Runner Runner
di Brad Furman
con Ben Affleck, Justin Timberlake, Gemma Arterton
Usa 2013
genere, thriller
durata, 91
Viene certo da pensare di fronte a un'operazione come quella di "Runner Runner", thriller diretto dal semisconosciuto Brad Furman, capace di annoverare tra i suoi produttori una star assoluta come Leonardo Di Caprio, ed in grado di accaparrarsi tra gli altri un divo sulla cresta dell'onda come Ben Affleck, consacrato dal successo personale ottenuto nell'ultima edizione degli Oscar ("Argo" è stato premiato tra l'altro come miglior film) e artefice di una resurrezione artistica che ribadisce, se mai ce ne fosse bisogno, le possibilità intrinseche del sogno americano. Le perplessità non nascono dal basso cabotaggio produttivo di un film che strizza l'occhio al genere, infilandosi nelle convenzioni e nei codici di una classica crime story, con la scalata sociale del protagonista ad innescare una spirale di violenza e sensi di colpa. D'altra parte fin dalle origini il genere in questione scaturiva dalla necessità di organizzare uno spettacolo efficace senza il bisogno di grossi investimenti finanziari. Nel caso di "Runner Runner" a non funzionare, prima ancora di entrare nei dettagli è la mancanza d'empatia tra gli attori principali ed i ruoli a loro assegnati. Il copione prevedeva Justin Timberlake nella parte di Richie, studente di belle speranze condotto sulla strada della perdizione dal tentativo di procurarsi i soldi per pagare la retta universitaria, mentre per Affleck si trattava di indossare i panni del diavolo tentatore nascosto dietro i modi compassati ma letali di Ivan Block, magnate delle scommesse on line costretto ad organizzare il suo impero in Costarica per sfuggire alle maglie della giustizia americana che lo ritiene un lestofante. A farli incontrare una scommessa finita male, e la certezza di Richie di essere stato raggirato dal dispositivo messo a punto da Block.
Fino a quando si tratta di delineare gli aspetti più convenzionali e meno sorprendenti dei rispettivi tipi umani, Timberlake riesce almeno in parte a cavarsela. Con la faccia da bravo ragazzo e la sensazione di non perdere mai la calma l'attore non fatica ad entrare nella dimensione austera e composta dell'università di Princeton da cui la nostra prende le mosse. Per Affleck al contrario si fa subito dura quando l'introduzione ce lo mostra in atteggiamenti da padrino, all'interno di una sauna e ripreso di spalle, intento a blandire due politici corrotti. Un vantaggio che Timberlake si impegna a pareggiare per mancanza di carisma, nel momento in cui opportunamente sedotto (un po di colpa ce l'ha anche una ragazza che ha il corpo di Gemma Arterton più statuaria che mai) ed entrato nella scuderia di Block, si ritrova invischiato in una vicenda di intrighi e corruzione, tra le minacce della polizia che lo vorrebbe pronto a collaborare per incastrare il suo mentore, e l'ambiguità di Block, costantemente impegnato a manipolare la versione dei fatti. Insomma una specie di tragedia shakesperiana, simile nella tenzone tra allievo e pigmalione a quella appena vista ne "Il potere dei soldi" di Richard Luketic, con tanto di figura paterna sfruttata in chiave psicanalitica per giustificare il sacrificio, reale e figurato, delle figure dominanti. Ma nel doppio gioco che il film mette in piedi ed a cui fanno da contorno i sussulti passionali della bellona di turno e le comparsate da cane sciolto dello sbirro di Anthony Mackie, a mancare è il contributo di una scrittura senza sfumature e piena dl luoghi comuni - basterebbe vedere con quale paternalismo viene trattata la scoperta delle attività illegali praticate da Richie all'interno dell'università, o la velocità con cui il personaggio di Gemma Arterton si innamora del protagonista- capace di rasentare il ridicolo nella scena in cui per costruire l'indispensabilità di Richie nei confronti di Block fa sembrare machiavellico il raggiro orchestrato dal ragazzo per far capitolare uno scomodo rivale, con un offerta sessuale che avrebbe insospettito anche il più ingenuo degli uomini e che invece viene accettata dall'uomo con assoluta nonchalance. Soluzione di una banalità sconcertante che Block accoglie però con un tripudio di lodi e congratulazioni. E diciamo noi tra il totale disimpegno degli spettatori, a quel punto definitivamente convinti sul velleitarismo dell'intera operazione. E se per Timberlake il cinema continua ad essere un passatempo dagli impegni musicali, rimane inspiegabile il passo falso di Affleck, in predicato di interpretare il personaggio di Bruce Wayne nel prossimo film sull'uomo pipistrello, e quindi bisognoso di una credibilità attoriale che "Runner Runner" rischia di far crollare ai minimi storici.
(pubblicato su ondacinema.it)
di Brad Furman
con Ben Affleck, Justin Timberlake, Gemma Arterton
Usa 2013
genere, thriller
durata, 91
Viene certo da pensare di fronte a un'operazione come quella di "Runner Runner", thriller diretto dal semisconosciuto Brad Furman, capace di annoverare tra i suoi produttori una star assoluta come Leonardo Di Caprio, ed in grado di accaparrarsi tra gli altri un divo sulla cresta dell'onda come Ben Affleck, consacrato dal successo personale ottenuto nell'ultima edizione degli Oscar ("Argo" è stato premiato tra l'altro come miglior film) e artefice di una resurrezione artistica che ribadisce, se mai ce ne fosse bisogno, le possibilità intrinseche del sogno americano. Le perplessità non nascono dal basso cabotaggio produttivo di un film che strizza l'occhio al genere, infilandosi nelle convenzioni e nei codici di una classica crime story, con la scalata sociale del protagonista ad innescare una spirale di violenza e sensi di colpa. D'altra parte fin dalle origini il genere in questione scaturiva dalla necessità di organizzare uno spettacolo efficace senza il bisogno di grossi investimenti finanziari. Nel caso di "Runner Runner" a non funzionare, prima ancora di entrare nei dettagli è la mancanza d'empatia tra gli attori principali ed i ruoli a loro assegnati. Il copione prevedeva Justin Timberlake nella parte di Richie, studente di belle speranze condotto sulla strada della perdizione dal tentativo di procurarsi i soldi per pagare la retta universitaria, mentre per Affleck si trattava di indossare i panni del diavolo tentatore nascosto dietro i modi compassati ma letali di Ivan Block, magnate delle scommesse on line costretto ad organizzare il suo impero in Costarica per sfuggire alle maglie della giustizia americana che lo ritiene un lestofante. A farli incontrare una scommessa finita male, e la certezza di Richie di essere stato raggirato dal dispositivo messo a punto da Block.
Fino a quando si tratta di delineare gli aspetti più convenzionali e meno sorprendenti dei rispettivi tipi umani, Timberlake riesce almeno in parte a cavarsela. Con la faccia da bravo ragazzo e la sensazione di non perdere mai la calma l'attore non fatica ad entrare nella dimensione austera e composta dell'università di Princeton da cui la nostra prende le mosse. Per Affleck al contrario si fa subito dura quando l'introduzione ce lo mostra in atteggiamenti da padrino, all'interno di una sauna e ripreso di spalle, intento a blandire due politici corrotti. Un vantaggio che Timberlake si impegna a pareggiare per mancanza di carisma, nel momento in cui opportunamente sedotto (un po di colpa ce l'ha anche una ragazza che ha il corpo di Gemma Arterton più statuaria che mai) ed entrato nella scuderia di Block, si ritrova invischiato in una vicenda di intrighi e corruzione, tra le minacce della polizia che lo vorrebbe pronto a collaborare per incastrare il suo mentore, e l'ambiguità di Block, costantemente impegnato a manipolare la versione dei fatti. Insomma una specie di tragedia shakesperiana, simile nella tenzone tra allievo e pigmalione a quella appena vista ne "Il potere dei soldi" di Richard Luketic, con tanto di figura paterna sfruttata in chiave psicanalitica per giustificare il sacrificio, reale e figurato, delle figure dominanti. Ma nel doppio gioco che il film mette in piedi ed a cui fanno da contorno i sussulti passionali della bellona di turno e le comparsate da cane sciolto dello sbirro di Anthony Mackie, a mancare è il contributo di una scrittura senza sfumature e piena dl luoghi comuni - basterebbe vedere con quale paternalismo viene trattata la scoperta delle attività illegali praticate da Richie all'interno dell'università, o la velocità con cui il personaggio di Gemma Arterton si innamora del protagonista- capace di rasentare il ridicolo nella scena in cui per costruire l'indispensabilità di Richie nei confronti di Block fa sembrare machiavellico il raggiro orchestrato dal ragazzo per far capitolare uno scomodo rivale, con un offerta sessuale che avrebbe insospettito anche il più ingenuo degli uomini e che invece viene accettata dall'uomo con assoluta nonchalance. Soluzione di una banalità sconcertante che Block accoglie però con un tripudio di lodi e congratulazioni. E diciamo noi tra il totale disimpegno degli spettatori, a quel punto definitivamente convinti sul velleitarismo dell'intera operazione. E se per Timberlake il cinema continua ad essere un passatempo dagli impegni musicali, rimane inspiegabile il passo falso di Affleck, in predicato di interpretare il personaggio di Bruce Wayne nel prossimo film sull'uomo pipistrello, e quindi bisognoso di una credibilità attoriale che "Runner Runner" rischia di far crollare ai minimi storici.
(pubblicato su ondacinema.it)
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