Una piccola impresa meridionale
di Rocco Papaleo
con Rocco Papaleo, Riccardo Scamarcio, Barbora Bobulova, Sarah Felberbaum, Claudia Potenza
Italia, 2013
genere, commedia
durata, 103'
Come uno swing il cinema di Rocco Papaleo
sembra nascere da un bisogno che va oltre la coerenza dell'impianto,
procedendo per accumulazioni successive, quasi sempre scaturire da una
sensazione o da un particolare stato d'animo. Che si tratti di
raggiungere un luogo geografico come accadeva al gruppo d'amici in
viaggio verso il festival in cui devono suonare ("Basilicata Coast to
Coat", 2010) oppure di ricostruire uno spazio esistenziale ormai logoro
nel quale si trova accomunata l'umanità di questo "Una piccola impresa
meridionale" a prevalere non è mai la precisione dei fatti, o la
complessità dell'intreccio bensì il mood che Papaleo riesce a
trasmettere attraverso una serie di variazioni che vivono e prendono il
ritmo da un motivo musicale. Un'ispirazione che nel film d'esordio si
armonizzava con la necessità di costruire lo spartito autobiografico dei
protagonisti, tutti quanti, nessuno escluso, appassionati di note e
parole. Di tutt'altra fattura invece quella che scorre nelle vene della
storia in questione, organizzata attorno al faro di proprietà della
famiglia di Costantino, prete che ha rinunciato alla tonaca per un
illusione d'amore e ora relegato per motivi di opportunità in
quell'insolito eremo. Fatiscente ed abbandonato il vecchio rudere
diventa il posto ideale in cui confessare e smaltire delusioni e
fallimenti che altrove non sarebbero accettati. Per metterlo a posto ci
vorrà la fantasia e lo spirito di sacrificio di una tribù di personaggi
eccentrici, stravaganti ed un pò sgangherati a cui Costantino darà asilo
nel corso del suo soggiorno. La ricostruzione materiale del manufatto
finira' per coincidere con quella interiore della simpatica manovalanza.
Se
lo spunto iniziale, quello che pone i protagonisti nella condizione di
mettersi in discussione attraverso la convivenza forzata fornisce da
solo il carico di suggestioni e di riferimenti alla nostra
contemporaneità - la casa da ristrutturare e l'impegno di soddisfare
collettivamente quella necessità sembra da una parte la metafora di un
paese in rovina ed allo stesso tempo l'indicazione di una possibile via
d'uscita- "Una piccola impresa meridionale" sulla scia del film
precedente continua ad essere la rappresentazione di un mondo personale
ed insieme ideale che risponde quasi in tutto al gusto ed alle passioni
di chi ne è l'autore. Una piccola anarchia conquistata dopo anni di
gavetta e ruoli laterali che si riversa nell'assoluto protagonismo del
regista e nella libertà creativa con cui mette insieme il suo puzzle esistenziale: dalla musica Jazz, avamposto
di una passione che avevamo imparato a conoscere, e che ritorna
struggente ma anche buffa nel personaggio di Arturo il cognato di
Costantino (Riccardo Scamarcio in un ruolo che si fa beffa della icona
di sex symbol) marito abbandonato e musicista frustato da
ambizioni che non si sono mai realizzate, alla meridionalità più
viscerale, espressa nelle dinamiche familiari dominate dalla presenza di
genitori rispettati ed un pò temuti, ma anche nell'importanza del
decoro sociale che fa dire a mamma Stella "il paese non deve sapere"
costringendo Costantino a trasferirsi nel faro per salvaguardare l'onore
famigliare.
Ma c'è soprattutto l'attenzione per le fragilità umane che
un mestiere come quello dell'attore impara a riconoscere, e che Papaleo
diluisce nei caratteri dei personaggi, persino in quello della
disinibita Magnolia (Barbora Bobulova in versione nude look), pragmatica
e disillusa ma alla fine vinta dalle ragioni del cuore. Una miscela a
base di sound, poesia e buon umore che funziona fino a quando Papaleo,
forse per dimostrare la sua bravura, o per la voglia di superarsi decide
di contaminare la propria ispirazione con temi da dibattito come quello
sulla religiosità che il personaggio di Costantino con i suoi
comportamenti eterodossi ma caritatevoli esorta ad essere meno formale e
più sensibile ai bisogni dei fedeli, e sul diritto di amare al di là di
ogni discriminazione, come dimostrano le vicissitudini che incontrerà
Rosa Maria nel corso del suo percorso sentimentale.
Una nobiltà d'animo
che pesa sul film obbligandolo a rispettare certe tappe obbligatorie (la
scena del matrimonio con gli invitati che abbandonano la cerimonia
disgustati è forse l'apice di questa tendenza) che portano il film
nell'alveo di quel conformismo corretto ma di maniera da cui invece
Papaleo voleva stare alla larga. Incapace di tenere insieme la sua
doppia natura, "Una piccola impresa meridionale" perde ritmo e
compattezza, spezzato nella seconda parte da inserti un po casuali e
realizzati all'insegna di un buonismo un pò facile, com'è quello
relativo all'istruzione scolastica della figlia degli operai che
lavorano alla manutenzione del faro, oppure della sequenza che ci
"regala" la riconoscenza di Magnolia nei confronti di chi l'ha aiutata a
superare un momento difficile. E se la confezione è diventata più
elegante nelle carrellate e nei dolly che inglobano i personaggi nella
magnificenza dello scenario naturale, e nonostante il metacinema che si
affaccia in maniera circolare, all'inizio ed alla fine, attraverso la
soggettiva di occhi finalmente liberi di vedere - un allusione al potere
catartico e rivelatore del mezzo cinematografico- a mancare è la
ruvidità umorale e sghemba dello stesso Papaleo, imbrigliata dalle
portate di un menù troppo ricco. Nel tabellino delle cose riuscite la
chimica di interpreti perfettamente amalgamati ed un intrattenimento
certamente cool. Non poco per una commedia italiana.
(pubblicato su ondacinema.it)
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