lunedì, dicembre 22, 2014

I DOLORI DEL GIOVANE LARS

Oramai ci siamo abituati e le sue dichiarazioni, seppur altisonanti, lasciano sempre meno traccia. L'ultima di una lunga serie e'quella che riguarderebbe un'annosa dipendenza da alcool e droga, risolta  a discapito dell'estro artistico, ingabbiato e ridotto all'impotenza da lunghe sedute sul lettino dello psicanalista. A dichiararlo qualche giorno fa e' stato l'immarcescibile Lars Von Trier, tornato ciarlero dopo il silenzio a cui è stato costretto dopo le scandalose dichiarazioni rilasciate al festival di Cannes in occasione della presentazione di "Melancolia",  dapprima accreditato di una possibile vittoria e poi travolto dalle polemiche scatenate dalle incaute parole del regista.

Di certo il cineasta danese conosce bene la materia e sa anche come usarla, se è vero che in ogni occasione le conseguenze del suo dire lo hanno premiato con picchi di visibilità che neanche i suoi film più famosi sono riusciti a fargli ottenere. L'elenco degli argomenti usati è lungo e variegato, e comprende perle di saggezza come quelle pronunciate a favore del nazismo di cui abbiamo accennato in apertura, oppure  estrosità artistiche utilizzate per scrivere le regole dogmatiche contenute all'interno del manifesto del movimento da lui fondato- il Dogma-  fino ad arrivare alle confessioni pubbliche che di volta in volta hanno riguardato una presunta conversione al cristianesimo e l'avvenuta guarigione da una pesante forma di depressione. Ed ancora resoconti dettagliati di set infuocati, con dovizie di particolari su attori sottoposti a ogni tipo di stress e costretti  a performance al limite del consentito.
 

Appurato che la personalità del nostro è quantomeno eccentrica e che i tormenti del giovane "Lars" sono lungi dall'essere una semplice invenzione, appare pur vero che nel suo caso non tutto sembra nascere da una forma di semplice autolesionismo o dalla voglia di apparire a tutti i costi. Il sospetto è quello di un modo di fare tutt'altro che incosciente, bensì perfettamente organizzato per creare il caso e poi sfruttarlo per tenere desta l'attenzione. D'altronde  sin dai tempi di "Le onde del destino" e di "Idioti" si è spesso parlato del regista danese come di un grande affabulatore, capace di orchestrare meccanismi cinematografici in bilico tra serio e faceto, lesti a prendersi gioco dello spettatore trascinandolo in un tourbillion di emozioni calcolate a freddo. La pratica rimane aperta così come la curiosità di vedere se il prossimo film di Von Trier pagherà qualche dazio alla serenità finalmente ritrovata.

Nessun commento: