Killing Your Darlings
di John Krokidas
Usa, 2013
genere, drammatico
durata, 143'
di John Krokidas
Usa, 2013
genere, drammatico
durata, 143'
E'
passato più di un decennio dall'uscita di "L'ultima volta che mi sono
sucidato" di Stephen Kay, eppure se rapportiamo il numero di giorni
trascorsi da quel momento al grado di consapevolezza del cinema americano
rispetto ad uno dei suoi movimenti artistici e letterari più importanti
sembra quasi impossibile poterlo affermare. Il film di Kay raccontando
seppur lateralmente la beat generation attraverso il dialogo
confessione tra Neal Cassidy e Jack Kerouac provava a dire la sua a
proposito dei cosiddetti "artisti maledetti". Alla complessità della
trasposizione dovuta alle caratteristiche di una vita artistica e
personale troppo scandalosa per un paese puritano come l'America si
sommava la difficoltà di finanziare riduzioni cinematografiche di
dubbia commercialità. Basti pensare al lungometraggio tratto da "The
Naked Lunch" del mitico William Burroughs, più
volte sul punto di essere filmato (Mick Jagger tento invano di portarlo sullo schermo) ed
infine realizzato dopo lungo travaglio da David Cronemberg in quella che resta ad oggi la
testimonianza più valida sul significato di quel periodo, unico film
capace di andare oltre l'etichetta della diversità per scandagliare i territori sensoriali di quella ribellione.
Ma chi erano in realtà questi scrittori così temuti dall'establishment
americano, e quali erano i motivi della rottura culturale di cui si
fecero portatori. "Killing Your Darlings" di John Krokidas cerca di
rispondere alla domanda nel modo più ovvio, e cioè tornando alle origini
del loro incontro in quella Columbia University che fu in qualche modo
artefice di una
presa di coscienza che si tradusse nell'affermazione di uno stile di
vita ed una concezione artistica che trasgrediva le regole ed il sentire
comune. Collocato nella New York dei primi anni 40, proprio a ridosso degli ultimi
scampoli del secondo conflitto mondiale, il film ha come protagonista
principale il giovane Allen Ginsberg in fuga dalla famiglia ed ansioso di affermare se stesso ed il
proprio talento artistico. L'occasione gli viene offerta da Lucien Carr e
dal sodalizio di cui è a capo: Jack Kerouak, William Burroughs ma
anche David Kammerer amante di Lucien, e con loro varie altre figure
che
in un modo o nell'altro consentono alla storia di mettere in moto la
dialettica e le istanze di cui il gruppo si fece promotore. Una
rivoluzione che si decise sul piano della scrittura innanzitutto, rimodellata
nella sua struttura interna e poi nella funzione della parola,
svincolata dalle logiche grammaticali e sintattiche più convenzionali, e reinventata secondo una libertà di assonanze e d'ispirazione mai viste prima di allora. Soffocati
da un sistema restrittivo e conformista Ginsberg e compagni se ne
sottraggono prima di tutto con la forma della loro opera artistica. Il
film ne dà qualche accenno, ed alla stessa maniera (edulcorata) da conto
della tensione sessuale che si sviluppa tra i vari personaggi, poi confluita nel drammatico episodio che scompagina le file di quel
consesso. Derubati della loro carica eversiva e psicologicamente alla stregua di un esistenzialismo di stampo televisivo, Ginsberg, Burroughs e Kerouac si vestono di un'ordinarietà che non gli è mai appartenuta. Krokidas fa il resto con un immaginario visivo patinato ed artificiale, in cui l'imitazione prevale sul verosimile. Naturalmente irriducibile la beat generation è consegnata ad un prodotto confezionato per un pubblico generalista. Una contraddizione in termini che pesa sul film e sui suoi risultati. Daniel Radcliffe nella parte di Ginsberg sembra ancora non riuscire a liberarsi dalla dolcezza adolescenziale di Harry Potter, diventando in questo caso la misura dell'inadeguatezza dell'intera operazione.
Nessun commento:
Posta un commento