco ai personaggi dei Manga ma anche agli intervistati.



Quando spiegavo il tipo di narrazione che avrei usato nel film, anche a professionisti dell’ambito, questo non era sempre ben compreso ed ovviamente oggi, a distanza di tempo, sono felice che alla fine la mia idea di film abbia avuto la meglio!

Anche se indirettamente il fenomeno dei Manga in Italia attraverso il resoconto che nei fai attraverso il film funziona anche come rievocazione degli ideali della generazione degli anni 80 che era nata sulle ceneri dei cosiddetti “anni di piombo”. In questo senso Manga e Anime sono stati più formativi o rappresentativi rispetto agli ideali della gioventù di quel periodo.


Gli anime giapponesi più significativi giunti a noi negli anni ’70 e ‘80 avevano di certo ideali molto forti e positivi. Quando si guarda alla grossa produzione serie animate giapponese degli anni ’60 e ’70 bisogna sempre tener presente che sono stati creati in un Paese che veniva fuori da un devastante post Seconda Guerra Mondiale (incluse due bombe atomiche) e che cercava, oltre al tanto lavoro per una ripresa economica e finanziaria, anche svago, diversivi e fantasie per ‘superare’ le tragedie che l’avevano colpito.In questo manga e anime sono stati fondamentali. Indubbiamente, anche se all’origine manga e anime non erano stati prodotti per essere indirizzati al nostro mercato, hanno di certo portato grandi sogni, fantasie e ideali anche nelle vite dei bambini e dei ragazzi italiani del periodo successivo agli “anni di piombo”.

Fenomeno di massa l’invasione dei Manga si trasforma ben presto in qualcosa di più profondo arrivando a incarnare attraverso i vari Goldrake, Mazinga, Heidi etc. quel sentimento di ribellione che durante l’adolescenza ogni figlio arriva 
a nutrire nei confronti del proprio genitore.



Segnarono generazioni di bambini, ragazzi e adolescenti e continuano, nonostante siano cambiati sia tempi che prodotti che mezzi di comunicazione, a segnarne tutt’oggi anche in altre maniere!!La differenza tra ieri ed oggi è che in passato manga e anime diventarono un vero e proprio argomento di scontro tra genitori e figli! Oggi non è più così forse anche perché i bambini della Goldrake-generation sono oramai i genitori di oggi!

Nel corso del film accanto a un aspetto puramente ludico emerge la capacità dei Manga di sapersi calare nella realtà dei lettori con un livello di introspezione che appare a superiore a quella della produzione americana coeva.



Probabilmente tutto questo nasce dal semplice dato di fatto che per i giapponesi fumetti e cartoni animati sono sempre state due tecniche (con cui poter raccontare storie per bambini, adulti, adolescenti, signori, signore, anziani…) mentre in occidente fumetti e cartoni animati quasi sempre stati identificati col genere “prodotti per ragazzi” o addirittura “per bambini”. E’ chiaro che vedendo le cose come nel secondo caso diventa tutto molto limitato, produttivamente parlando, mentre il modo di vederle “alla giapponese” apre infinite possibilità narrative, anche quelle introspettive-autoriali.


Il fatto di non inserire spezzoni animati degli Anime è una tua precisa scelta o è dal costo dei diritti d’autore.



Ho sempre immaginato il film esattamente così, come un lungo racconto tra amici e tutt’il resto, spezzoni di anime inclusi, non m’è mai interessato.
La modernità dei Manga emerge tra le altre cose dalle caratteristiche d’interdisciplinarietà dei suoi contenuti che a distanza di tempo è possibile ritrovare in altre forme d’espressione artistica come la musica, la moda e il cinema di finzione.


Questo è uno dei pensieri alla base di "Animeland. Prendiamo ad esempio la musica di Caparezza. Quando un cantautore come lui mette un’infinità di citazioni (e intendo ovunque tra parole, musica, atmosfere, tematiche, effetti sonori) in tutto il suo repertorio non si tratta più di una semplice citazione ma di una vera e propria cifra stilistica! E questo vale anche per Simone Legno (inventore del brand ‘tokidoki’), per Giorgio Maria Daviddi del Trio Medusa (nelle sue battute/citazioni comiche spesso legate a questi immaginari) e per tantissimi altri artisti nei più svariati ambiti in Italia e non solo.

A questo proposito non pensi che il successo di “Lo chiamavano Jeeg Robot” sia un segno di come i Manga siano riusciti a entrare nell’immaginario comune.


Senza ombra di dubbi, "Animeland" ha avuto l’anteprima mondiale a distanza di qualche settimana da quella del film di Gabriele Mainetti e "Lo chiamavano JeegRobot"conferma perfettamente la tesi del mio film documentario! Inoltre, in "Animeland" c’è anche Valerio Mastandrea che racconta di "Basette", cortometraggio diretto sempre dallo stesso Mainetti, in cui Mastandrea, Marco Giallini e Daniele Liotti sognano di mettere a segno un colpo come gli eroi dei cartoni animati della loro infanzia: Lupin III, Jigen e Goemon!

Nel film intervisti addetti ai lavori ma anche personaggi più o meno famosi del mondo del cinema della musica e del giornalismo. A parlare sono Caparezza, Cortellesi, Mastandrea ma anche Vincenzo Mollica e altri: mi puoi dire con che 
criterio li hai scelti.



Per realizzare "Animeland" come l’avevo in mente occorrevano una serie di personaggi ed esperti che avessero un legame con fumetti, manga, cartoons, anime, cosplay, collezionismo, ecc., o anche solo una evidente simpatia per questi argomenti. Ho fatto accurate ricerche su svariati personaggi pop della cultura italiana, del giornalismo e della critica nostrana e alla fine ho selezionato i nomi che avete riconosciuto nel film e, se per assurdo dovessi rifarlo ricominciando oggi stesso, non ne cambierei neanche uno.
Mi puoi raccontare com’è andata con Michel Gondry.



Con gli stessi ragionamenti sopracitati cercavamo anche un personaggio internazionale, meglio se europeo, che potesse tirare delle somme di "Animeland"in maniera più ampia! La fortuna volle che Carlo Dutto, ufficio stampa del film che sapeva bene cosa stavamo cercando, riuscì a contattarlo, a proporgli la cosa e Gondry, gentile e carino come non mai, si rese istantaneamente 
disponibile! E a quel punto, chi avrebbe potuto parlare meglio del futuro e della multimedialità di manga, anime e cosplay di un poliedrico sperimentatore artista pop come lui?


Cosa bisogna fare per vedere “Animeland”.



Per il momento aspettarlo in un festival/evento in giro per l’Italia (e in questi giorni stiamo definendo diversi accordi per le prossime proiezioni). Ma siamo in trattative per altri canali distributivi. Non disperate: quando sapremo - saprete!


Hai già in preparazione qualcos’altro e si ci puoi accennare qualcosa a 
riguardo. 

Sto ricercando e mettendo insieme materiale per due o tre prossimi progetti ma, per il momento, anche un po’ per scaramanzia, preferisco non parlarne.

Carlo Cerofolini, Adele de Blasi

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