Cani Sciolti
di Baltasar Kormakur
con Denzel Washington, Mark Whalberg, Paula Patton
genere, thriller, drammatico
durata, 109
Ci sono diversi modi di aprire un festival. Sarà quindi per alleggerire la formalità di un protocollo necessariamente affollato da presentazioni, ringraziamenti e auspici beneauguranti che l'apertura delle danze dell'ultimo Locarno sia stata affidata a un film come "Cani sciolti" ("2 Guns"), fumettone americano diretto da un regista islandese (Baltasar Kormakur, dopo "Contraband" alla sua seconda regia americana) e ispirato all'immancabile graphic novel. Il punto centrale del film, quello per cui vale la pena comprare il biglietto e anche sfidare l'acquazzone che ha complicato non poco la proiezione serale in Piazza Grande, è la presenza di due divi dello star system come Denzel Washington e Mark Wahlberg, qui nel ruolo di due agenti sotto copertura, Bobby/Washington agente della DEA, e Stig/Whalberg appartenente all'intelligence della Marina, costretti a collaborare, seppur di malavoglia, per salvarsi dall'ordalia di manigoldi che vorrebbe far loro la pelle ed impossessarsi dei milioni di dollari frutto di una rapina che i due hanno organizzato per provocare la reazione del cartello della droga, in cui sotto mentite spoglie, ed all'insaputa uno dell'altro, sono riusciti ad infiltrarsi.
Incastrati in una trama ad orologeria, tanto scontata nella proposizione di un soggetto che strizza l'occhio all'amicizia virile ed in generale ad un superomismo espresso di puro muscolo, quanto puntuale nella costruzione delle situazioni che permettono al film di mantenersi in costante progressione, i due attori si prestano con professionalità e verosimiglianza ai meccanismi del buddy movie, genere a cui "Cani sciolti" appartiene di diritto, adeguando la propria performance alle necessità di una recitazione dinamica, costruita come vuole il genere sulla continua oscillazione tra prestazione fisica e rispetto dei tempi comici. Una puzzle di possibilità attoriali che Kormakur trasforma in una danza tribale, scandita da un repertorio sonoro e visuale all'insegna della potenza e del machismo, con possibilità balistiche, esplosioni ed inseguimenti che riescono però preservare la caratterizzazione dei personaggi, ed in particolare il continuo scambio di battute e le schermaglie che alimentano il rapporto tra i due bad guys.
Così accanto a una serie continua di smargiassate e a frasi da fumetto del tipo "Conosci il detto, non rapinare mai una banca vicino alla caffetteria che fa le ciambelle più buone della zona", "Cani sciolti" riesce a far convivere estetica da blockbuster e pochade di alta classe, con Washington e Wahlberg perfettamente amalgamati nel dar vita ai rispettivi understatement. Abituati a frequentare ruoli di questo tipo, ma quasi sempre saturi di una drammaticità a forti tinte, i due attori dimostrano, se mai c'è ne fosse bisogno, una versatilità che il cinema fatica a sfruttare (ma Wahlberg dopo il successo di "Ted" pare aver trovato una nuova dimensione) e che qui invece emerge in una commistione di solidità e voglia di non prendersi troppo sul serio. Girato con una regia robusta e sporca, il film ed il suo regista sono bravi a far coincidere la dimensione da frontiera di un paesaggio da film western, con la predisposizione interiore delle figure che lo attraversano. In questo modo la natura selvaggia ed asciutta della prateria americana, le sue strade dimenticate ed assolate, ed il predominio degli elementi naturali su quelli architettonici - la luce soprattutto, accecante o tenebrosa a secondo dei casi - diventano lo specchio d'individualità, quelle dei protagonisti ma anche di chi gli sta attorno (il boss della droga di Edward James Olmos ma anche il perfido agente della Cia del redivivo Bill Paxton) abituate a ragionare con meccanismi di causa effetto che trovano sfogo in un istinto di morte perpetrato ad oltranza. E se il messaggio del film non è dei più rassicuranti, con la rappresentazione di un mondo endemicamente aggredito dalla violenza e dalla corruzione - dalla Cia alla Marina nessuno è immune al suo retaggio- rimane la speranza d'amicizia e di condivisione che il film ci lascia, con Bobby e Stig che si allontano dall'ennesimo massacro sostenendosi uno con l'altro, in una atmosfera di totale e reciproca condivisione.
(ondacinema.it/speciale 66 Festival Cinema di Locarno)
di Baltasar Kormakur
con Denzel Washington, Mark Whalberg, Paula Patton
genere, thriller, drammatico
durata, 109
Ci sono diversi modi di aprire un festival. Sarà quindi per alleggerire la formalità di un protocollo necessariamente affollato da presentazioni, ringraziamenti e auspici beneauguranti che l'apertura delle danze dell'ultimo Locarno sia stata affidata a un film come "Cani sciolti" ("2 Guns"), fumettone americano diretto da un regista islandese (Baltasar Kormakur, dopo "Contraband" alla sua seconda regia americana) e ispirato all'immancabile graphic novel. Il punto centrale del film, quello per cui vale la pena comprare il biglietto e anche sfidare l'acquazzone che ha complicato non poco la proiezione serale in Piazza Grande, è la presenza di due divi dello star system come Denzel Washington e Mark Wahlberg, qui nel ruolo di due agenti sotto copertura, Bobby/Washington agente della DEA, e Stig/Whalberg appartenente all'intelligence della Marina, costretti a collaborare, seppur di malavoglia, per salvarsi dall'ordalia di manigoldi che vorrebbe far loro la pelle ed impossessarsi dei milioni di dollari frutto di una rapina che i due hanno organizzato per provocare la reazione del cartello della droga, in cui sotto mentite spoglie, ed all'insaputa uno dell'altro, sono riusciti ad infiltrarsi.
Incastrati in una trama ad orologeria, tanto scontata nella proposizione di un soggetto che strizza l'occhio all'amicizia virile ed in generale ad un superomismo espresso di puro muscolo, quanto puntuale nella costruzione delle situazioni che permettono al film di mantenersi in costante progressione, i due attori si prestano con professionalità e verosimiglianza ai meccanismi del buddy movie, genere a cui "Cani sciolti" appartiene di diritto, adeguando la propria performance alle necessità di una recitazione dinamica, costruita come vuole il genere sulla continua oscillazione tra prestazione fisica e rispetto dei tempi comici. Una puzzle di possibilità attoriali che Kormakur trasforma in una danza tribale, scandita da un repertorio sonoro e visuale all'insegna della potenza e del machismo, con possibilità balistiche, esplosioni ed inseguimenti che riescono però preservare la caratterizzazione dei personaggi, ed in particolare il continuo scambio di battute e le schermaglie che alimentano il rapporto tra i due bad guys.
Così accanto a una serie continua di smargiassate e a frasi da fumetto del tipo "Conosci il detto, non rapinare mai una banca vicino alla caffetteria che fa le ciambelle più buone della zona", "Cani sciolti" riesce a far convivere estetica da blockbuster e pochade di alta classe, con Washington e Wahlberg perfettamente amalgamati nel dar vita ai rispettivi understatement. Abituati a frequentare ruoli di questo tipo, ma quasi sempre saturi di una drammaticità a forti tinte, i due attori dimostrano, se mai c'è ne fosse bisogno, una versatilità che il cinema fatica a sfruttare (ma Wahlberg dopo il successo di "Ted" pare aver trovato una nuova dimensione) e che qui invece emerge in una commistione di solidità e voglia di non prendersi troppo sul serio. Girato con una regia robusta e sporca, il film ed il suo regista sono bravi a far coincidere la dimensione da frontiera di un paesaggio da film western, con la predisposizione interiore delle figure che lo attraversano. In questo modo la natura selvaggia ed asciutta della prateria americana, le sue strade dimenticate ed assolate, ed il predominio degli elementi naturali su quelli architettonici - la luce soprattutto, accecante o tenebrosa a secondo dei casi - diventano lo specchio d'individualità, quelle dei protagonisti ma anche di chi gli sta attorno (il boss della droga di Edward James Olmos ma anche il perfido agente della Cia del redivivo Bill Paxton) abituate a ragionare con meccanismi di causa effetto che trovano sfogo in un istinto di morte perpetrato ad oltranza. E se il messaggio del film non è dei più rassicuranti, con la rappresentazione di un mondo endemicamente aggredito dalla violenza e dalla corruzione - dalla Cia alla Marina nessuno è immune al suo retaggio- rimane la speranza d'amicizia e di condivisione che il film ci lascia, con Bobby e Stig che si allontano dall'ennesimo massacro sostenendosi uno con l'altro, in una atmosfera di totale e reciproca condivisione.
(ondacinema.it/speciale 66 Festival Cinema di Locarno)
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